lunedì 31 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Eravamo bambini (Massimo Salvadori)

Eravamo bambini
giocavamo ogni tanto a farci paura
la vita si svolgeva al presente
le coincidenze riguardavano i treni
ma solo nei mesi d'estate
finita la scuola.
L'universo valeva cent'anni
era la guerra narrata dal nonno
minuto di noia a cui ti obbligava tuo padre
remoto racconto in accento toscano.
A che ora sarebbe venuto il futuro
l'avrei saputo più tardi
e di tutta la vita
di tutto il domani
che è già venuto
che manca
ricordo soltanto
che ho voluto incontrarti.
L'amore è terribile e immenso
quando si ha sessant'anni.
Tu sei quella di sempre
io la somma delle mie insufficienze
vento sull'erba
spighe di grano.

*** Massimo SALVADORI, insegnante e poeta, facebook, 30 agosto 2020, qui


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#SPOT / Alexia, spegni (Antonio Schiena)

Antonio SCHIENA
facebook, 26 agostyo 2020, qui

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#SENZA_TAGLI / Inutile discutere con i complottisti anti-Covid (Andrea Zhok)

Ora, lo so che è più divertente dire che si fanno tamponi per cercare di pompare un'epidemia che non esiste, in modo da imporre un nuovo lockdown, distruggere l'economia del paese, e incoronare Conte imperatore la notte di Natale. 
Sono storie bellissime e chiunque abbia una vocazione letteraria non può che trovarle irresistibili.

Poi, però quando avete smesso di sniffare colla, cercate di capire che:
1) Fare più tamponi andando a cercare il virus non serve a farvi un dispetto, ma serve a individuare possibili diffusori non manifesti e tenere basso il numero dei contagi.

2) Scoprire che andando a cercare il virus in chi non manifesta sintomi si ottengono moltissimi asintomatici è una conclusione degna di Monsieur de La Palice, non la dimostrazione che il virus è diventato buono. (Come è stato osservato già mesi fa, finché il virus ha bassa carica virale - i.e. "ce ne hai poco dentro" -, rimane nelle alte vie aeree e le sue complicanze sono minime.)

3) Nei paesi dove aumentano i contagi aumentano le terapie intensive, che sono la cosa da tenere sotto controllo (ad oggi: Italia 79, Francia 387, Spagna 751).

4) Tenere alta la guardia e diffondere il terrore sono cose diverse: la prima serve a evitare che accada la seconda. 
Ora, finché teniamo la diffusione sotto controllo, siamo in grado di svolgere tutte le nostre attività in condizioni di quasi normalità, con minimi oneri (mascherine, distanze, no assembramenti interni, un po' di attività svolte in remoto). 
Mantenere nel medio periodo questa situazione significherebbe consentire all'economia di funzionare in modo ordinario, con rallentamenti solo in alcuni settori. Se invece si passa di nuovo ad una situazione emergenziale, in cui il timore di farsi un ricovero per essere uscito di casa riprende lena, beh quali che siano le iniziative del governo, i consumi crollano e l'economia tracolla (di nuovo).

5) Ultima osservazione. 
Gli sniffatori di colla di cui sopra si muovono dentro una bolla di autoconferma, per cui nessuno scenario possibile è in grado di falsificare le proprie convinzioni.
Se la situazione rimane sotto controllo nel medio periodo, e poi magari a primavera abbiamo un vaccino, diranno che, per una sciocchezza che non ha fatto grandi danni gli abbiamo fatto passare mesi d'inferno solo per promuovere un vaccino.
Se la situazione degenera, e ricadiamo in emergenza, diranno che tutte le misure sono state inutili (come loro hanno sempre saputo) e che si è voluto condurre proditoriamente il paese sull'orlo del baratro.
In ogni caso strilleranno di aver avuto sempre ragione e che chi non gli dava ragione era un boccalone.
Questa forma di ragionamento autoconfermantesi lo si è visto in atto costantemente finora (si pensi ai ragionamenti degni di Homer Simpson in cui si dice che "proprio i paesi che hanno adottato misure più rigide hanno avuto più problemi", come se l'ordine della catena causale fosse: lockdown --> emergenza sanitaria e non emergenza sanitaria --> lockdown.)

Dunque discutere sul tema con i soggetti di cui sopra è oramai chiaramente inutile. 
La creazione di un sistema di autoconferma (infarcito di balle, ma potrebbe funzionare anche senza) è oramai consolidato. 
Dunque qui le ragioni hanno un termine e, semplicemente, si devono tracciare le linee per terra e prendere posizione.

*** Andrea ZHOK, 1967, docente di antropologia filosofica all'università di Milano, facebook, 30 agosto 2020, qui

Disegno di Beppe Giacobbe

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#VIGNETTE / Cortei negazionisti (Stefano Rolli)

Stefano ROLLI
'Il Secolo XIX', 30 agosto 2020, via facebook, qui

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domenica 30 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Mi capita il dolore dentro (Gio Evan)

mi capita il dolore dentro 
il buio pesto negli occhi spalancati
e la tristezza più grande 
riesco a dirla 
solo con un sorriso
che prova a nascondere
ogni prova

mi capitano i mostri in testa
si trasferiscono nei miei pensieri buoni
mi fregano la danza
la leggerezza dei passi
e se ne vanno
lasciandomi senza piroette 
e con un casuqet in solitaria 
tra rovi fuori stagione
e birre senza schiuma 

mi succede di non saper stare
da nessuna parte
la città che soffoca
i bar che sono sempre lontani dai tramonti
la musica del mondo
che non parla mai di me
e i bouquet delle rocce
che mi prendono continuamente
in pieno 

mi capita di non farcela
di mettermi il cuore fra i capelli
di aver bisogno ancora di abbracci
di occhi caldi 
di concerti piccoli
e di passeggiate a portata di baci

ed è facile andare via da me
è facile andarsene 
ma tu resta
dai, resta, 
fidati dei miei giorni buoni.

*** Gio EVAN (Giovanni Giancaspro), 1988, scrittore e poeta, umorista, performer, cantautore, artista di strada, Mi capita il dolore dentro, facebook, 29 dicembre 2019, qui
http://www.gioevan.it/biografia/


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#FAVOLE & RACCONTI / Lo strano giardino e l'albero triste (Massimo Ferrario)

C'era una volta un giardino: sembrava il giardino più felice del mondo. 
Ma forse, anche per lo strano accostamento delle piante che lo componevano, era piuttosto fuori dal mondo: come peraltro sempre capita quando si comincia una storia con 'c'era una volta'.

In questo 'strano' giardino c'erano infatti un melo e un arancio: carichi di frutti che aspettavano solo di essere raccolti. 
E c'era un roseto, composto da rose di ogni foggia e colore: mandava profumi estasianti ed era di una bellezza da paradiso. 
E poi c'era un prato disteso a perdita d'occhio: una festa di fiori sgargianti, uno diverso dall'altro. 
Infine c'era un albero gigante: solido, maestoso. Che non produceva alcun frutto. 

Quest'albero era triste e non riusciva a provare neppure un attimo di felicità. 
Invidiava il melo e l'arancio. E il roseto e i fiori. 
Loro avevano un compito: quello di produrre mele e arance e rose e fiori. Ma lui?

All'inizio l'albero triste tentò di rimuovere il problema: continuava a darsi il tono dell'albero più grosso e importante del giardino. 
Ma poi non ce la fece. 
Entrò in depressione e perse vigore: i suoi rami tendevano a indebolirsi, le foglie a ingiallire.

Se ne accorse per primo il melo, che indusse l'albero triste a confidargli cosa gli stava accadendo.
«Caro melo, temo che nessuno mi possa aiutare. Sono un albero come voi, ma non so chi sono. Vorrei essere come te e l'arancio. Io non faccio frutti, eppure esisto. Ma qual è il mio scopo nella vita?».

Il melo, in modo sbrigativo come spesso avviene in questi casi quando si dice di voler aiutare, ma forse si vuole solo parlare a se stessi, tentò di rincuorarlo.
«E' tutto un problema di volontà, concentrazione e impegno. Pensa di fare mele. E farai mele: belle e sugose come le mie».

L'arancio, che aveva ascoltato la confessione dell'albero triste, rinforzò il consiglio del melo. 
«Magari non ti va di fare mele. In questo caso, guarda me: concentrati e pensa di fare arance. Come vedi io è una vita che le regalo ai bambini che ci vengono a trovare: se le divorano subito fino a fare indigestione.»

Anche il roseto non trattenne il suo consiglio.
«Non c'è bisogno di produrre per forza frutti. Le mie rose sono imbattibili: servono ad allietare la vista e a profumare la vita di chi le guarda. Devi solo pensare di essere un roseto. Se ci crederai davvero, diventerai un roseto».

L'albero triste provò a concentrarsi: prima volle essere un melo, poi un arancio e infine un roseto. 
Ma non successe nulla. 
E lui era sempre più sconsolato e depresso.

Una notte un gufo si posò su un ramo dell'albero triste. 
Non poté non accorgersi: l'albero, per tutta la notte, non smetteva di lamentarsi. 
Silenziosamente. 
I rami vibravano, nonostante non ci fosse un filo di vento, e persino le foglie, a chi aveva cuore per sentire, trasmettevano una sofferenza sottile ma intensa, quasi disperata.

Il gufo non voleva essere invadente, ma alla fine, alle prime luci del mattino, si decise a dire la sua.
«Caro albero, non ho mai incontrato una pianta che soffrisse tanto: tutto il tuo corpo mi dice che sei pervaso da un dolore insostenibile. Ti posso aiutare?».

L'albero triste si confidò.
E il gufo provò a rassicurarlo, comunicandogli tutta la sua empatia. 
«Credo di capire ciò che provi. E' un disagio diffuso: per quanto ne so, anche molti umani ne soffrono. Purtroppo non ho la soluzione magica e ciò che posso dirti può suonarti astratto, retorico, soltanto teorico. Però, ti assicuro, sono 'belle parole' finché non si riesce a tradurle in pratica: allora smettono di essere solo 'belle' e diventano anche 'buone', perché se ne scopre la concretezza e si ritrova la pace e l'identità. Ci sono passato anch'io: non è stato immediato, ma alla fine ho avuto la fortuna di farcela. Invidiavo l'aquila: i suoi artigli, la sua imponenza, il suo volo da re degli uccelli, che si perde altro nel cielo. Poi, una notte, non so come, per una strana magia fortunata, mentre mi concentravo in me stesso cercando di capire chi sono e abbandonavo l'immagine ideale dell'aquila, 'mi è arrivata' la voce interiore. Ciò che tutti noi, vegetali e animali, possiamo sentire, se solo ci raccogliamo in noi stessi. Prova a calarti nell'anima della pianta che sei: non inseguire il melo, l'arancio, le rose. Loro sono rumore, non sono la tua voce interiore».

L'albero triste decise che ci avrebbe provato. 
Ma come ascoltare la voce interiore? Dove stava? Quando e come avrebbe parlato? 
'Prova a calarti nell'anima della pianta che sei', dice il gufo. Già, ma come si fa? Ci vorrebbero delle istruzioni.

Trascorsero giorni.
Poi, all'improvviso, arrivò una notte tempestosa come mai era accaduto. 
Lampi, tuoni, fulmini. Vento e pioggia sferzarono il giardino per ore, con una violenza cui piante e fiori mai erano stati sottoposti. 

L'albero triste, nonostante la sua maestosità, si sentì fragile: ebbe paura. Una paura che però non rifiutò, ma accettò di trattenere in ogni sua fibra: come fosse un tesoro da non disperdere. 
E allora si raccolse tutto in se stesso: sentì le radici che lo ancoravano al terreno, sentì il grande tronco che lo innalzava al cielo, sentì ogni ramo e foglia che venivano frustati dalla tempesta che pareva non finire mai.

Poi, quando tutto si quietò, poche ore prima dell'alba, e il cielo si rifece stellato, l'albero triste, finalmente e un po' misteriosamente, avvertì una voce, chiara e netta, che gli veniva dal cuore della terra in cui affondavano le sue radici e passava per l'anima del grande fusto fino all'ultima fogliolina lassù in alto.

La voce era limpida, pulita, cristallina.
«Volevi ascoltare la mia voce? Eccola, caro il mio albero. Tu non sei un melo: lui dà frutti, tu no. Tu non sei un arancio: lui dà frutti, tu no. Tu non sei un roseto: lui fiorisce, tu no. Tu devi solo prendere atto di essere ciò che sei: una sequoia. Sì: tu sei una Sequoia. Con la maiuscola. Perché tutti, quando siamo individui e non solo specie cui apparteniamo, abbiamo la maiuscola. Tu, come sequoia, sei un albero grande, imponente, solido, maestoso. Il tuo destino è crescere alto e svettare nel cielo. Sì, tu non fai frutti. Offri riparo agli uccelli, ombra a chi viaggia, bellezza al paesaggio. Non sei l'unico albero che fa questo, ma tu lo fai grazie alla tua natura di sequoia. Una natura unica: che nessuno può rubarti. Se la rispetti, rispetterai te stesso. E avrai il tuo posto nella vita. Ricorda: non hai da imitare nessuno. Hai solo da essere la Sequoia che sei. La felicità, di vegetali e animali, è tutta qui: nel riconoscersi nella nostra specifica e originale natura. Che è il nostro destino.».

Il primo chiarore dell'alba stava bucando la notte. 
La sequoia si guardò in giro. 
Il giardino era una desolazione: frutti caduti a terra, ovunque rami spezzati, le rose devastate dalla tempesta, i fiori strappati, il prato sottosopra.
Solo lui, il Grande Albero, sembrava intatto: appena un po' acciaccato per la furia del vento della notte, ma diritto, sempre massiccio, imponente. 

In quel momento la sequoia capì cos'era una sequoia e si riconobbe per ciò che era. 
Per la prima volta l'albero, non più triste, si sentì sicuro di sé e una nuova forza, pacifica ma trascinante, percorse come una linfa nuova tutto il suo corpo. 

E quando il giardino tornò a essere rigoglioso e bello come prima, l'albero, diventato una sequoia e finalmente orgoglioso di essere Sequoia, fu rispettato e ammirato da tutti. 

Allora quello 'strano' giardino non 'sembrava' più felice, ma 'fu' felice. 
Perché tutto era al posto suo.

*** Massimo Ferrario, Lo strano giardino e l'albero triste, per Mixtura - Libera riscrittura originale di un testo diffuso in internet.


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#QUADRI / Il paese del vino Chianti (Gio Batta Lepori)

Gio Batta LEPORI, 1911-2002
facebook, 29 agosto 2020, qui

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#BREVITER / Migranti positivi, solo lo 0,4% (Valeria Pacelli)

Secondo i dati (finora inediti) del ministero dell’Interno, da inizio pandemia e fino al 14 agosto, nelle strutture di accoglienza sono in totale 1.218 i migranti positivi (di cui 710 in quarantena alla data del 14 agosto). Un numero che se paragonato agli oltre 265 mila casi che ci sono stati in Italia, rappresentano poco più dello 0,4 per cento.

*** Valeria PACELLI, giornalista, Sbugiardato Salvini: sono migranti solo lo 0,4% dei positivi, 'il Fatto Quotidiano', 29 agosto 2020, qui


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#VIGNETTE / Lei dovrebbe amarsi di più (Fabio Magnasciutti)

Fabio MAGNASCIUTTI
facebook, 29 agosto 2020, qui

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sabato 29 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Delle mie tempeste non chiedere spiegazioni (Stefano Greco)

Delle mie tempeste, non chiedere spiegazioni
Delle mie inquietudini, non cercare il fondo
Del mio cielo, non guardare la fine
Delle mie parole, non spaventarti
Del mio silenzio, non aspettare il senso
Del mio sentimento, non dare misure
Della mia poesia, non cancellare il ricordo 

*** Stefano GRECO, consulente, psicologo, formatore, facebook, 27 agosto 2020, qui


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#SPILLI / Stupidi (Massimo Ferrario)

Ma se uno pensa, dice e agisce da stupido e fa pure lo strafottente perché se ne frega di tutto e di tutti e poi i fatti (quelli crudi e duri) e non le opinioni (quelle oggi fatte passare per oggettive e nuovo 'sapere') dimostrano che ciò che ha detto e fatto è stato 'oggettivamente' stupido e qualcuno glielo dice, non è che per questo può fare la vittima, tirando in ballo fantomatici 'capri espiatori', o le solite ideologie che invidiano chi ha successo e sono aprioristicamente contrarie alle magnifiche e progressive sorti di qualunque 'business' cui deve essere assegnato il duplice diritto di esprimersi senza vincoli e di espandersi all'infinito.

Perché, anche in questo caso, conferma che è semplicemente stupido. 
Come tutti quelli, sempre più numerosi, che sono incapaci di riflettere sui 'feedback' (quelli crudi e duri) che, come mattonate nei denti, arrivano dalla realtà e che vanno ahimè, sistematicamente, in direzione bellamente opposta a quanto dicono e fanno.

E non importa se costoro magari si vantano pure di essere imprenditori e manager: naturalmente sempre 'vincenti', anche quando non riescono a capire i casi in cui hanno smaccatamente perso e più negano e più fanno figuracce. Perché queste figuracce sono rivelatrici (purtroppo non per loro, ma per chi li osserva) proprio di chi si crede sempre 'il' più intelligente e invece si dimostra, inesorabilmente, banalmente, irreparabilmente, soltanto stupido. 

*** Massimo Ferrario, Stupidi, facebook, 28 agosto 2020, qui


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#HUMOR / Imparano presto (Ambra Garavaglia)

twitter, via facebook, 28 agosto 2020, qui

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#MOSQUITO / A scuola, un'ora necessaria (Anna Maria Ortese)

Ora di morale, nelle scuole? Oppure ora di religione? Non importa il nome. Ma un'ora è necessaria. Dedicata ai ragazzi per insegnare loro la cosa più importante del mondo, e che la civiltà e il denaro credono di aver vinto: il tempo passa comunque, e manda a casa, alla fine, i suoi conti. Ciò che hai fatto non si perde nello spazio. Male o bene li riavrai a casa, anche tu, fanatico della morte comoda (l'altrui): li riavrai puntualmente.

*** Anna Maria ORTESE, 1914-1998, scrittrice e poetessa, citata da Tomaso Montanari, twitter, 27 agosto 2020, da Angela Borghesi, Una storia invisibile- Morante Ortese Weil, Quodlibet, 2015


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#VIGNETTE / Vaccino italiano (Stefano Rolli)

Stefano ROLLI
'Il Secolo XIX', 25 agosto 2020, via facebook, qui

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venerdì 28 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Il cielo è cambiato (Massimo Salvadori)

Il cielo è cambiato
non c'è più l'azzurro
che racconta la vita.
L'azzurro è un colore
maldestro
si confonde con altro
se nessuno rimane
a chiamarci per nome.

*** Massimo SALVADORI, insegnante e poeta, facebook, 26 agosto 2020, qui


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#SPILLI / Volontarietà e obbligatorietà (Massimo Ferrario)

Non mi piacciono gli obblighi: preferirei che le persone si convincessero ragionando. 
Quando le ragioni ci sono, vengono argomentate da chi ha competenza sul tema ed è in gioco la salute di tutti, dovrebbe essere automatica la conclusione. 

Ma se così non accade, mi sembrerebbe logico imporre l’obbligo: per il bene dei singoli e ancor più, se ai singoli non interessa la loro salute, per il bene di tutti. 

Perché 1 insegnante su 3 oggi sta rifiutando i test sierologici? 
Possiamo accettare comportamenti così lesionistici verso se stessi, verso il sistema scuola, verso la società? 
Faremo lo stesso domani lasciando libertà di scelta per il vaccino anti-Covid? 

*** Massimo Ferrario, Volontarietà e obbligatorietà, facebook, 27 agosto 2020, qui


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#EX LIBRIS / Razzisti, quelli subdoli (Angela Marsons)

«Kev, stammi a sentire», lo interruppe lei, mentre Bryant rispondeva al telefono. «A me della gente come Gary Flint non importa nulla. Anche se trovo le sue idee ributtanti e malate, apprezzo la sua onestà. Non può farmi del male, perché la sua opinione non conta niente per me». 

Prese di nuovo la penna e la calò con forza sulla scrivania. «Vuoi sapere cosa proprio mi manda in bestia?». Non aspettò la risposta. «Sono tutti quelli che dicono di non essere razzisti, e rinforzano il concetto dicendo “il mio migliore amico è nero”, oppure “il gatto del mio fidanzato, di mia sorella, del mio socio, del mio vicino è nero”. Odio chi tira fuori dalla sua cerchia di conoscenze una persona di colore a sostegno della propria integrità. Ecco, questo mi dà fastidio. Non i bastardi che non si fanno scrupolo a urlare ai quattro venti di essere razzisti, ma quelli subdoli che continuano a negarlo».

*** Angela MARSONS, scrittrice britannica, Le verità sepolte, Newton Comtron Editori, 2019


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#BREVITER / Strano che (Stefano Mazzurana)

twitter, 26 agosto 2020

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#VIGNETTE / Dipenderà dalla responsabilità collettiva degli adulti (Mauro Biani)

Mauro BIANI, 1967
'la Repubblica', 27 agosto 2020, via facebook, qui

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giovedì 27 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Nessuna pianga da sola d'ora in poi (Sara Ferraglia)

Nessuna pianga sola d'ora in poi.

Ho visto due ragazze danzare
su un tetto a Buenos Aires.
Gambe avvinghiate, nubi nei capelli
dimenticare tutto e poi volare
libere in cielo come son gli uccelli.

Volano a stormi i pianti delle donne,
nessuna pianga sola d'ora in poi.

E brucia il mondo sotto, sulla via.
Gambe spezzate e sangue nelle mani,
urla di madri, amiche mie, sorelle
unite tutte nello stesso pianto
quello di ieri e quello di domani
perché "La culpa no, no era mía,
ni dónde estaba, ni cómo vestía."

Volano a stormi i pianti delle donne,
nessuna pianga sola d'ora in poi.

*** Sara FERRAGLIA, Nessuna pianga da sola d'ora in poi, facebook, 26 agosto 2020, qui


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#SPILLI / Usa di Trump, oltre ogni schifo (Massimo Ferrario)

I repubblicani Usa dicono che ‘i poliziotti sono eroi’. Non importa se gli eroi non sparano 7 colpi nella schiena a un fermato che sta risalendo in macchina, con i 3 bambini seduti nel posto di dietro, che assistono orripilati alla scena vigliacca e disumana. 

Naturalmente, poiché i repubblicani negano che il razzismo sia presente nella polizia e nella società americana, l’uomo, che probabilmente resterà paralizzato per sempre, è afroamericano. 

E naturalmente, se adesso seguiranno reazioni violente e magari qualche negozio sarà (comprensibilmente) saccheggiato, tutti, in USA e in Italia, dai divani di casa, alzeranno il ditino, scuoteranno la testa e diranno che ‘no no, va bene tutto, ma certe cose non si fanno e dove andremo a finire signora mia con questa gentaglia incivile che non sa fare altro che distruggere e rubare e non conosce ordine e legalità’. 

*** Massimo Ferrario, Usa di Trump, oltre ogni schifo, per Mixtura - Video qui


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#RACCONTId'AUTORE / La stella e il rastrello (Matteo Bussola)

Una volta a una ragazza, molti anni fa, regalai una stella.
Avevo scoperto che era possibile contattare un'associazione che, dietro compenso, ti consentiva di dare a una dei milioni di stelle catalogate il nome di una persona amata. In pratica, quella stella non si sarebbe più chiamata - che ne so - AZ324Y, ma si sarebbe da lì in avanti chiamata: Teresa. Come prova del regalo mi spedirono il certificato di autenticità della famigerata Unione Astronomica Internazionale (che non esiste: scoprii parecchio tempo dopo che si trattava di una truffa) e la mappa stellare del quadrante della Galassia in cui c'era la mia stella. Cioè: la sua.
La ragazza in questione si commosse e mi disse che mai nessuno le aveva fatto un regalo più bello. Mi lasciò dopo circa tre mesi, malissimo.

Una volta a una ragazza, in anni più recenti, regalai un rastrello per l'erba del giardino.
La ragazza in questione non si commosse e, a dirla tutta, mi guardò pure come se fossi un po' pirla. Ma stiamo insieme da quindici anni, abbiamo tre figlie e tre cani, e quel rastrello lo usa ancora oggi.

Morale: a volte i desideri migliori non si avverano guardando il cielo, ma riuscendo a vedere chi ti sta accanto.
E pure essere un po' pirla aiuta.
Buone notti di stelle a tutte, a tutti.

*** Matteo BUSSOLA, scrittore, facebook, 11 agosto 2020, qui

Illustrazione di Pascal Campion

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#VIGNETTE / American Hero (Mauro Biani)

Mauro BIANI, 1967
'la Repubblica', 26 agosto 2020,via facebook, qui

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mercoledì 26 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / L'oceano da cui sono uscita (Anise Koltz)

L'oceano da cui sono uscita
milioni di anni fa
si ridesta in me
quando ti amo

Nei miei abbracci
lascerò sul tuo corpo
frammenti di conchiglie

Il tuo letto sarà coperto
di un sottile strato di sabbia

*** Anise KOLTZ, 1928, poetessa lussemburghese, L'oceano da cui sono uscita, da Galassie interiori, 2013, in 'ilcantodellesirene', 22 agosto 2020, qui
https://en.wikipedia.org/wiki/Anise_Koltz


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#PIN / Felice dipendenza e sana indipendenza (MasFerrario)


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#FUMETTI / L'abolizione della povertà (Johnny Hart)

Johnny HART, 1931-2007
fumettista statunitense
dalla rete

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#QUADRI / L'educazione al lavoro, 1863 (Silvestro Lega)

Silvestro LEGA, 1826-1895
L'educazione al lavoro, 1863
facebook, 23 agosto 2020, qui

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#VIGNETTE / Cerco il lavoro (Altan)

ALTAN
'L'Espresso', 23 agosto 2020, qui

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martedì 25 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Il viaggio (Rubén Blades)

Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita
senza mai scalfire la superficie dei luoghi
né imparare nulla dalle genti appena sfiorate.
Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare
chiunque abbia una storia da raccontare.
Camminando si apprende la vita,
camminando si conoscono le cose,
camminando si sanano le ferite del giorno prima.
Cammina guardando una stella
ascoltando una voce
seguendo le orme di altri passi.
Cammina cercando la vita,
curando le ferite lasciate dai dolori.
Niente può cancellare il ricordo del cammino percorso.


*** Rubén BLADES, 1948, cantautore e attore panamense, Il viaggio, dall'album Caminando, 1991, 'gazzetta del turismo', 16 maggio 2020, qui


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#FAVOLE & RACCONTI / Il ponticello (Massimo Ferrario)

Non era mai successo: in quarant'anni né uno screzio, né una parola cattiva, né un litigio.

Da sempre condividevano in perfetta armonia macchine e attrezzi e insieme avevano coltivato le loro terre confinanti, rendendole rigogliose e ricche di frutti.
I loro figli, ormai adulti e tutti occupati in città, erano cresciuti insieme: ma tornavano almeno per le feste di Capodanno e allestivano tavolate gioiose. 
Le due famiglie originarie dei fratelli Wang e Peng si erano moltiplicate: quando si ritrovavano erano decine di zii, nipoti, nonne, generi, suocere, bambini.

Ma quel giorno era stato come un fulmine che aveva bruciato, in un lampo, la loro convivenza esemplare.
Tutto era nato per un trattore che aveva smesso di funzionare. Da qui l'accusa reciproca per la manutenzione trascurata: sei tu il colpevole, no sei tu che te ne sei disinteressato. E via con gli insulti.
Il giorno dopo Peng, il fratello minore, per ritorsione, aveva deviato la rete dei canali che prendevano l'acqua dal corso del fiume che separava le loro terre, rendendo difficile l'irrigazione del campo di Wang.
Da una settimana non si parlavano. E i due fratelli avevano obbligato le mogli a fare altrettanto. 

Sung era un falegname 'di strada': non aveva una dimora fissa, ma andava di villaggio in villaggio, proponendo i suoi servizi. Aveva anni di esperienza e chi aveva visto i suoi prodotti, belli e durevoli, ma soprattutto delle vere e proprie opere d'arte, diceva che fosse un mago nel lavorare il legno. 

Quella mattina presto Sung si presentò al casolare di Wang.
«Vedo che avete una grande fattoria, ben tenuta e ricca di piante e campi lussureggianti. Mi chiamo Sung e sono un artigiano nomade: offro il mio lavoro là dove mi capita di andare. Vengo da lontano e sto scoprendo la vostra bella regione, girando per le campagne. Sono un falegname: riparo e costruisco manufatti in legno. Grandi e piccoli. Dicono che sappia fare bene il mio lavoro e se volete mettermi alla prova non vi deluderò.»

Wang, ancora arrabbiato per il diverbio con il fratello, liquidò l'artigiano in modo cortese ma sbrigativo.

Il falegname se ne stava andando quando venne richiamato.
«Forse c'è una cosa che puoi fare per me. Qui ho una catasta di legna. Vorrei che tu mi costruissi uno steccato alto due metri che mi ripari dalla vista del mio vicino che abita quella cascina a un miglio di fronte, dall'altra parte del fiume. Si tratta di mio fratello Peng: ci ho litigato una settimana fa e non voglio più averci niente a che fare.»

Wang gli raccontò dello scontro e Sung ascoltò con attenzione e partecipazione: stette zitto, ma non si capacitava di come una convivenza affettuosa tra fratelli, durata tanti anni, potesse essere rotta da una discussione tanto futile su un trattore che all'improvviso aveva fuso il motore.
«Vedrò cosa posso fare», assicurò il falegname. «Se tu devi andare in città per sbrigare i tuoi affari, stasera al tuo rientro valuterai il lavoro».

Il falegname impiegò tutta la giornata per terminare la sua opera.
All'imbrunire, Wang rientrò dal mercato e corse subito a controllare se il falegname aveva costruito lo steccato.

Non trovava le parole.
Al posto dello steccato, un piccolo ponte sul fiume univa i casolari dei due fratelli: con una gobba al centro, tanti piccoli intagli di animali e fiori sui corrimani, molti colori sgargianti sulle fiancate. Davvero un'opera d'arte.

Wang fissò Sung in faccia con uno sguardo interrogativo.
Il suo viso era corrucciato, la voce burbera.
«Ti avevo chiesto uno steccato alto due metri. Mi pare che non ci siamo capiti.»
Il falegname annuì.
«Hai ragione. Ho disubbidito. Se me lo ordini, domani distruggo tutto e al posto del ponticello alzerò lo steccato».

Proprio in quel momento ambedue furono distratti da una voce, prima lontana e poi sempre più vicina, che continuava a urlare il nome di Wang.
Ora proveniva dal ponticello. 
Era Peng. 
Ci stava correndo sopra per avvicinarsi più in fretta possibile al fratello. 
Che, incredulo, finì soffocato da un abbraccio mai ricevuto così forte.

«Mi vergogno», disse Peng a Wang quando smise di abbracciare il fratello. 
«Dopo tutte le cose inutilmente cattive che ci siamo detti, tu sei riuscito a dimenticare: figurati che io stavo per costruire un muro per non vedere più la tua fattoria. Tu invece hai pensato di far costruire un ponte.»

Sung, in silenzio, raccoglieva i suoi attrezzi e si era messo lo zaino in spalla.

Wang, ancora sconvolto per come si era conclusa la giornata, ma finalmente felice per aver recuperato il rapporto con il fratello, aveva estratto il portafoglio dalla tasca.
«Chiameremo con il tuo nome, Sung, il ponticello che hai costruito, così il ricordo di te resterà sempre tra noi due fratelli. Ma ora dimmi il compenso per questo piccolo gioiello che ha riunito le nostre famiglie». 

Il falegname sorrise. 
«Il valore di un ponte non ha prezzo: anche il più modesto è sempre un gioiello, perché mette in comunicazione persone, animali, cose. Ma sono felice che la mia opera sia stata apprezzata e anch'io ricorderò il vostro abbraccio di oggi. Quanto al compenso, quando costruisco ponti, le mie ore di lavoro sono uguali alle vostre spese nei campi per seminare e produrre frutti: mi sentirei un ladro a chiedere di più. Vi auguro buona vita, fratelli». 

Wang e Peng furono tentati di litigare: Peng voleva assolutamente condividere la cifra pagata al falegname e Wang ribatteva che l'idea era stata sua e quindi spettava a lui.
Poi, com'era ovvio, decisero di fare a metà.

*** Massimo Ferrario, Il ponticello, per Mixtura. Libera riscrittura di un testo diffuso in internet.


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#QUADRI / Campo con carro e buoi (Carlo Passigli)

Carlo PASSIGLI, 1881-1953
facebook, 24 agosto 2020, qui

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#VIGNETTE / Ti sono mancata? (Chiara Rapaccini)

Chiara RAPACCINI
facebook, 22 agosto 2020, qui

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lunedì 24 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / I conformisti una volta (Franco Arminio)

I conformisti una volta
erano silenziosi.
Oggi no. Oggi vogliono
che siano conformisti anche gli altri.
E urlano addosso
a chi fa il suo canto
a chi cammina per la sua strada.
I conformisti non riconoscono
la bellezza di chi si lava la faccia
con la libertà. Non amano
chi crede follemente all'amore,
Non amano chi lotta, chi è sincero.
I conformisti non sanno
che la poesia si conquista a un soffio
dalla morte, non sanno
la bellezza di una vigilia,
non sentono quando Dio
si affaccia nella lingua,
in un abbraccio
in una solitudine.
I conformisti possono amarti
solo per un malinteso.
Il conformista è foderato di noia
sta nel fortino dell'ovvio, ignora
la gloria della disperazione
e della gioia.

*** Franco ARMINIO, poeta, scrittore, paesologo, facebook, 22 agosto 2020, qui

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#SENZA_TAGLI / Non voglio essere immortale (Andrea Colamedici)

- Papà.
- Dimmi, Enea.
- Non voglio essere immortale.
- In che senso?
- Quando sarò vecchio voglio morire.
- Perché?
- Perché se divento immortale poi non posso morire, e quindi non scoprirò mai cosa c'è dopo la morte: i fantasmi, il paradiso e quelle cose lì di cui parla la nonna. Meglio morire.
- Giusto.
- Comunque non per vantarmi ma prima morirai tu.

*** Andrea COLAMEDICI, filosofo, editore di Tlon, facebook, 23 agosto 2020, qui

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#SPOT / Quando un uomo con un ragionamento

dalla rete

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#QUADRI / Al balcone (Giovanni Segantini)

Giovanni SEGANTINI, 1858-1899
pittore 


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#VIGNETTE / Dov'è la sorpresa? (Mauro Biani)

Mauro BIANI, 1967
'la Repubblica', 22 agosto 2020, via facebook, qui

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domenica 23 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Sguardi universali (Sara Ferraglia)

Non ho la vita appesa
a quel filo sottile 
della malinconia, 
almeno non ancora. 
Non ho colmo il cassetto 
di rimpianti e ricordi. 
Ho una valigia vuota 
aperta sotto il letto
e un passaporto intonso
e una guida del mondo. 
Mi basta aprire a caso, 
chiudere gli occhi e poi
puntare il dito e andare. 
Se resta fermo il corpo, 
pesante sul divano
e non si vuole alzare
prende il volo la mente.
In tasca ho il passaporto 
con timbro universale. 

*** Sara FERRAGLIA, Passaporto universale, facebook, 21 agosto 2020, qui


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#QUADRI / Ragazza alla finestra, 1903 (Cesare Bartolena)

Cesare BARTOLENA, 1830-1903
pittore
facebook, 15 agosto 2020, qui

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#VIGNETTE / Ogni persona che incontri (Fabio Magnasciutti)

Fabio MAGNASCIUTTI
facebook, 18 agosto 2020, qui

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sabato 22 agosto 2020

#SGUARDI POIETICI / Alla fine (Marilina Giaquinta)

Alla fine
tutto si risolve 
in quiete.
Sembra che 
sia arrivata
senza che la chiedessi.

*** Marilena GIAQUINTA, facebook, 21 agosto 2020, qui


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#SPOT / Bannon (Marilena Nardi)

Marilena NARDI
facebook, 21 agosto 2020, qui

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#BREVITER / Migranti e mascherina (L'Ideota)

Quando si parla di migranti stremati su un gommone dicono: "Ma perché non fanno una traversata attorno al continente per sbarcare in Olanda? E che sarà mai?".

Quando si tratta di indossare la mascherina per 10 minuti dicono: "È impossibile sopportare una sofferenza così disumana!".

*** L'IDEOTA, facebook, 16 agosto 2020, qui


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