vagabondammo per giungere a sera,
vogliamo entrare nella nostra stanza,
chiuderla, e farci un po’ di primavera?
Trieste, nova città,
che tiene d’una maschia adolescenza,
che di tra il mare e i duri colli senza
forma e misura crebbe;
dove l’arte o non ebbe
ozi, o, se c’è, c’è in cuore
degli abitanti, in questo suo colore
di giovinezza, in questo vario moto;
tutta esplorammo, fino al più remoto
suo cantuccio, la più strana città.
Ora che con la sera anche si fa
vivo il bisogno di tornare in noi,
vogliamo entrare ove con tanto amore
sempre ti ascolto, ove tu al bene puoi
volgere un lungo errore?
Della più assidua pena,
della miseria più dura e nascosta
anima, noi faremo oggi un poema.
*** Umberto SABA, 1883-1957, poeta, scrittore, aforista, Verso casa, da Tutte le poesie, a cura di Arrigo Stara, Meridiani Mondadori, Milano 1994.
Segnalato in 'nazioneindiana', 23 agosto 2008, quihttps://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Saba
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