venerdì 31 gennaio 2020

#FOTO / CoronaVirus Cinese 2019-nCoV (foto di Cdc-Alissa Eckert, Dan Higgins)

CoronaVirus Cinese 2019-nCoV
foto CDC-Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM
da 'corriere.it', 31 gennaio 2020, qui

Così, tanto per sapere chi è... (mf)

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#SPILLI / Per capire e relazionarsi, urge un po' di androginia (Massimo Ferrario)

Vecchi pensieri più volte pensati. Spesso discussi, nel corso di lunghi anni, anche in molte aule formative. Di aziende le più diverse. Pure ai livelli più alti.

Verrebbe da dire, a giudicare dai risultati in termini di cultura oggi prevalente - organizzativa, manageriale, sociale, politica - che forse è stato tempo buttato: un investimento inutile. Ma sarebbe il solito peccato di onnipotenza che commettono da sempre i sedicenti 'formatori': incapaci di sfuggire al dna con cui è nato il loro mestiere. Il mondo, per fortuna, è sempre più grande delle nostre vedute. E giustamente macina comportamenti anche indipendentemente da quanto noi 'predichiamo'. Perseguire la potenza è sano, specie se l'alternativa è l'impotenza. Ma cadere nell'onnipotenza è patologia: narcisistica. Se tutti possono influenzare e nessuno determina, il problema è saper esprimere influenza, ma non credere che il nostro individuale esercizio di influenza, di per sé, da solo, cambi il mondo. Non è consolazione, questa, per i risultati non raggiunti: è principio di realtà.

Così, qualunque cosa sul piano professionale io o i miei colleghi abbiamo detto in passato e tuttora diciamo (benché, visti i tempi, sia sempre più difficile oggi dire qualcosa in contrasto con la corrente dominante), nei fatti il modello culturale che continua a vincere è quello, tossico e perverso, del vincente. Ovunque.
E se ogni tanto questo schema esemplare non vince, comunque continua a piacere l'uomo che non deve chiedere mai: un'aspirazione diffusa, in chi vuole far carriera e in chi osserva e valuta chi fa carriera, che costituisce, consapevolmente o meno, la precondizione più produttiva per poi avere, nella posizione oggi maggioritariamente idealizzata, nelle imprese, in politica, nel sociale, sempre e soltanto un uomo solo al comando.

La velenosità di questa radicata convinzione è validata da una seconda convinzione, correlata e altrettanto consolidata: magari non viene espressa, per ragioni di ipocrita pudicizia, ma è quanto mai interiormente 'sentita' e dunque alla fine 'agìta', nonostante tutti gli inviti ossessionanti al saper lavorare in squadra, 'con' gli altri e non 'sugli' altri. Il convincimento, profondo e finora almeno non scalfito, è questo: un uomo che non comanda secondo lo schema 'vinco-io/perdi-tu' è un debole, inadatto alla leadership, forse addirittura non è un uomo. 

In sostanza: il valore del machismo, introiettato nei secoli, è più vivo e perverso che mai.
Certo, la propaganda del retoricamente corretto inneggia, nei libri, nei seminari e nelle convention, al modello win-win: ma è appunto slogan, truffaldino pure al di là delle intenzioni, se poi la meritocrazia che si afferma nelle prassi, aziendali e non solo, anche perché tutta imperniata sull'immediato e priva di visione larga-e-lunga del futuro, penalizza/umilia il vincere condiviso (con-vincere) e premia/esalta il vincente che si impone sul perdente.

Del resto, una triste conferma dei valori dominanti in questo campo viene dalla costatazione, del tutto riscontrabile nelle esperienze di molti, che, con variazioni minime e puramente estetico-formali, in posizioni di carriera, le rare volte in cui alla donna è concesso di esserlo, è accettata/legittimata, in via fortemente preferenziale, la donna in similmaschio: quella che sa farsi valere imitando la virilità deviata del maschio autoritario. Un tipo di donna aggressiva e 'con le palle', che ignora l'autorevolezza, ben più solida, delle 'spalle' (ovviamente per lei disponibili 'per via naturale'); che è rigorosamente munita, e non solo metaforicamente, di pantaloni e tacchi a spillo, più ancora da ostentare che da indossare; ed è capace di mortificare il femminile che da tempo non è più in lei. Con tanti saluti alla diversity: sempre omaggiata e applaudita nelle convention che spostano solo aria.

Mi paiono pensieri banali questi che, cocciutamente, ripropongo. Forse un po' duri e provocatori, anche per colpire l'essenza del problema. Ma scontati. E, appunto per questo, poco o nulla contati (nel senso di 'presi in considerazione' e 'fatti contare')
Ho smesso di sorprendermi della persistenza e del non cambiamento del tema (quando non del suo peggioramento), ma, anche stavolta come si vede, non ho smesso di insistere: perché continuo a credere che una presa in considerazione di queste riflessioni, o una loro rimozione, non è senza conseguenze concrete. Sono infatti considerazioni che, in qualunque direzione sviluppate,  colpiscono il cuore del nostro vivere e convivere e hanno contraccolpi diretti sul capire e sul relazionarsi di ognuno di noi: al lavoro, nel sociale, in politica.

Già, capire, innanzitutto. Dal latino capere. Prendere, afferrare. Ben simbolizzato dall'organo sessuale maschile, che nella sua forma linguistica volgare riprende esattamente l'etimologia del verbo.
Ma anche contenere, ricevere, accogliere. Non ci cape, ripetono ancora in alcune zone d’Italia. Come a dire: non c’entra. Come rivelano, ancor più evidentemente, i due termini di capace e recipiente. 

Due significati polari. Opposti. 
Insomma: farsi tazza (codice femminile) per poi prendere ciò che si è accolto (codice maschile). 

Se mancano i due codici, da attivare insieme e in sinergia, il rischio (la certezza: stando alla cultura dominante) è che si prenda solo ciò che si crede di prendere. E si capisca poco o niente della realtà e dell'altro. Salvo poi impancarsi in cattedra pretendendo di imporre il poco, o il niente, o il non capito, che si è convinti di sapere senza mai averlo davvero ap-preso.

Sì, in mezzo a tanto americano, usato anche a sproposito, il latino potrebbe continuare a servirci proprio per capire. E dunque, anche, per consentirci di relazionarci meglio con tutto ciò che ci circonda, mondo fisico e mondo sociale. Offrendoci un’epistemologia semplice, ma quanto mai positivamente fertile e generativa: sintetizzabile nel concetto di un sano atteggiamento di ambivalenza attiva, da declinare poi in comportamento conseguente, come unico vero modo intelligente (anche qui l'etimologia di 'inter/intus-legere' aiuterebbe) per entrare in rapporto, aperto e fecondo, con la complessità, intrinseca e ineliminabile, di cose e persone, in cui siamo immersi. 

Tutto questo per vincere (e qui davvero il verbo è quanto mai appropriato) due posture psicologiche opposte, una più pericolosa dell'altra: l’arroganza di chi è dogmaticamente convinto di sapere sempre già tutto, quasi fosse 'nato imparato' e predestinato a imporre il suo sapere e la sua volontà a chiunque, per definizione considerato in posizione down, e la sudditanza dei più, magari anche  sofferta e rancorosa, ma sempre supinamente pronta a farsi abbindolare dall'apparente carisma di chi 'ce la racconta' e ci induce a fare (o a essere) ciò che lui (e non noi) vuole che facciamo (o siamo).

In conclusione: un po’ di consapevole androginia ci salverebbe. 
E urge.
Per capire davvero. O almeno per capire di più. 
E per affermare noi stessi, nelle relazioni con gli altri, in modo più autentico: alla fine più efficace, oltre che dignitoso.

*** Massimo Ferrario, Per capire e relazionarsi, urge un po' più di androginia



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#BREVITER / Alessandra Mussolini, Liliana Segre, il pregiudizio (Tiziana Campodoni)

Secondo la Mussolini, 
Liliana Segre 
non dovrebbe 
fomentare il pregiudizio contro il fascismo... 
quel "pregiudizio" 
che ha tatuato sull'avambraccio 
col numero 75190.

*** Tiziana CAMPODONI, insegnante, blogger, facebook, 28 gennaio 2020, qui


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#HUMOR / Capisci che stai invecchiando

via facebook, 28 dicembre 2019, qui

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#VIGNETTE / Ogni tanto torno 'bipolare' (Giancarlo Covino)

Giancarlo COVINO
'il manifesto', 29 gennaio 2020, via facebook qui

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#SGUARDI POIETICI / Post-it (Raffaela Fazio)

Mi sfugge qualcosa
del tempo.
E anche di me.
Così attacco qua e là
spazi bianchi pro-memoria
con su scritto:
“felicità”.

*** Raffaela FAZIO, 1971, poetessa, Post-it, in 'italianpoetry', qui


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#EX_LIBRIS / Eichmann, far carriera (Stefano Massini)

Eichmann: ... Himmler era così: si innamorava delle idee. E delle frasi, anche. Certe le ripeteva di continuo, come un disco rotto. Se le appuntava, girava sempre con un taccuino. Nel mese di dicembre, ogni anno, prima di Natale, ci convocava tutti per gli auguri. Faceva stampare un biglietto con un “Himmler dice che...”, e se lo conoscevi bene sapevi che quella frase la voleva sentir ripetere per tutto l’anno dopo. Ogni volta che lo incontravi, ti conveniva fargli vedere che te la ricordavi. Bastava metterla dentro il discorso, farla venir fuori. 

Hannah: E  lei in questo era maestro, immagino. 

Eichmann: Ero uno che sapeva il trucco. La prima volta che anch’io fui convocato per Natale, sul biglietto c’era scritto “l’unico onore è non tradire mai.” Ebbi come una sensazione, mi dissi “non è un biglietto di Natale: è una minaccia, ci sta dicendo che farà fucilare il primo di noi che non rispetta gli ordini”. 

Hannah: Con Eichmann non ebbe problemi. 

Eichmann: So che una volta, davanti a lui, mi misi a urlare contro un mio attendente. Feci finta mi avesse disobbedito, ripetevo “l’unico onore è non tradire mai”. Vedevo Himmler che annuiva, era felice, rosso in viso, rideva. Feci carriera anche per questo. Appena stavo davanti a lui, lo citavo. Sapevo tutte le frasi a memoria.

*** Stefano MASSINI, 1975, scrittore, drammaturgo, saggista, Eichmann. Dove inizia la notte, un dialogo fra Hannah Arendt e Adolf Eichmann, Fandango, 2020


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#SENZA_TAGLI / Il taxista e i cinesi (Alessandro Gilioli)

Taxista: "Aho ma sti cinesi sono proprio stronzi. Prima ce infettano col virus poi vengono qui a Fiumicino colla mascherina come se il virus glielo passassimo noi".
Io: "Mah, veramente guardi che in Oriente la macherina la portava un sacco di gente anche prima e comunque pensi una cosa: la mascherina serve anche a non passarlo il virus, mica solo a non prenderlo".
Taxista: "Dice? Per me so' stronzi".

(silenzio fino all'Eur)

Taxista: "Eh..eh.. etciùùù!!!".
Io: "Sia gentile, si compri una mascherina che fa un lavoro a contatto con la gente".

*** Alessandro GILIOLI, giornalista, facebook, 29 gennaio 2020, qui


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#VIGNETTE / Io e te siamo uguali (Mauro Biani)

Mauro BIANI, 1967
'la Repubblica', 30 gennaio 2020, via facebook, qui

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giovedì 30 gennaio 2020

#PIN / Viene spesso contrabbandato (MasFerrario)

twitter, 24 dicembre 2012

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#PROVERBI / Chi corre sempre (proverbio tuareg)


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#VIDEO / Per la giornata della memoria (Roberto Lipari)


Roberto LIPARI
comico, cabarettista
yout tube, 27 gennaio 2020
video 2min12

Poco più di 2 minuti: 'splendidi'. I
Il comico palermitano Roberto Lipari invia, a chi vuole sentirla, una nota vocale che dovrebbe far pensare... 
Sempre che si voglia e si sappia (ancora) pensare (qualche volta)... (mf)

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#VIGNETTE / Assurdo questo rigurgito di antisemitismo (Kutoshi Kimimo)

Kutoshi KIMIMO
facebook, 29 gennaio 2020, qui

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#SGUARDI POIETICI / Rose sfogliate (Ernesto Ragazzoni)

Dal parco mi sento
venire a folate
un balsamo lento
di rose sfogliate,

un balsamo lento
perché già l’estate
declina, ed il vento
le rose ha sfogliate.

Ed ecco, a sembianza
d’un fiato di rose
sfogliate in distanza
mi giunge da ascose

memorie, fragranza
d’assai vecchie cose
siccome di rose
sfogliate in distanza.


*** Ernesto RAGAZZONI, 1870-1920, giornalista, traduttore, poeta, Rose sfogliate, da Poesie, Chiantore, 1927, in 'ilcantodellesirene', 5 gennaio 2020, qui


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#SENZA_TAGLI / Piano Trump, umiliante (Alberto Negri)

Il piano di Trump è definito “umiliante” per i palestinesi dallo stesso quotidiano israeliano Haaretz. Con qualche eccezione i nostri media (tv pubblica compresa) in mano alla lobby filo-israeliana e filo-Usa - di sinistra e di destra - non hanno un’opinione critica e quelli eventualmente contrari sono timorosi di esprimerla perché ci rimettono la carriera. Il messaggio dei nostri lacché è chiaro: se non la pensi così sei fuori, dai media, dalle università, dai posti che contano

*** Alberto NEGRI, giornalista, Il piano Trump umiliante per i palestinesi e anche per i nostri media, facebook, 29 gennaio 2020, qui


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#MOSQUITO / Ospite, un equivoco semantico fecondo (Enrico Finzi)

Lo avete notato? L’inglese usa due parole per indicare due diversi ruoli: ‘host’ per chi ospita e ‘guest’ per chi è ospitato, il primo per chi invita a cena (e la offre) e il secondo per chi ci va (magari portando dei fiori).

L’italiano, all’opposto, utilizza un unico vocabolo: ‘ospite’. Tale è detto sia chi accoglie, sia chi è accolto.

Il termine viene dal latino, ove il ‘focus’ viene messo sulla relazione e non sui suoi due poli. Il che mi pare fecondo, pur se può dar adito a equivoci: l’ospitalità non indica un dare o un avere, ma il condividere il legame dell’ospitalità.

In fondo, in un rapporto paritetico – seppur con ruoli diversi – contano la cooperazione, la collaborazione, lo scambio. Vale poco chi ospita chi: cruciale è lo stare insieme, il mangiare insieme, il dormire sotto lo stesso tetto.

Può capitare che un ricco generosamente accolga un viandante povero. Ma il secondo può apportare tesori di esperienza e saggezza, dolore e fatica, che ricambiano il cibo e il letto ricevuti.

L’equivoco semantico nasconde una verità profonda per noi umani: nelle relazioni tutti noi riceviamo e diamo, nutrendoci a vicenda.

Auto-realizzarsi significa farlo con altri, tramite mutui scambi arricchenti. Uno più uno fa tre.

*** Enrico FINZI, 1946, ricercatore sociale, fondatore e direttore di 'Sòno human tuning', Ma cosa dici?, blog 'Sòno', 28 gennaio 2020, qui

Pieter BRUEGEL il vecchio, 1556-1557
Banchetto nuziale

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#SPOT / Un'immagine terrificante (Myrta Merlino)

Donna frusta donna:
aveva fatto sesso prima del matrimonio
Banda Aceh, Indonesia, 2020
foto AFP
vedi articolo qui

Avete già visto questa foto in cui un’ufficiale donna frusta pubblicamente un’altra donna per aver fatto sesso prima del matrimonio?
Nel mondo, oggi, davvero può accadere questo?
Per me è un’immagine terrificante.

*** Myrta MERLINO, giornalista, conduttrice tv, facebook, 29 gennaio 2020, qui

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#VIGNETTE / Postvoto, 'lavorerò il doppio' (NS)

NS (Natale Surace)
facebook, 29 gennaio 2020, qui

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mercoledì 29 gennaio 2020

#VIDEO / Come eravamo, 'ricordi dea me infansia'


I nostri Veci, ricordi dea me infansia
youtube, 2 novembre 2027
video, 3min21

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#VIGNETTE / Dopo il voto emiliano, 'mamma, ti prego' (Grezza)

GREZZA (Alberto Grezzani)
facebook, 28 gennaio 2020, qui

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#SPILLI / La dinamica' reale' del voto emiliano-romagnolo (Massimo Ferrario)

Limitarsi a confrontare i risultati regionali dell'Emilia Romagna senza 'integrare' nel voto gli astenuti (63% nel 2014 e 33% nel 2020) significa non capire come 'realmente' si sono mosse le forze in campo. 

Ecco quindi le percentuali di voto per i diversi partiti tenendo conto del peso, enorme nelle regionali 2014, di chi non è andato a votare.
Ho inserito anche il confronto con le Europee di Emilia Romagna 2019, anche se qui la percentuale dei votanti è stata alta più o meno come nel voto regionale attuale (67,7% nel 2019 rispetto al 67% nel 2020)

Intanto vediamo i voti ottenuti dal presidente della regione Stefano Bonaccini.
Se consideriamo gli aventi diritto e non semplicemente il voto espresso, Bonaccini, nelle regionali 2014, aveva ottenuto il 18,1% (voto espresso 49% su un'affluenza del 37%), mentre oggi ha conquistato il 34,4% (voto espresso 51,4% su un'affluenza del 67%). 
Il delta a suo vantaggio, dopo 5 anni di governo regionale, è quindi di oltre 16 punti percentuali.

Ecco poi i principali partiti. 

Pd Rg1416,4 % (44,5% su 37% affluenza)
Pd Eu19: 21,1 % (31,2% su 67,7% affluenza) 
Pd Rg20: 23,2 % (34,7% su 67% affluenza)

Lega Rg147,2 % (19,4% su 37% affluenza)
Lega Eu19: 22,9 % (31,2% su 67,7% affluenza) 
Lega Rg20: 21,4 % (32% su 67% affluenza) 

M5S Rg14: 4,9 % (13,3% su 37% affluenza)
M5S Eu19: 8,7 % (12,9% su 67,7 affluenza) 
M5S Rg20: 3,1 % (4,7% su 67% affluenza)

FI Rg14: 3,1% (8,4% su 37% affluenza)
FI Eu19: 4,0 % (5,9% su 67,7% affluenza)
FI Rg20: 1,7 % (2,6% su 67% affluenza)

FdI Rg14: 0,7 % (2,0% su 37% affluenza)
FdI Eu19: 3,2 % (4,7 su 67,7% affluenza)
FdI Rg20: 5,7 % (8,6% su 67% affluenza)

*** Massimo FERRARIO, La dinamica 'reale' del voto in Emilia Romagna, per Mixtura

wikipedia, qui

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#SGUARDI POIETICI / Ho dormito benissimo (Franco Arminio)

Ho dormito benissimo.
Ieri mi è stato assegnato
un pezzo di cielo.
E stanotte ci camminavo dentro.
Amare non è volere
qualcosa da qualcuno,
non aspettare il desiderio degli altri, ma coltivare
un pezzo di cielo
qui sulla terra.

*** Franco ARMINIO, poeta, scrittore, paesologo, facebook, 28 gennaio 2020, qui

foto di Franco Arminio, qui

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#VIGNETTE / Che razza di animale ha fatto questo? (GianLo)

GIANLO (GianLorenzo Ingrami)
faecebook, 28 gennaio 2020, qui

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#QUADRI / La Charrette, 1911 (Félix Vallotton)

Félix VALLOTTON, 1865-1925
pittore svizzero
La Charrette, 1911
facebook, 28 gennaio 2020, qui

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#SENZA_TAGLI / I laureati, perché partono, perché non tornano (Domenico De Masi)

Quanti ne partono, quanti ne arrivano? I dati recenti dell’Istat sono inequivocabili: solo nel 2018 gli italiani emigrati sono stati 117mila, in dieci anni 816mila. È come se si fosse svuotata una città più grande di Bologna. Nel decennio compreso fra il 2009 e il 2018 gli italiani che se ne sono andati sono 483mila in più rispetto a quelli che sono arrivati. Nel decennio precedente (1999-2008) il saldo negativo era meno di 50mila. Tra tutti gli emigrati nel decennio, 182.000 sono forniti di laurea. Tre i problemi sul tappeto: sono molti o sono pochi 182.000 laureati fuggiti altrove negli ultimi dieci anni? perché molti sono quelli che partono e pochi quelli che arrivano? È bene invertire la tendenza, e come farlo?

Sono molti o sono pochi? Se paragoniamo la situazione attuale a quella di cento anni fa, occorre riconoscere che la situazione è enormemente migliorata. Agli inizi del Novecento emigrarono dall’Italia milioni di contadini poveri che, oltre al loro dialetto, non conoscevano neppure la lingua italiana. Ma emigrarono anche molti tra i pochi laureati: Nel primo decennio, tra il 1901 e il 1910, solo 395.100 giovani riuscirono a laurearsi e ne emigrarono 195mila, quasi la metà. Negli ultimi dieci anni si sono laureati circa 3,2 milioni di giovani e ne sono emigrati 182mila, poco più del 5%. Dunque, rispetto al passato, emigrano pochissimi laureati.

Perché partono? In Europa, secondo il Pocket World in Figures del 2019, ben 15 Stati hanno un Pil pro-capite superiore al nostro. In 16 paesi europei si vive più felicemente che in Italia, secondo il World Happiness Report 2018 con cui le Nazioni Unite classificano 156 paesi in base all’indice di felicità. Poiché oggi, rispetto a cento anni fa, non ci sono barriere tra stato e stato, la moneta è unica, molti laureati conoscono le lingue straniere e parecchi hanno fatto l’Erasmus, non si vede perché dovrebbero restare in Italia quando hanno a portata di mano paesi più ricchi e più felici. Questo divario di ricchezza e di felicità a sfavore dell’Italia, spiega pure perché quelli che arrivano sono molto meno di quelli che partono.

Ma oggi si emigra già prima di laurearsi: un tempo i figli dei ricchi si laureavano nella propria città e poi andavano a specializzarsi alla Bocconi di Milano; oggi si laureano alla Bocconi e vanno a specializzarsi alla London School of Economics. 

È bene che tornino? Lo Stato italiano spende 30.000 euro l’anno per ogni studente universitario e la famiglia vi aggiunge 4.000 euro (10.000 se il figlio studia fuorisede). Se un giovane, dopo essere costato almeno 170.000 euro per laurearsi, poi utilizza la sua laurea all’estero, per l’Italia è una perdita secca. Tanto più che nel nostro paese la media dei cittadini laureati è scandalosamente bassa: 26% (contro il 66% della California). Sarebbe dunque un gran bene se, dopo aver fatto un’esperienza all’estero, i nostri laureati tornassero in patria.

Se è bene che tornino, come farli tornare? Per farli tornare basta che l’Italia diventi più ricca e più felice di tutti gli altri paesi in Europa. Tutto qui.

*** Domenico DE MASI, sociologo, professore emerito dell'università La Sapienza di Roma, saggista, I laureati, perché partono, perché non tornano, 'linkedin.com/pulse', 26 gennaio 2020, qui


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#BREVITER / Calabria, a occhio e croce (Antonio Ajosa)

facebook, 28 gennaio 2020, qui

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#VIGNETTE / La 'spallata' di Salvini (Nico Pillinini)

Nico PILLININI, 1951
disegnatore, pittore, giornalista
facebook, 28 gennaio 2020, qui

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martedì 28 gennaio 2020

#SENZA_TAGLI / Ma davvero abbiamo vinto? (Enrico Finzi)

La sconfitta emiliano-romagnola della nostra becera destra e degli ignoranti zombi pentastellati ha fatto gioire anche me. Eppure, pur se gli anti-sovranisti hanno vinto, resto assai preoccupato e non credo sia opportuno abbassare la guardia.

Certo, la débâcle dell’improbabile Borgonzoni (anche le donne possono essere disdicevoli e non è sessismo dirlo) dà una boccata d’ossigeno alla sinistra e a quel po’ di centro non incivile che sopravvive. Ma… Segnalo tre mie riserve.

La prima: la sinistra ha continuato a perdere consensi, come avviene da anni. C’è stato un sussulto dovuto alle Sardine e al terrore di Salvini, la cui onnipresenza fascistoide ha finito per radicalizzare il confronto, al di là del riformismo moderato di Bonaccini. Ma, nella sostanza, continua il progressivo defoliamento dell’albero che fu quello del vecchio PCI e dei cattolici democratici ad esso aggiuntisi.

La seconda riserva ha a che fare col successo che la destra ha ottenuto nelle periferie (anzitutto appenniniche) della regione: tale successo in alcune aree è risultato inferiore a quello ipotizzato dai sondaggi, ma comunque resta preoccupante poiché è la conseguenza della fine – nei centri minori – dei due grandi presidi sociali, apportatori sia di senso di appartenenza alla comunità, sia di cultura diffusa: tali due centri essendo le Case del popolo e le parrocchie con oratorio. Qui i danni della doppia decadenza restano, con l’indebolimento dei paesi e il trionfo dell’individualismo rancoroso e triste.

La terza riserva attiene alla perdita della speranza in un futuro migliore. Qui destra e sinistra di governo navigano a vista, al massimo potendo vantare – come Bonaccini – una buona amministrazione. Ma la storia dell’Emilia-Romagna racconta di un ‘di più’ storico rispetto alla ‘bona gestio’: la fiducia in un domani davvero migliore, quello del sol dell’avvenire o della speranza cristiana, accomunati da un approccio finalistico, teleologico, basato sulla fede nel marxismo scientifico o nell’Evangelo. Oggi il futuro pare venuto meno, salvo che per i cattolici alla Zuffi (straordinario vescovo di Bologna) o alla Dossetti, ormai interlocutori privilegiati d’una sinistra eunuca proprio perché castrata del suo sogno a lungo termine.

Comunque, brindiamo, ma senza ubriacarci. I compiti da fare restano giganteschi, i maestri mediocri, i grandi sistemi di credenze e valori latitanti.

 *** Enrico FINZI, 1946, ricercatore sociale, saggista, fondatore e responsabile di 'Sòno human tuning', Ma davvero abbiamo vinto?, blog 'enricofinzi.it', 28 gennaio 2020, qui


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#GIF / Schiavitù moderna

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#HUMOR / La mia fiducia nel genere umano (@SimoDeMeuron)

@SimoDeMeuron, facebook, 27 gennaio 2020, qui

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#SCRITTE / Aperto per merende

facebook, 27 gennaio 2020, qui

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#VIGNETTE / Hate (Lorenzo Vannini)

Lorenzo VANNINI
facebook, 26 gennaio 2020, qui

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#SGUARDI POIETICI / Io sono una stella (Inge Auerbacher)

Solo bimbi “speciali” han sul petto una stella,
sin da lontano io sono vista per quella.
Mi han messo un marchio proprio sul cuore,
lo porterò fiera in tutte le ore.
La stella, si dice, è un premio, ma strano,
un uso che giunge da un tempo lontano.
Io so tutto quanto la stella rivela
E cercherò che essa diventi una vela.

Io sono una stella!
Papà mi diceva di scansare i guai,
ritorna presto chè non si sa mai.
Per me il giallo stella è come oro,
non voglio offenderlo e farne il mio alloro.
Ora sto qui eretta e orgogliosa,
urla, mia voce, ma silenziosa:
“Sono ancora persona in realtà,
mio è lo spirito, la volontà”.
Io sono una stella!

*** Inge AUERBACHER, 1934, chimica statunitense di origine tedesca, sopravvissuta all'Olocausto, da Io sono una stella, una bambina dall'Olocausto, Bompiani, 1998


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#MOSQUITO / Indifferenza è complicità (Liliana Segre)

L’indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore. L’indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori.

***Liliana SEGRE, 1930, senatrice a vita, superstite dell’Olocausto e testimone della Shoah italiana, ‘definizione d’autore’ per il vocabolario Zingarelli 2020, segnalata in 'open', 26 gennaio 2020, qui


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#BREVITER / Figliolo, vedi quella luce all'orizzonte? (Frank Ravine)

facebook, 27 gennaio 2020, qui

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#VIGNETTE / Saluti a Bibbiano (Natangelo)

NATANGELO, 1985
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lunedì 27 gennaio 2020

#BREVITER / Dai citofoni dell'Emilia Romagna

via whatsapp, da un amico

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#SPOT / Effetto tempo

facebook, 24 gennaio 2020, qui

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#VIDEO #MEMO / La memoria si esercita, non si commemora


La memoria si esercita, non si commemora
1942, un uomo manda 192 bambini nelle camere a gas
Janusz KORCZAK
facebook, 2019-2020
video, 3min20



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#VIGNETTE / Il sospiro di sollievo (Vauro)

VAURO, 1955
vignettista, scrittore, giornalista
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#SPILLI / Il voto emiliano-romagnolo (Massimo Ferrario)

La voleva liberare. Si è liberata. 
Non da chi la amministra da sempre. Ma da chi si era arrogato il titolo (insultante) di liberatore.

L'Emilia Romagna ha imposto il primo stop sul piano nazionale a Matteo Salvini: Stefano Bonaccini e la sua coalizione (ma il governatore uscente-e-rientrante ancor più dei suoi partiti alleati, con oltre il 3% guadagnato dal voto disgiunto) hanno fermato la Lega ai confini della regione. Dimostrando, con risultati evidenti del passato e concreti programmi per il futuro, che il leader leghista, il quale si era intestato la campagna elettorale della (inesistente) candidata Lucia Borgonzoni accampandosi ossessivamente sul territorio per oltre un mese, si può fermare.
Certo, la presenza leghista comunque attestatasi al 32% in una regione-simbolo come questa non va dimenticata e anzi, confermando il rischio corso, risottolinea la insistente e pervasiva ‘tossicità’ del tempo politico che stiamo vivendo. Ma il mancato sfondamento rappresentato dalla tanto agognata conquista della presidenza della regione è una vittoria che, purtroppo, non era così scontata.

Tuttavia, ora, nessuna esaltazione. La destra, nella sua versione più becera ed estrema, resta abbondantemente tra noi: l'Italia non è l'Emilia Romagna. Però la sconfitta, chiara e netta, di Salvini nella sfida emiliano-romagnola, anche per i toni ultimativi da referendum personale che il capo leghista aveva dato a quella che era diventata la sua battaglia delle battaglie, è un fatto a tutte maiuscole che almeno tiene aperto l’orizzonte.

Intanto un grazie va riconosciuto al movimento delle Sardine per aver giocato un ruolo fondamentale: ‘pre-politico’ e di sana ‘ecologia sociale’, tra l’altro sicuramente contribuendo a spingere il dato della partecipazione (67,7%) a quasi il doppio della tornata elettorale del 2014.
Adesso c'è solo da augurarsi che Mattia Santori e le sue giovani e meno giovani Sardine resistano alla tentazione di farsi partito, tappandosi le orecchie di fronte al canto delle sirene che da subito, sempre più insinuanti e fascinose, faranno intravvedere possibili future alleanze o addirittura integrazioni, più o meno ‘ad personam’, in nuovi 'campi sinistrorsi' che si fantastica di costruire.

*** Massimo FERRARIO, Il voto emiliano-romagnolo, per Mixtura


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#SGUARDI POIETICI / Se ti chiama l'amore (Mila Kačič)

SE TI CHIAMA L'AMORE

ascoltalo
Forse
senti per l'ultima volta
la sua voce allettante

Risveglierà in te fremiti
assopiti
tenerezze
da tempo seppellite
Non hai nessuno a cui darle
Sono ormai solo ricordo
e tormento

Ascoltalo attentamente

Troppo presto ti abbraccerà
il lungo
e vuoto
silenzio
Non aspetterai
che il richiamo
della Terra

Tendi l'orecchio
se ti chiama l'Amore

*** Mila KAČIČ, 1912-2000, poetessa, scrittrice, attrice slovena, Se ti chiama l'amore, da Jolka Milič, La poesia di Mila Kačič, in 'fili d'aquilone', n. 28, ottobre-dicembre 2012 (con testo originale), qui

René Magritte, 1898-1967

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#EX_LIBRIS / La classificazione (Antonio Manzini)

«Vede, ho una personale classificazione delle rotture di coglioni che la vita nella sua indifferenza mi propina giornalmente. Si va dal sesto livello fino al decimo. C’è un po’ di tutto, i tabaccai chiusi, Radio Maria, i calzini che al posto dell’elastico hanno un laccio emostatico, D’Intino, che è un mio agente, battesimi, comunioni, matrimoni, Natale e Capodanno. Ma al decimo livello c’è una sola, solitaria regina, padrona indiscussa del mio destino. E sa qual è?». 
Il medico trattenendo una risata riuscì a rispondere. 
«Ho un sospetto». 
«Già. Il caso sul groppone. È la più grande rottura di coglioni che esista perché lo devo risolvere. Non è sete di giustizia la mia, mi creda, è che non mi piace essere preso in giro. Solo che per capire mi devo trasformare». 
«Non la seguo di nuovo». 
«Devo entrare nel corpo del figlio di puttana che ha decretato arbitrariamente la fine di un’esistenza. Anche qui i nostri lavori si somigliano. Lei entra con le mani nei corpi, taglia cuce e guarisce; io con la mente devo infilarmi nella testa di questa gente, che è una palude, mi creda. Sporcarmi i vestiti, la pelle, diventare una creatura di quegli stagni luridi, fogne a cielo aperto. Lei si toglie i guanti, si disinfetta e torna a casa. A me la sporcizia resta attaccata addosso, non va più via».

*** Antonio MANZINI, 1964, scrittore, sceneggiatore, attore, regista, Ah l'amore l'amore, Sellerio, 2020


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#VIGNETTE / Noi, ragazzi dello zoo di Salvini (Natangelo)

NATANGELO, 1985
facebook, 26 gennaio 2020, qui

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domenica 26 gennaio 2020

#CIT / Stranieri, tutti (Thahar Ben Jelloun)

Si è sempre lo straniero di qualcuno. 

*** Thahar Ben JELLOUN, 1944, scrittore marocchino, Il razzismo spiegato a mia figlia, 1998, Bompiani, 2005
https://it.wikipedia.org/wiki/Tahar_Ben_Jelloun
https://it.wikipedia.org/wiki/Il_razzismo_spiegato_a_mia_figlia

facebook, 22 gennaio 2020, qui

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#BREVITER / Chi è? (Fabrizio Gilli)

facebook, 25 gennaio 2020, qui

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