Come è ovvio, il dibattito sulle leggi relative al riconoscimento delle unioni tra omosessuali e, ancor più, sulle relative possibili adozioni di minori sta suscitando nel paese molta emozione e partecipazione. Questi fenomeni generali credo che siano anzitutto un bene per la vita democratica di una nazione: siamo indotti a confrontarci gli uni con gli altri e perciò, poco o tanto, dobbiamo prestare orecchio alle ragioni e alle emozioni dell’altro.
Non sono così ingenuo da non accorgermi come, in queste occasioni, si manifestino anche ragioni meno nobili e non in buona fede, per la presenza di prepotenze ideologiche e interessi economico-politici che fomentano il dibattito falsandolo e, per così dire, avvelenandolo con prese di posizione volutamente tanto estreme quanto menzognere. Tuttavia penso che questo male inevitabile nella grande società dell’informazione trovi comunque nel dibattito pubblico un efficace correttivo. In questo spirito e con tutto il rispetto di cui sono capace verso le opinioni che non condivido, cerco di sintetizzare, in pochissime parole, alcune cose che mi sembra sia difficile negare o, quanto meno, trascurare.
La prima riguarda la cosiddetta famiglia naturale: naturale in che senso? Se l’appello è alla natura in generale, quella che è innegabile è l’estrema varietà delle soluzioni che la natura ha per così dire inventato per la riproduzione delle specie (sino a esseri viventi che, nel corso della loro vita biologica, cambiano sesso ecc.). Maschio e femmina sono nozioni molto variabili e pensare di appellarvisi per definire la coppia umana è assolutamente avventuroso, per non dire impossibile.
Se poi, parlando di famiglia naturale, il riferimento è alla famiglia umana, solo una straordinaria ignoranza della storia dell’homo sapiens consente di identificare l’attuale famiglia con i sistemi di aggregazione che in centinaia di migliaia di anni, nelle più diverse condizioni di vita economica e sociale, hanno caratterizzato i rapporti famigliari, le relazione tra adulti (e adolescenti) di ambo i sessi e in generale le relazioni di parentela.
Naturalmente le persone sono più o meno affezionate alle loro tradizioni e non stanno a pensare a vecchie storie antropologiche e sociali; però non possono non riconoscere che, appunto, le tradizioni sociali cambiano nel tempo e il problema non è la loro giustificazione a priori o per principio, ma le conseguenze che dalle novità che premono possono derivare: questo è l’unico punto serio, a mio avviso, sul quale confrontarsi.
Quanto poi a coloro che invocano il dettato religioso e la presunta volontà di Dio (“volontà” che è privo di senso, per non dire di peggio, invocare a proprio vantaggio e sostegno), mi limito a ricordare che una legge di tutela di una minoranza non obbliga certo la maggioranza a imitarla. Aggiungo che viviamo da tempo, in Europa, entro un patto sociale (costato nei secoli lacrime e sangue) per il quale le credenze religiose sono tutelate come fatto privato e personale, ma non hanno alcuna rilevanza o cogenza sul piano politico e giuridico generale. So con certezza che molte persone di fede cattolica la pensano nello stesso modo. Sono le prime che dovrebbero indignarsi e allarmarsi di fronte a cartelli, che abbiamo visto sui giornali, del tipo “Dio lo vuole”. Di questa barbarie ci siamo liberati tanto tempo fa, elevando la dignità delle persone e della stessa fede religiosa. Chi ancora è tentato quella barbarie di frequentarla, anche solo per il vezzo originale di esibire un cartello “di colore”, si qualifica da sé.
*** Carlo SINI, 1933, filosofo, La famiglia e la natura, blog 'oblò', 1 febbraio 2016, qui
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