Ha abusato di lei per sette «sedute penetranti».
Così le chiamava lo psicoanalista denunciato da Giorgia, nome di fantasia, all’epoca 19enne, gravemente depressa.
Era il 2003, ma ci sono voluti sette anni anni per vincere la vergogna e denunciare i fatti. Che racconta nel libro Psicoanalisi in rosso, pubblicato nonostante le diffide legali da parte della Società Psicoanalitica Italiana (Spi).
L'incontro con l'analista - Riavvolgiamo il nastro di 10 anni. Primo anno di università: «Magra, cadaverica, spaurita» e, sopratutto, sola. Chiusa «a doppia mandata, al buio» nella stanza del collegio, dove evita qualsiasi contatto con i compagni.
In una sorta di “memoria” scritta ai tempi, Giorgia si racconta: «Dormo con quattro maglioni e due coperte, eppure ho freddo. Dormo sempre, la debolezza mi impedisce anche di leggere. Sto a letto più che posso (…) Mi trascino a lezione spinta solo dall’angoscia di perdere il posto in collegio».
Alcuni amici le consigliano una visita neurologica e all’Ospedale San Matteo di Pavia uno psichiatra le dice che «è una macchina potente con le gomme sgonfie».
Non le servono i farmaci, ma l’analisi. Prescrizione: nome e numero di telefono di uno psicoanalista della Spi.
«Mi ha fatto sentire la prescelta» - La ragazza scopre che il conforto che le dà l’analista è enorme: si prende cura di lei, la fa sentire bella, desiderabile ma, sopratutto, «amata».
Non solo. Racconta a Lettera43.it: «Mi ha fatta sentire la prescelta dall’harem, eppure mi sentivo malata e indesiderabile».
Giorgia è imbarazzata, tesa: «È paradossale, come si può considerare qualcuno colpevole per aver realizzato il tuo più ardente desiderio?».
La domanda va al cuore della manipolazione, nello specifico del rapporto analitico, strutturalmente asimmetrico.
Come si legge all’articolo 22 del Codice deontologico: «Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi».
Dai primi messaggi alla dipendenza psicologica: un amore tossico
L’analisi è iniziata da un paio di mesi quando lo psicoanalista le presta Diario di una segreta simmetria, un libro di Aldo Carotenuto sulla storia d’amore tra Carl G. Jung e la sua paziente Sabine Spielrein. Presto si intensificano ritmo e intensità dei messaggi: «Spero di rivedere i suoi occhi lunedì» o «Lei farebbe la felicità di uomini di tutte le generazioni», alternati ad altri, del tipo «Mi mandi un sms ogni quarantacinque minuti, voglio rendermi conto del suo stato mentale». La dipendenza psicologica si rafforza.
La vita di Giorgia, fuori dalla “bolla di sapone” dello studio, va male. Scrive all’epoca: «Non passa giorno che non pensi, ininterrottamente, praticamente, a come poter morire per caso (…), una malattia, un incidente. Il disinteresse e l’ostilità per il collegio sono totali». E al tempo stesso: «Ero esaltata, semplicemente esaltata. (…) Ero euforica: stavo seducendo Dio».
«Mi raccontava i segreti dei pazienti» - Gli sms dell’analista esasperano questo «amore tossico» e a giugno arriva quella che lei chiama la «tempesta di messaggi». I due finiranno nudi sul pavimento dello studio.
Con l’analista, ricorda Giorgia, che «mi raccontava in dettaglio le cose più intime degli altri pazienti», come «l’inclinazione omosessuale di una donna che incrociavo all’uscita o i disturbi di un tale che faceva con lui ‘una specie di analisi didattica’».
A volte le fa i nomi, altre li rende riconoscibili. La ragazza capisce che le cose non stanno andando per il verso giusto, «ma se la mia parte razionale disprezzava la condotta spregiudicata e immorale di quell’uomo, l’esigenza di essere amata vinceva su tutto».
«Elemosinavo il suo perdono» - A un certo punto crolla e racconta tutto al suo compagno di allora, che minaccia querele. L’analista la scarica, l’ingresso allo studio le viene interdetto.
È la fase che oggi Giorgia ricorda con più vergogna: «Andavo letteralmente a elemosinare il suo perdono per quella che, ai tempi, vivevo come una delazione». Nove mesi di «pellegrinaggi», finché non matura la consapevolezza di aver subito un abuso.
Ma solo dopo sette anni se la sente di parlare. E si rivolge alla Spi, una delle più prestigiose società analitiche, di cui il suo analista era membro.
Si attiva la Commissione Deontologica, che riferisce (delibera del 6 novembre 2011, ndr), di «ripetuti comportamenti sempre più irrituali ed esplicitamente seduttivi nei confronti della denunciante» e «ripetuti rapporti sessuali con la stessa», «confermati anche per ammissione del denunciato». E delibera «la sanzione di espulsione del denunciato dalla Spi», la più grave prevista dal Codice.
L'analista si dimette. E il procedimento a carico viene interrotto
Arriva la prima doccia fredda. Perché l’analista si dimette prima della votazione e questo, stando alla procedura Spi, vanifica tutto: i procedimenti a carico di «ex soci» vengono interrotti anche a sanzione già deliberata. Un trucco per lavare la “fedina deontologica”?
La giovane scrive di suo pugno all’Ordine degli Psicologi della Lombardia, ricapitolando tutta la storia, ma la Commissione Etica delibera di «(…) archiviare l’esposto (…) per intervenuta prescrizione degli eventuali illeciti contestabili».
Nel giugno 2012 la giovane manda la bozza di Psicoanalisi in rosso alla Spi. Il finale è «aperto», dice. E cioè: si intervenga sulle lacune del Codice deontologico o racconterà il «processo farsa» che ha vissuto sulla sua pelle.
Le diffide legali - La Spi risponde ad agosto, con una diffida legale: «Le modalità di rappresentazione dei fatti sono tali da indurre il lettore a formarsi il convincimento che l’obiettivo principale della Spi sia quello di tutelare i propri associati, a qualsiasi costo (…)».
Ma a novembre, la società interviene sul Codice deontologico, aggiungendo gli articoli 23 e 24: impedirà l’uso ‘strategico’ delle dimissioni, procedendo anche contro gli ex soci, e si prenderà l’onere di comunicare eventuali sospensioni all’Ordine.
Integra, in sostanza, le critiche della giovane poco prima dell’uscita del libro che denuncia queste carenze e poco dopo la sua anteprima.
Giorgia ha ricevuto diverse diffide legali. Il suo ex analista ne ha inviata una di recente. La ragione? La ragazza ha segnalato la sua storia, con allegata documentazione, al responsabile di un progetto sanitario il cui coordinamento, per l’area psicologica, è stato affidato al suo ex analista.
In Italia tutto tace - Giusto o sbagliato? È una forma di accanimento, come in sostanza sostiene l’avvocato dell’analista, o è una scelta, come dice Giorgia, che ha fatto perché in coscienza l’ha sentita giusta, morale e potenzialmente utile?
Finché il singolo/vittima fa i conti in solitudine, e a suo rischio e pericolo, con tali interrogativi, qualcosa non funziona.
Si tratta di pochi casi isolati o di un fenomeno sommerso? Che tipo di monitoraggio c’è? Negli Stati Uniti i primi casi risalgono al 1989, ma il fenomeno esplode alla fine degli Anni 90, quando le segnalazioni diventano migliaia, ed emergono presto anche in Canada e in Australia.
I network di sostegno psicologico e legale formati dalle vittime crescono rapidamente, sopratutto negli Usa, dove la loro esperienza si fa anche attivismo: entra in accademia, nei programmi educativi/formativi e riceve attenzione dai media. La problematica diventa presente nel discorso pubblico. Ma in Italia, tutto (o quasi) tace.
*** Ranieri SALVADORINI, giornalista, Psicoanalisi, storia di una donna vittima di abusi, 'lettera43', 21 febbraio 2016, qui
Giorgia Walsh
Psicoanalisi n rosso, Sedizioni, 2014
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