sabato 27 agosto 2022

#FAVOLE & RACCONTI / L'insegnamento doloroso (Massimo Ferrario)

Il giovane Zhou Fu si presenta dal grande maestro Yang Jun: gli comunica che vorrebbe essere assunto come allievo per un periodo speciale di meditazione e per questo ha ottenuto l’autorizzazione dal suo maestro attuale, Zhao Zhi.

Il maestro guarda il discepolo come volesse leggergli l’anima. 

Zhou Fu china il capo e pone sul tavolo una ciotola: è l’offerta tradizionale. 
Yang Jun è serio in volto: ha bisogno di un’informazione cruciale. 
- Perché questa offerta?
- E’ la tradizione, maestro: in segno di rispetto per la vostra saggezza. 

Yang Jun agguanta il bastone appoggiato alla parete e, in silenzio, senza dare spiegazioni, gira intorno al discepolo e gli percuote per cinque volte la schiena: sono colpi secchi, precisi, che mirano a fare male.

Zhou Fu cerca di difendersi, ma non riesce a evitare le bastonate. Tutto dolorante e confuso, si sforza di trattenere la rabbia.
 «Ma perché, maestro? Perché mi picchiate?» 
Sempre senza parlare, il maestro riprende a colpirlo per altre tre volte. Quindi lo caccia via, gettandogli dietro la ciotola, che finisce in frantumi. 

Il discepolo prende la via del ritorno, umiliato e disorientato: cosa ha fatto di male?

Va dal suo maestro, Zhao Zhi, e gli racconta l'accaduto, sperando che lui almeno gli  spieghi perché Yang Jun l'ha picchiato. 
- Forse si è sentito offeso per l’offerta che gli ho portato? Ma io l’ho fatto perché è nella tradizione: lo sapete anche voi, maestro. 

Zhao Zhi si mostra irritato anche solo ascoltando l’ipotesi formulata dal giovane e si limita a dire poche parole, che vogliono essere definitive.
- Conosco Yang Jun e Yang Jun, come ogni maestro di saggezza, non conosce l’offesa.
Poi recupera anche lui un frustino e lo batte cinque volte sulla schiena del discepolo. 

Zhou Fu, sempre più costernato, si ritira nella cella e si sdraia sul pagliericcio. Non chiude occhio per tutta la notte: un po’ per la schiena che continua a dolergli, ma ancora di più perché trova del tutto incomprensibile quello che gli è capitato. Cerca di analizzare i due episodi, ma invano. 

La mattina, alle prime luci dell’alba, quando anche il cervello finalmente riposa e sembra dare campo libero alle emozioni, Zhou Fu ha un lampo.
E a mezzogiorno torna dal maestro Yang Jun: ha con sé una seconda ciotola, che offre con sicurezza al maestro, ponendola sul tavolo davanti a lui e accompagnandola con un sorriso.

Si inchina.
- Ti prego, maestro, questa volta accetta l’offerta: è mia e viene dal cuore. Lo faccio per il rispetto sincero che io provo verso di te e perché il tuo rifiuto di ieri mi ha fatto apprendere. Ti sono grato per il tuo insegnamento e sono certo che molto altro apprenderò se mi vorrai come discepolo. 

Yang Jung finalmente allarga il viso in un sorriso sereno, comunicando al giovane allievo la sua affettuosa benevolenza. E accetta l’offerta.

*** Massimo FERRRIO, L’insegnamento doloroso, libera riscrittura di un famoso testo in forma di koan, riportato anche in Alejandro Jodorowsky, Il dito e la luna. Racconti zen, haiku, koan, 1997, Mondadori, 2006-2016. 


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venerdì 26 agosto 2022

#SPILLI / Tempi di oggi (Massimo Ferrario)

NEANCHE IN COREA DEL NORD
Ogni giorno i media, a pagine e schermi unificati, fanno la ola a Draghi, in perpetua gara entusiastica a chi si genuflette di più e sa usare meglio la lingua. 
Neanche in Corea del Nord. 
L’appecoramento giornalistico ha superato ogni decenza. 
Necessiterebbe, per chi, senza neppure un conato di vomito, ha snaturato la professione giornalistica trasformandosi in servo felice di una propaganda totalizzante che, in quanto tale, ignora ormai il significato di ogni informazione o pensiero critico, la consultazione di un vocabolario: alla voce ‘dignità’. 
Una prece. Per la democrazia. 
(facebook, 25 agosto 2022, qui)



PD, GLI VA BENE COSÌ 
Se la sinistra fa la destra, i suoi elettori più o meno di sinistra o si astengono o si lasciano incantare dalla destra. 
Le restano solo i radical chic, sempre meno radical e sempre più chic, delle ztl: quelli che dicono di amare i diritti civili, ma per carità non gli parlate dei diritti sociali. 
Non è che il Pd non l’ha capito.
Gli va bene così. 
Da quando ha perso la S: quella che qualificava il PD(S) o i D(S). 
Cioè dalla nascita. 
(facebook, 25 agosto 2022, qui)




IL POTERE

(facebook, 25 agosto 2022, qui)

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giovedì 25 agosto 2022

#SPILLI / Foglie di fico sull'Abisso (Massimo Ferrario)

FOGLIA DI FICO
Metafora biblica che indica copertura, finzione, ipocrisia, inganno. 
Far credere una cosa per l’altra. 
Fratoianni accanto a Letta: che sceglie Cottarelli dopo un accordo inseguito per settimane con Calenda e, dopo neppure cinque giorni, bullisticamente stracciato da Calenda stesso allo scopo di finire fintamente accordato (giusto il tempo di una campagna elettorale) con l’altro bullo, Renzi, immarcescibilmente perdente ma quotidianamente pluri-intervistato da ogni media che fa establishment
Una sinistra acconciata a destra. Come sempre. Per dire che c’è senza esserci. Sicura di non contare. Neppure come testimonianza. 
Chissà come mai l’astensionismo salirà  alle stelle. 
(facebook, 23 agosto 2022, qui)


L’ABISSO
Se non capisci che non si pubblica un video su uno stupro, e neppure ti penti dopo averlo fatto riflettendo su quello che hai fatto, sei pronta per guidare l’Italia di oggi. 
Lo pensa metà Italia. Quella che voterà. 
Circa la metà degli aventi diritto al voto, invece, se ne fregherà. L’Abisso comincia sempre così. 
(facebook, 23 agosto 2022, qui)


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#VIGNETTE / Ma rivediamo il video (Mauro Biani)

Mauro BIANI,  1967
'la Repubblica', 24 agosto 2022, via facebook, qui


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mercoledì 24 agosto 2022

#FAVOLE & RACCONTI / Il pozzo del silenzio (Massimo Ferrario)

Il giovane discepolo si avvicinò con cautela e un filo di timore al vecchio monaco: Zhao Shi era impegnato nelle sue ore di silenzio e Li Ming sapeva che nessuno, durante questo esercizio, doveva disturbarlo. Il vecchio monaco non aveva un orario particolare in cui avrebbe smesso: la sua pratica poteva durare ore, ma anche giorni. Ma al giovane bastava farsi vedere, con discrezione e rispetto: Zhao Shi avrebbe capito e avrebbe trovato il modo e il tempo per decidere se e quando accogliere la sua richiesta. 
Il discepolo guardò il monaco, esprimendo con gli occhi il suo desiderio di parlargli. E il monaco indicò il sole, ormai prossimo al tramonto. Allora si sarebbe reso disponibile. Il giovane chinò il capo in segno di obbedienza e ringraziamento: avrebbe atteso il compiersi della giornata.

Quando il sole calò dietro il muro del convento, lasciando campo alle prime ombre, il vecchio monaco si sedette sulla panca accanto al giovane.
- Volevi parlarmi, Li Ming. Ora posso ascoltare e dire.

Li Ming, che si sentiva sempre intimidito quando osava interloquire con un monaco dalla saggezza riconosciuta di Zhao Shi, si fece coraggio. 
- Da tanto volevo chiedervelo, Zhao Shi. Voi passate quasi tutto il giorno in silenzio. Talvolta non parlate per settimane. Perché fate questo? Cosa vi dà il silenzio?

Il vecchio monaco fece cenno al giovane di seguirlo. Si avvicinò al pozzo, situato nell'angolo più lontano del convento: dove ancora, per poco, arrivavano gli ultimi raggi del sole. Calò un secchio. Lo riempì d'acqua e girò subito la carrucola per farlo risalire. L'acqua, mentre veniva riportata su dal secchio, traboccava dai lati e un po' ricadeva sul fondo, producendo un piacevole suono cristallino, come una cascata di montagna. Il vecchio monaco depose il secchio accanto a due brocche: le avrebbe riempite più tardi per la prossima cena con i confratelli.

Zhao Shi si rivolse al giovane.
- Affacciati. Guarda giù nel pozzo. Cosa vedi?

Li Ming obbedì. Si protese fino a rischiare quasi di caderci dentro. Uno spicchio di sole, debole ma ancora utile per la luce che diffondeva, accarezzava il pozzo.
- Non vedo niente.
- Perfetto - commentò il vecchio monaco. - Ora attendi un minuto.

Il giovane discepolo lasciò passare il minuto, poi guardò il vecchio monaco per attendere istruzioni. 
- E adesso?
- Riaffacciati. E urla con quanto più fiato possibile in direzione del fondo.

Il giovane emise tre urli, mentre continuava a guardare il fondo del pozzo.
- Cosa vedi, adesso? - chiese il vecchio monaco. 
Li Min strizzava gli occhi per cercare di osservare tutto l'osservabile.
- L'acqua è mossa, Zhao Shi. Meno mossa di prima, dopo che avete tirato su il secchio, ma ci sono piccole onde che percorrono il fondo del pozzo. Non vedo altro.

Zhao Shi sorrise.
- Certo. L'acqua è agitata: meno di prima, ma ancora troppo. Sono le onde causate dalle tue urla. Adesso rialzati e attendi ancora un minuto. Poi riaffacciati e osserva bene.

Il giovane attese. Poi si riaffacciò.
Li Ming non dovette sforzarsi: laggiù in fondo vedeva, precisa e nitida, l'immagine del suo volto riflesso nell'acqua. 
Mentre ancora era intento a guardare il suo viso, come in uno specchio, sentì il vecchio che commentava.
- Credo di averti risposto, Li Ming: cosa hai imparato da queste tre volte in cui ti sei affacciato al pozzo?

Il giovane non ebbe difficoltà a rispondere.
- Ci vogliono tempo, pazienza e silenzio per vedere sé stessi. Perché bisogna aspettare che l'acqua, la vita in cui siamo, smetta di essere agitata. Il silenzio è tranquillità: la induce e la produce. Ed è nella tranquillità che ognuno, se vuole e sa 'affacciarsi', vede se stesso. Ti sono grato, Zhao Shi.

*** Massimo FERRARIO, Il pozzo del silenzio, libera riscrittura di un testo diffuso via internet in più siti e attribuito ad autori diversi, ‘Mixtura’ (masferrario.blogspot.com), ‘Favole&Racconti’, 24 agosto 2022



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martedì 23 agosto 2022

#MOSQUITO / Un mutamento antropologico, sembrano uomini (Franco Battiato)

Vede, sto bene con me stesso. Vivo in questo posto meraviglioso sulle pendici del Mongibello. Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare, i fumi dell’Etna, le nuvole, gli uccelli, le rose, i gelsomini, due grandi palme, un pozzo antico. Un’oasi. Poi purtroppo rientro nello studio e accendo la tv per il telegiornale: ogni volta è un trauma. Ho un chip elettronico interiore che va in tilt per le ingiustizie e le menzogne. Alla vista di certi personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli. C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima.

*** Franco BATTIATO, 1945,  cantautore, regista, pittore, intervistato da Marco Travaglio, Intervista a Franco Battiato, requiem per la politica, il cantautore siciliano e i “rincoglioniti” al governo, 'il Fatto Quotidiano', 30 ottobre 2009, qui


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lunedì 22 agosto 2022

#MOSQUITO / No alla perfezione (Carl Gustav Jung)

La perfezione è irraggiungibile. Inoltre, se potessimo differenziare in egual misura le quattro funzioni [Intuizione, sensazione, sentimento, pensiero], otterremmo soltanto il risultato di renderle accessibili alla conoscenza. Perderemmo allora il collegamento assai prezioso con l’inconscio attraverso la funzione inferiore, che è invariabilmente la più debole: la nostra debolezza e inadeguatezza sono il nostro unico ponte con l’inconscio, col mondo inferiore degli istinti, con gli altri esseri umani. 

Le nostre virtù ci consentono soltanto di essere indipendenti. In quella sfera non abbiamo bisogno di nessuno, siamo sovrani, mentre nella nostra inferiorità siamo collegati all’umanità e al mondo degli istinti. Non costituirebbe alcun vantaggio disporre di quattro funzioni perfette, perché una tale condizione equivarrebbe a una totale distanza dagli altri. Non ho mai avuto la mania della perfezione. 

Il mio motto è: per amor del cielo, non siate perfetti, ma sforzatevi con ogni mezzo di essere completi... qualsiasi cosa significhi a livello individuale.

*** Carl Gustav JUNG, 1875-1961, medico e psicoanalista svizzero, fondatore della psicologia analitica, da Introduzione alla Psicologia analitica. 5 conferenze, 3^ conferenza, Bollati Boringhieri, 2013



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venerdì 19 agosto 2022

#FAVOLE & RACCONTI / Trasformazioni (Massimo Ferrario)

Lui, Occhio-di-Falco, era il guerriero più coraggioso e abile della tribù. Lei, Sorriso-di-Cielo, era la sua donna: avrebbe fatto qualunque cosa per lui, ma lui era troppo indaffarato a collezionare i suoi trofei di caccia per curarsi del suo amore. Tutti notavano che il volto della ragazza, ogni volta che incontrava il suo uomo, si illuminava di una luce che sembrava rubata a un’alba cristallina. Ma Occhio-di-Falco era insensibile al suo sguardo: pensava solo alla caccia e allenava i suoi muscoli per renderli sempre più potenti e scattanti al tiro con l’arco.

Un giorno si diffuse la voce che sulle rive del lago vicino, nelle notti di plenilunio, si potesse vedere un lupo trasformarsi in una donna dalla bellezza insuperabile.

Occhio-di-Falco all’inizio ridicolizzò una simile chiacchiera. Ma poi la sua curiosità, una notte in cui la luna era piena, lo spinse fino al lago. E assistette al prodigio. Dal cielo si sprigionò un bagliore accecante; poi ci fu un ululato lungo e straziante di una lupa che alzava il muso alla luna. E alla fine si manifestò la trasformazione: la figura dell’animale si sciolse nell’aria e una donna dalla bellezza ineguagliabile iniziò a danzare, sorridendo, in un fascio luminoso che l’avvolgeva tutta.

Occhio-di-Falco, incantato dalla visione, cadde in ginocchio e si innamorò all'istante della donna. Lei, senza dire una parola, continuava a danzare e sorridere. Poi, come aveva fatto prima la lupa, si volatilizzò. 

L'indomani il guerriero tornò al villaggio: raccontò a tutti di aver visto la donna-lupo e di essersene perdutamente innamorato. Sorriso-di-Cielo gli chiese cosa avesse di così speciale quella donna-lupo, ma lui non seppe rispondere: sapeva solo di esserne stato rapito. 

Il plenilunio seguente, Occhio-di-Falco tornò al lago, attendendo fiducioso. L’apparizione si ripeté e la donna-lupo sembrò ancora più bella. 

Stavolta lei parlò.

- Perché sei qui, guerriero?

- Perché ho deciso: ti appartengo – rispose Occhio-di-Falco, entusiasta. – Ti dono il mio cuore e tutto me stesso. 

- Davvero? – disse lei, facendo trasparire un sorriso ironico.

- Certo. 

- Mi bastano i tuoi occhi. Guardami. Se mi guarderai davvero, e non solo alla luce di questo plenilunio che fa innamorare, sarò la tua compagna -  rispose lei scomparendo all'istante.

Occhio-di-Falco tornò all'accampamento, pensieroso. Sorriso-di-Cielo cercò di abbracciarlo: aveva intuito i suoi turbamenti e gli domandò se potesse aiutarlo. Lui rifiutò, bruscamente: la rimproverò di essere gelosa della donna-lupo e di volerlo confondere con il suo amore. Lei se ne andò in silenzio, serena in volto, e si mise a rassettare la tenda. 

Al terzo plenilunio il guerriero si fece ritrovare all’appuntamento: la donna-lupo riapparve e lui le disse subito che i suoi occhi erano tutti per lei. La donna-lupo abbassò lo sguardo, scosse lievemente il capo e, senza rispondere, sparì. 

Occhio-di-Falco tornò al campo. Sorriso-di-Cielo, sempre così pronta a venirgli incontro sul sentiero ogni volta che rientrava, non c’era. Non era neppure in tenda. Qui, al suo posto, era rimasta una pelle di lupo. Accanto, su un pezzo di corteccia, era inciso un messaggio: «Mi avevi detto che mi avresti donato i tuoi occhi. Non l’hai fatto. Non mi basta un tuo sguardo nelle notti di plenilunio».

Occhio-di-Falco capì che aveva perso per sempre Sorriso-di-Cielo: e questa fu la ferita della sua vita. Ma imparò a porre un'attenzione consapevole e continua a tutto ciò che lo circondava: cose e, soprattutto, persone. Appese l’arco alla tenda e si dedicò alla cura degli altri. Da quel momento lo chiamarono Occhio-che-Vede.

*** Massimo FERRARIO, Trasformazioni, libera riscrittura di un testo di autore anonimo diffuso in rete da più siti.


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giovedì 18 agosto 2022

#FAVOLE & RACCONTI / Politici prenditori (Massimo Ferrario)

In un paese molto lontano - che ci è molto vicino - c'erano una volta dei politici che avevano a cuore la disoccupazione. 

Infatti approvarono una legge che consentiva di licenziare. 

Così la disoccupazione aumentava. E loro potevano continuare a dire che avevano molto a cuore la disoccupazione.

Non capivano molto: né di economia, né di politica. Ma questo non lo ritenevano importante. Perché erano di buon cuore. E questo bastava. A loro.

Infatti avevano a cuore gli imprenditori. Soprattutto di un genere particolare: quelli che si chiamano 'prenditori'. 

Del resto, questi politici avevano alcune somiglianze con questi 'imprenditori-prenditori'. Per esempio erano molto disinvolti sul piano etico. E per questo in verità venivano chiamati anche 'politici-prenditori'. 

Ma erano accuse ingiuste. Perché è vero che prendevano, ma poi davano. Se no non c’è scambio, precisavano. E poi erano di buon cuore. E la politica, aggiungevano, è appunto questo: è finita l’epoca delle anime belle, dei valori, degli ideali. Bisogna aiutarsi tutti: una mano aiuta l’altra. E basta con questo moralismo.

Ora quel paese molto lontano - che ci è molto vicino - non c’è più. 

Perché è fallito economicamente e la società si è sfasciata: tutti se ne sono andati in un altro paese.

Siamo rimasti noi. Che potremmo imparare dalla loro esperienza. Ma, come si dice, non si impara mai dall’esperienza degli altri. Bisogna farla in proprio.

E noi la stiamo facendo. Anche con l’aiuto dei milioni di cittadini che, quando è fallito, hanno abbandonato il loro paese. Perché loro si sono trasferiti da noi. Anzi, diciamo che loro sono diventati noi. Del resto, non hanno fatto molta fatica: infatti, come dicevamo all’inizio, il loro paese era molto vicino al nostro. E la vicinanza non era geografica. 

Sì, lo so: qualcuno dice che ci dovremmo preoccupare. Ma chi si preoccupa è il solito pessimista. Che non capisce il futuro. E fa del disfattismo.

*** Massimo FERRARIO, Politici prenditori, rielaborazione di un testo di MasFerrario, Politici (e non solo), rubrica ‘favoline’, in ‘Mixtura’ (‘masferrario.blogspot.com’), 4 giugno 2015


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#SGUARDI POIETICI / Le parole che dici (Gio Evan)

Le parole che dici 
coincidono 
con quello che fai,
le azioni che fai
coincidono 
con quello che pensi,
il tuo pensiero 
coincide 
con quello in cui credi,
le tue credenze
coincidono
con quello che sogni
ecco cosa è l'equilibrio.

*** Gio EVAN (Giovanni Giancaspro), 1988, scrittore e poeta, umorista, performer, cantautore, artista di strada, facebook, 16 luglio 2022, qui 


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mercoledì 17 agosto 2022

#MOSQUITO / A chi cresce servono adulti stabili (Alberto Pellai)

Per un adolescente, gli adulti rappresentano l’esempio vivente di ciò che lui diventerà. Per questo noi adulti abbiamo il compito (e anche la responsabilità educativa) di testimoniare la bellezza e la pienezza dell’adultità. 

Non vuol dire fingere di avere vite perfette. Bensì, l’esatto contrario. Significa essere consapevoli che la vita va rispettata, celebrata, abitata sapendo che spesso “accade” nel modo più imprevisto e faticoso. Ma ciò nonostante, che rappresenta la più grande occasione che abbiamo per evolverci e dare senso a ciò che siamo. 

Oggi l’adultità viene da molti vissuta come un tempo di eterna adolescenza. Si celebra il “ricominciamento” come un valore assoluto raccontandolo spesso come un mandare all’aria tutto ciò che c’era e c’è stato prima, per inventare un nuovo “se stesso” più soddisfacente e appagante. I social, in questo senso, diventano palcoscenici mai spenti su cui si mette in scena il proprio “giorno nuovo”. 

Fa bene questo a chi sta crescendo? Probabilmente no. 

Da sempre l’adultità è un tempo di “sana stabilità” in cui tutte quelle incertezze sperimentate da adolescente (non so chi sono né chi diventerò, ce la farò?, la vita ha un posto per me?) trovano il loro “posto nel mondo” in una versione stabile e consapevole di se stessi. Ora so chi sono, so cosa ci sto a fare nella mia vita: questo è essere adulti. Non vuol dire produrre una versione rigida di sé. 

Vuol dire semplicemente sapere chi si è, lavorando affinché la propria identità adulta coincida il più possibile con l’idea di chi si sarebbe voluti diventare. Più queste due dimensioni sono vicine e contigue tra loro, meno c’è bisogno di ricominciamenti. 

Oggi, troppe persone raccontano che nella loro adultità sono diventate diverse dalle persone che avrebbero voluto essere. Così smontano l’adulto che sono per inventarne un altro. E poi un altro ancora. E magari un altro ancora. La società liquida di cui parlava Baumann è fluida e senza certezze. E’ tutta un ricominciamento. 

Nessuno però afferma l’enorme valore della stabilità, che troppi oggi raccontano come grigiore, noia, routine. La persona stabile invece è spesso una persona consapevole e molto responsabile. Sa chi è. E ama stare lì, in quel posto esatto in cui ha imparato a collocarsi. Perché è lì che è riuscita a diventare esattamente la persona che voleva essere. Per cui non ha alcun bisogno di ricominciamento. 

Gli adolescenti oggi soffrono anche perché gli adulti sono troppo instabili. Sono così incerti su ciò che vorrebbero essere e desiderano, da non divenire più riferimenti stabili per chi cresce. Nessuno parla di quanto male faccia l’instabilità adulta a chi sta crescendo. Tutti celebrano il ricominciamento. A chi cresce non servono adulti ricomincianti. 

Servono adulti stabili.  Se pensi che possa essere utile, condividi questo messaggio con altri adulti. Riflettere sul bisogno di stabilità del mondo adulto può essere molto utile a chi appartiene alla comunità educante.

*** Alberto PELLAI, 1964, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano, saggista, A chi cresce servono adulti stabili, 'facebook,', 16 agosto 2022, qui

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lunedì 15 agosto 2022

#FAVOLE & RACCONTI / Bambini, bambine e il piccolo arciere (Massimo Ferrario)

(1) Evidentemente
La maestra chiede ai bambini di costruire una frase con l’avverbio ‘evidentemente’.
- Comincia tu, Leo. 
«Il nonno è andato a letto: evidentemente era stanco e aveva sonno.»
- Bravo!  Ora tocca a te, Emma. 
« Mia nonna è andata in bagno con il giornale anche se è  analfabeta.»
- E l’avverbio ‘evidentemente’?
- Stavo per dirlo, maestra. «Evidentemente era finita la carta igienica.»

* * *

(2) La confidenza
Chiara e Sara, ambedue di 6 anni, stanno chiacchierando intensamente, sedute sulla panchina del giardino condominiale.
Chiara confida all’amica:
- Pensa cosa mi è capitato ieri. Ero dalla zia Maria e sai cosa ho trovato in camera da letto? Un preservativo usato, una frusta per sadomasochisti, due manette, un vibratore vaginale e un nastro rosso per capelli.
Sara ascolta con attenzione: ma si vede che non riesce a trattenere la perplessità.
- Mi va bene tutto, Chiara. Ma scusa: cos’è un nastro per capelli?

* * *
(3) La freccia nel bosco
Il ragazzino al corso base di tiro con l’arco fa un bel respiro. Prende la mira e scocca la freccia. Ma la freccia sbaglia clamorosamente il bersaglio e finisce nel bosco.
Interviene l’istruttore.
- Capita: non ti abbattere. Adesso riprova. Ma prima va’ a recuperare la feccia.
L’allievo obbedisce e corre nel bosco.
Passano alcuni minuti. Il maestro sta per andare a cercarlo. 
Poi, eccolo: sta tornando a brandelli: ferite in  ogni parte del corpo.
L’istruttore si meraviglia.
 - Oh santo cielo, Marco. E che ti è successo?
Il ragazzino impreca e continua a  massaggiarsi braccia, gambe e petto. È un graffio unico.
- Quella stramaledetta freccia!
-  Era finita in un roveto?
- Peggio.
- Cioè?
- Si era conficcata in un orso.

*** Massimo FERRARIO, Bambini, bambine e il piccolo arciere, riscrittura di tre brevi barzellette pubblicate in diversi libri e siti web. 


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domenica 14 agosto 2022

#FAVOLE & RACCONTI / Leoni in piazza a Milano (Massimo Ferrario)

La donna ha un pacchetto di coriandoli in una mano. 
Con l’altra pesca nel pacchetto, tira fuori un pugno, lo apre e sparge coriandoli per tutta la piazza.

Un poliziotto la nota e si avvicina.
- Scusi, signora. Ma cosa sta facendo? Non vede che sta insozzando tutta piazza del Duomo? Non siamo mica a Carnevale.

La donna lo guarda e sorride.
- Lo so che non è carnevale.
- E allora, scusi, perché lo fa? Adesso la debbo multare.
- Mi multi pure. Ma io sto facendo un servizio pubblico: dovrei essere premiata.
- Un servizio pubblico?
- Certo. Spargendo i coriandoli tengo lontano i leoni.
- I leoni? A Milano? Ma sta scherzando! Non ci sono leoni a Milano.
- Infatti. Mi ringrazi: vede che i miei coriandoli funzionano?

*** Massimo FERRRIO, Leoni in piazza a Milano, riscrittura di un testo diffuso in siti web e pubblicato in libri di barezellette.



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sabato 13 agosto 2022

#FAVOLE & RACCONTI / Il topolino nel barattolo (Massimo Ferrario)

Il profumo era inconfondibile. 

In cucina non c’era nessuno: tutti via per il fine settimana. 

E sulla credenza un barattolo di formaggio grana grattugiato, per giunta con il coperchio dimenticato aperto, era una dolce attrazione cui nessun topo avrebbe saputo resistere.

Un piccolo salto e il paradiso era stato raggiunto: il topolino era riuscito a far cadere il piccolo coperchio e si era tuffato nel barattolo.
Subito aveva cominciato a divorare il formaggio, riempiendosi la bocca con una foga incontenibile e sminuzzando ogni bocconcino con i dentini che non si fermavano mai.

A fine giornata il topolino aveva la pancia piena e il livello di formaggio grattugiato nel vasetto era sceso di almeno un terzo. 

Cosa poteva chiedere di più alla vita? Finalmente aveva smesso di dare la caccia ad ogni briciola di possibile cibo curiosando in ogni angolo della casa: quando arrivava al termine della giornata, sfinito, e in più con la pancia quasi sempre vuota. Ora aveva raggiunto la felicità: la fortuna di aver trovato il barattolo non gli sembrava vera.

Trascorse il fine settimana: chi abitava la casa non era rientrato e il godimento per il topolino poteva proseguire, indisturbato. 

La sera del quarto giorno il topolino aveva divorato tutto il formaggio: il barattolo era vuoto e lui, finito sul fondo, si era addormentato, sazio e contento come mai era mai stato. 
Sognò uno, dieci, cento barattoli di formaggio e lui dentro che vi nuotava, coprendosi tutto il corpo di formaggio come fosse l’acqua del mare, e mangiava mangiava mangiava, fino a fare indigestione.

Quando si risvegliò, tutto il formaggio sognato non c’era più: al suo posto, solo il vuoto del barattolo. Lassù, in alto, lontanissimo da lui, il coperchio semiaperto faceva intravvedere il soffitto bianco della cucina. 
Mosse le zampette contro le pareti di vetro, in un impossibile tentativo di risalire il barattolo: fu in quel momento che si rese conto di essere finito in trappola.

Una prigione di vetro. 

Ora sarebbe stato nelle mani della padrona di casa: una volta rientrata, lei che odiava i topi, l’avrebbe gettato sicuramente nell’immondizia. 
Oppure poteva sperare nel buon cuore della sua bambina di cinque anni: lei invece amava gli animali, tanto che aveva convinto la mamma a comprarle un criceto, che passava la giornata a correre come un cretino sulla ruota in cambio di un po’ di cibo che ogni tanto si ricordavano di dargli. 
Forse anche stavolta la bambina sarebbe riuscita a persuadere la mamma. 
Oppure sarebbe riuscita a nasconderlo in cantina e, ogni tanto, quando non si fosse dimenticata, gli avrebbe gettato nel barattolo qualche cucchiaino di grana grattugiato. 

Certo il topolino capì che comunque la sua vita non gli sarebbe più appartenuta: era alla mercé degli altri. 

*** Massimo FERRARIO, Il topolino nel barattolo, libera riscrittura di un testo diffuso in rete. la cui fonte è dubbia: in alcuni casi compare di autore anonimo e in altri l’attribuzione è a Loredana Biffo, come in ‘Facebook’, 21 luglio 2021.


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#SGUARDI POIETICI / Siate gentili (Massimo Salvadori)

Siate gentili
anche senza un motivo
se tutto passa
siate un vento leggero
una presenza gentile.
Se tutto scorre
se poi forse ritorna
che possa tornare 
migliore.

*** Massimo SALVADORI, insegnante e poeta, facebook, 12 agosto 2022, qui

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venerdì 12 agosto 2022

#SGUARDI POIETICI / Beata ignoranza delle cose ferme (Rosaria Gasparro)

Beata ignoranza delle cose ferme
venute dal passato che non stanno 
ferme nel tempo di ora 
ferme nel tempo che verrà 
Sul penultimo gradino delle scale
il vaso è ancora intero
non sa di essere andato in frantumi
come il sentimento che lo portò qui
Cocci velenosi sono andati lontano
altri si sono conficcati nella parte molle dell'anima
dove s'incassano i colpi 
che affondano facili 
nella bocca aperta dello stomaco
altri ruotano nell'aria di tempesta
proprio nella testa 
e graffiano e feriscono 
Capita alle cose di restare intatte
mentre le persone fanno a pezzi
il buono che c'è e che non sanno più vedere 
mentre tagliano l'albero su cui sono cresciute
nel culto cieco di sé che spara calci all'ombra
e butta giù le stelle

*** Rosaria GASPARRO, maestrafacebook, 6 agosto 2022, qui


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giovedì 11 agosto 2022

#SGUARDI POIETICI / Allora il ciliegio dice (Chandra Livia Candiani)

 Allora il ciliegio dice:
«Non usare piú la ragione,
è cosí vecchia.
Lascialo cadere nei suoi frantumi
il vecchio cuore,
te ne daremo uno nuovo.
Sarà di lepre e di giaguaro
sarà farfalla e buco fondo
nell’asfalto, sotto il gravame
delle tappezzerie umane».
Allora vado col passo ginnasta
della fiducia, la fronte
verso terra.

*** Chandra Livia CANDIANI, poetessa, scrittrice, traduttrice,  da La domanda della sete, Einaudi, 2020


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mercoledì 10 agosto 2022

#SGUARDI POIETICI / La paura è mia alleata (Manuela Toto)

La paura è mia alleata.
Un tempo è stata nemica: 
non la volevo, la combattevo.
Oggi la faccio accomodare.
Parliamo.
A volte ha davvero ragione e la ringrazio.
Altre no.

*** Manuela TOTO, consulente familiare, psicoterapeuta, scrittrice, facebook, 6 agosto 2022, qui


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martedì 9 agosto 2022

#SPILLI / Basta. Oppure ancora (Massimo Ferrario)

Quando i media smetteranno di dare spazio quotidiano ai troppi politicanti campioni di bullismo, si creerà spazio per una politica meno tossica e meno perversamente personalistica. 
Non è una condizione sufficiente. 
Perché poi questo spazio andrà riempito. Da meno leader egoriferiti e da più leadership collettive. 
Ma è una condizione necessaria. 
Per far (ri)nascere qualcosa che assomigli a una Politica. 

Certo, oggi questa è un’utopia. 
Ma la sua realizzazione dipende anche dalla scelta etimologica. ‘Utopia’ infatti può significare ‘nessun luogo’ o ‘buon luogo’. 

Sta a noi scegliere. Senza ‘onnipotenza’, ma anche senza ‘impotenza’. Con la giusta ‘potenza’ che, nonostante tutto, ancora abbiamo: e che ci consentirebbe di ‘mandare affanculo (e mai espressione è più volgarmente azzeccata) tutto l’osceno ’politicantume’ che ci asfissia. E che sta uccidendo, irreparabilmente, una ‘demo-crazia’. 

Se invece ancora sceglieremo la cianfrusaglia di ceto pseudo-politico che da anni ci ammorba (cariatidi come Berlusconi, o giovani-vecchi che l’hanno applaudito per decenni, o leader inventati e inconsistenti alla Letta e dintorni, per non citare i bulli sempiterni che imperversano), poi non lamentiamoci. 

E se vorremo provare il brivido di un definitivo degrado civile e politico, votando la Meloni come nome mai provato in un ruolo di vertice, ma ‘vecchio’ e sperimentato quanto basta per non votarlo, in attesa peraltro della prossima ennesima sicura delusione (se non peggio), facciamolo. 

Vorrà dire che questo è il livello di ‘demo-crazia’ che noi, come ‘popolo di cittadini’, ci meritiamo. Perché il destino non è mai cinico e baro. E i cinici e bari, ma più spesso semplicemente imbecilli, siamo noi.

*** Massimo Ferrario, Basta. Oppure ancora, 'facebook,', 8 agosto 2022, qui


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lunedì 8 agosto 2022

#MOSQUITO / Elogio della sconfitta (Rosaria Gasparro)

Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.

In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…

A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.

«Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…», Pier Paolo Pasolini, 'Vie Nuove', 28 ottobre 1961

*** Rosaria GASPARRO, maestra elementare, 23 gennaio 2014, citata da Gianni Marconato, 'Comune-info.net', 7 novembre 2015, qui 
NB: Il testo qui sopra è stato attribuito a Pier Paolo Pasolini e tuttora gira in rete con questa attribuzione: ma di Pasolini è soltanto la citazione finale


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domenica 7 agosto 2022

#MOSQUITO / Non ci sarà riscossa materiale se prima non v'è rivolta morale (Errico Malatesta)

Diciamolo francamente: fascisti ve ne sono anche fuori del partito fascista in tutte le classi e in tutti i partiti: vi sono cioè dappertutto delle persone che pur non essendo fascisti, pur essendo antifascisti, hanno però l’animo fascista, lo stesso desiderio di sopraffazione. Ci accade, per esempio, d’incontrare uomini che si dicono e si credono rivoluzionari e magari anarchici, i quali per risolvere una qualsiasi questione affermano con fiero cipiglio che agiranno fascisticamente, senza rendersi forse conto che ciò significa insomma agire da camorrista e da poliziotto… Purtroppo è vero: si può agire, spesso si agisce fascisticamente senza aver bisogno d’iscriversi tra i fascisti; ma non sono certamente coloro che così agiscono quelli che potranno provocare la rivolta morale, il senso di schifo che ucciderà il fascismo… Non vi potrà essere riscossa materiale se prima non v’è rivolta morale.

*** Errico MALATESTA, 1853-1932, anarchico, saggista, da Davide Turcato (a cura), con un saggio di Paolo Finzi, Fronte Unico Proletario. Il biennio rosso, ‘Umanità Nova’ e il fascismo (1919-1923), Editore Zero in condotta, 2021


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sabato 6 agosto 2022

#FILASTROCCHE / Indifferenza e partecipazione (Germana Bruno)

L’indifferenza dell’odio è ancor peggiore,
vivere ha un senso se metti in moto il cuore,
se ai problemi degli altri prendi parte
e per risolverli impieghi la tua arte.
Non stare fuori a lasciar fare al mondo,
è da codardi guardare e non agire,
indifferente, vedendo andare a fondo,
per la paura che anche tu possa affogare.
Se non vedi, non senti, non parli di niente,
ti tieni distante da tutta la gente,
se pensi di essere già tu l’universo,
in un brutto luogo, ahimè, ti sei perso.
Con gli altri puoi trovare la giusta soluzione,
è questa la potenza della partecipazione.
Nella vita l’importante sta nel partecipare
e anche se non vinci hai fatto il tuo dovere, 
ma se ti lasci prendere dall’indifferenza,
sappi che così tu hai già perso in partenza.

*** Germana BRUNO, insegnante e scrittrice, Indifferenza e partecipazione, facebook, 31 luglio 2022, qui


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#PIN / Dopo la democrazia (MasFerrario)


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mercoledì 3 agosto 2022

#MOSQUITO / Anime libere? (Francesco De Sanctis)

Chiameremo noi forse uomini liberi quei contadini ignoranti delle province napoletane […] la cui anima non appartiene a loro? No, non sono uomini liberi costoro, la cui anima appartiene al confessore, al notaio, all’uomo di legge, al proprietario, a tutti quelli che hanno interesse di volgerli, di impadronirsene. Provvedere all’istruzione popolare sarà la mia prima cura. Noi saremo contenti quando l’ultimo degli italiani saprà leggere e scrivere.

*** Francesco DE SANCTIS, 1817-1883, scrittore, critico letterario, politico, Ministro della pubblica istruzione e filosofo italiano, discorso alla Camera, 13 aprile 1861

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martedì 2 agosto 2022

#MOSQUITO / Sicurezza come conformismo (Erich Fromm)

La nostra cultura tende a creare individui che non hanno più coraggio e non osano più vivere in modo eccitante e intenso. Veniamo educati ad aspirare alla sicurezza come unico scopo della vita. Ma possiamo ottenerla solo al prezzo di un completo conformismo, e di una completa apatia.

*** Erich FROMM,  1900-1980, psicoanalista e sociologo tedesco, I cosiddetti sani. La patologia della normalità, 1991, Mondadori, 1996


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#VIGNETTE / Scelte (coma Empirico)

COMA EMPIRICO
facebook, 1 agosto 2022

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lunedì 1 agosto 2022

#SGUARDI POIETICI / A chi sta attraversando (Andrew Faber)

A chi sta attraversando
il suo buio
dico soltanto di non mollare.
Ci siamo finiti tutti
in quel posto maledetto
dove il freddo ti morde le ossa
e il silenzio ti piove nel cuore. 

A chi sta attraversando 
il suo buio
dico soltanto di allontanarsi
da chi dice di darsi una mossa
di smettere di piangersi addosso. 
Quella gente vuole farvi del bene.
Ma non sa cosa dice.
Quella gente lí dove siamo finiti noi.
Non c’è mai arrivata. 

A chi sta attraversando
il suo buio
dico soltanto di avere coraggio.
Bisogna stringere i denti.
E aspettare che il sole riprenda a brillare.

A chi sta attraversando 
il suo buio
dico soltanto di credere 
nella poesia. 
Negli occhi di chi 
quella strada l’ha già ritrovata.
C’è un cielo 
di qua che vi aspetta
con un panorama di sogni
da togliere il fiato.

*** Andrew FABER, 1978, poeta, scrittore, 'facebook', 29 luglio 2022


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