sabato 29 febbraio 2020

#SPOT / C'è sempre un po' di verità

dalla rete, in molti siti, autore non individuato

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#QUADRI / The sick chicken (Winslow Homer)

Winslow HOMER, 1836-1910
pittore, illustratore, incisore statunitense
The sick chicken, 1874
via facebook, 25 febbraio 2020, qui

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#BREVITER / In sei giorni i cinesi (Fabrizio Bragagnolo)

Fabrizio BRAGAGNOLO
facebook, 28 febbraio 2020, qui

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#VIGNETTE / Non è una pandemia (Stefano Rolli)

Stefano ROLLI
'Il Secolo XIX', 29 febbraio 2020, qui

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#SGUARDI POIETICI / Ti ho sognata (Nâzim Hikmet)

Ti ho sognata
mi sei apparsa sopra i rami
passando vicino alla luna
tra una nuvola e l'altra
andavi, e io ti seguivo

ti fermavi e io mi fermavo,
mi fermavo, e tu ti fermavi,
mi guardavi e io ti guardavo
ti guardavo e tu mi guardavi
poi tutto è finito.

*** Nâzim HIKMET, 1901-1963, poeta, drammaturgo e scrittore turco naturalizzato polacco, Ti ho sognata, 1947, da Lettere dal carcere alla moglie Münevver, Mosca, 1959


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#VIDEO / Democrazia in retromarcia (Maria Serena Natale)


Democrazia in retromarcia
Maria Serena Natale 
CorriereTV, 19 febbraio 2020, qui
video, 4min56

La democrazia arretra. È la tendenza mondiale che emerge incrociando i dati di diversi rapporti che hanno aperto il 2020. Secondo il settimanale britannico «The Economist» il 2019 si è chiuso con il peggior risultato dall’inizio delle classificazioni nel 2006. 
L’organizzazione non governativa «Freedom House» registra per il tredicesimo anno consecutivo un’erosione dei diritti su scala globale, in controtendenza rispetto al movimento di liberazione culminato nella fine della Guerra fredda. 
A che punto siamo nel mondo e in Italia.
(dalla presentazione)

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#HUMOR / Vi ricordate quando il 31 dicembre...?

facebook, 27 febbraio 2020, qui

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#BREVITER / Verrà fuori che il paziente 0 di Wuhan (@Pheedeeryca)

@Pheedeeryca
facebook, 27 febbraio 2020, qui

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#VIGNETTE / L'amore al tempo del Covid19 (Giancarlo Covino)

Giancarlo COVINO
facebook, 26 febbraio 2020, qui

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venerdì 28 febbraio 2020

#ARTE / Mélancolie (Albert György)

Albert György, 1946
artista svizzero
Mélancolie, 2012
facebook, 27 febbraio 2020, qui

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#HUMOR / Virus, io comunque sono ottimista

facebook, 26 febbraio 2020, qui

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#SPOT / Siano benedette le persone strane (Jacob Nordby)

Jacob NORDBY, 1973
scrittore statunitense
"Siano benedette le persone strane, 
poeti, i disadattati, 
gli artisti, gli scrittori 
e i musicisti, 
i sognatori e e gli outsiders 
che ci spingono a guardare al mondo 
in maniera diversa"

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#VIGNETTE / No agli allarmismi (Emilio Giannelli)

Emilio GIANNELLI, 1936
'Corriere della Sera', 27 febbraio 2020

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#SGUARDI POIETICI / Subito si cuce questo niente da dire (Mariangela Gualtieri)

Subito si cuce questo niente da dire
ad una voce che batte. Vuole
palpitare ancora, forte, forte forte
dire sono - sono qui - e sentire che c'è
fra stella e ramo e piuma e pelo e mano
un unico danzare approfondito,
     e dialogo
di particelle mai sopite, mai morte
     mai finite.
Siamo questo traslare
     cambiare posto e nome.
Siamo un essere qui, perenne navigare
di sostanze da nome a nome. Siamo.


*** Mariangela GUALTIERI, 1951, poetessa e scrittrice, da Quando non morivo, Einaudi, Torino, 2019, citata in 'poesiainrete', 14 novembre 2010, qui

foto di Jonas Hafner

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#FAVOLE & RACCONTI / Le cene degli ex compagni di classe (Massimo Ferrario)

E' capitato a molti. Di essere raggiunti dalla telefonata del vecchio compagno di classe, preso dalla voglia nostalgica di organizzare un amarcord collettivo.
Prima fatichi a riconoscerlo e ricordarti di lui; poi, lui insiste, dandoti tutti gli elementi per andare indietro negli anni. Liceo classico, III A, soli maschi, quasi vent'anni fa.
E ti lasci convincere.
Ma sì, proviamo a incontrarci e vedere l'effetto che fa ritrovarsi a quarant'anni. E scoprire chi siamo diventati, cosa facciamo, quanto siamo cambiati.
Perché non cedere al fascino di un tuffo nel passato?

Così, il vecchio compagno di classe provvede a tutto. Si preoccupa lui di telefonare a ognuno. Ha ipotizzato ristorante, località, data: dà per scontato che gli impegni di lavoro possano essere un ostacolo per trovare la sera giusta, ma è paziente e pronto a negoziare.  
Dice che alla Trattoria del Lago si mangia bene e si spende poco. Ma ciò che soprattutto entusiasmerà gli ex compagni, lui ne è sicuro, è che al locale lavorano solo cameriere. Una più attraente dell'altra e con scollature mozzafiato. E a quarant'anni questo può essere un argomento ancora convincente.

Viene organizzata la cena. E l'esperienza è un grande successo. Tanto che la promessa è di rivedersi ogni dieci anni. 

Dieci anni dopo, quindi, quando tutti hanno 50 anni, solito giro di telefonate.
Dove andare?
La scelta è unanime: ancora alla Trattoria del Lago. Perché, ricordano, la cucina è eccellente e la scelta dei vini è ampia e di qualità. 

Accadrà lo stesso, quando compiranno prima 60, poi 70 e infine 80 anni.  
Certo, col tempo, il numero dei presenti si restringerà un po', ma rimarrà sempre un gruppetto nutrito di amici felici di ritrovarsi.

Ogni volta gli ex compagni di classe si chiedono quale ristorante scegliere. Ma nessuno ha dubbi: alla fine la scelta cade sempre sulla Trattoria del Lago.
A 60 anni perché il locale è tranquillo e ha una bellissima vista, soprattutto di sera con la luna che si specchia nelle acque.
A 70 anni perché il ristorante ha l'accesso ai disabili e c'è l'ascensore che porta alla sala panoramica.
E a 80 anni perché, ne sono tutti convinti, si tratta di un ristorante di cui qualcuno (ma non ricordano più chi) gli ha parlato bene e finora non ci sono mai stati. 

*** Massimo Ferrario, Le cene degli ex compagni di classe, per Mixtura - Riscrittura di una barzelletta famosa che circola in rete.


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#SENZA_TAGLI / Prova poco riuscita per le future emergenze dietro l'angolo (Enrico Galiano)

Grossi pezzi di ghiaccio si stanno staccando dall'Antartide.
Dove ci sono 20 gradi. In Antartide. 20 gradi.
Stanotte c'era una zanzara gigante in giro per casa. Al 27 di febbraio.

Scaffali vuoti nei supermercati, mascherine finite.
Amuchine come braccialetti Tiffany sugli store online.
“Non capisco tutto questo casino, è un'influenza, che sarà mai”.
Giornali che pur di vendere due copie in più scrivono a caratteri cubitali il numero dei malati e in corpo 2 quello dei guariti.
“Eh ma l'economia si ferma, non possiamo andare avanti così, tanto si ammalano solo i vecchi e quelli che sono già malmessi.”
Uomini politici che indossano mascherine, malati che non potrebbero uscire dalla zona rossa che se ne vanno indisturbati a casa in treno. Senza mascherina.
Ragazzi con gli occhi a mandorla picchiati perché hanno gli occhi a mandorla.
30 ore in aereo descritte come un'esperienza traumatica. Dopo anni – già, ormai anni – che migliaia di persone vivono la stessa cosa tutti i giorni e tutti i giorni si sentono dire di fare la pacchia in mare, di essere in crociera, tornate a casa vostra.

Metto insieme tutti questi pezzi del puzzle, e mi viene da dire solo una cosa: è solo una prova generale, questa, di emergenze molto più difficili che sono già dietro l'angolo.
E come prova non sta riuscendo per niente bene.

*** Enrico GALIANO, insegnante e scrittore, facebook, 27 febbraio 2020, qui


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#BREVITER / I cinesi guariti (Massimo Schiavo)

facebook, 27 febbraio 2020, qui

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#VIGNETTE / Scopiamo? (Chiara Rapaccini)

Chiara RAPACCINI, 1954
artista e scrittrice
facebook, 27 febbraio 2020, qui

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giovedì 27 febbraio 2020

#HUMOR / L'amore, disse la nonna... (Stefano Benni)

Stefano BENNI, 1947
giornalista, scrittore, 
facebook, 10 febbraio 2020, qui

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#SPOT / I am a piece of paper

"Sono solo un pezzo di carta
ma controllo la vostra vita intera"
dalla rete

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#ILLUSIONI_OTTICHE / Spiderman (Olly Moss)

Olly MOSS, 1987
artista britannico

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#VIGNETTE / Ma i buoi sono scappati (Natangelo)

NATANGELO, 1985
'il Fatto Quotidiano', 27 febbraio 2020, via facebook, qui


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#SGUARDI POIETICI / Il fuoco (Lara Ricci)

E ora che ti osservo
mi alzo infine.
Cammino con te
che nessuno ha mai ferito.
Andiamo tra loro,
io so riconoscerli.
Ti insegnerò ad accendere
il fuoco.

*** Lara RICCI, 1976, giornalista italocanadese, poetessa, Il fuoco, 'Poesia', n. 356, febbraio 2020


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#SPILLI / Covid19 e i proverbi della nonna (Massimo Ferrario)

Ora viviamo sulla nostra pelle la stigmatizzazione, più o meno razzista, che fino a ieri abbiamo fatto vivere, brutalmente, a chiunque non avesse la nostra pelle.

La nonna, anziché parlare di 'santa nemesi' e 'giusto contrappasso' (due espressioni quanto mai appropriate, in questo caso, ma che non stavano certo nel suo vocabolario più usato), avrebbe detto, più prosaicamente, ma in modo azzeccatissimo, che 'chi la fa l’aspetti'.

Purtroppo non ci sono molte ragioni per nutrire anche deboli speranze, sapendo che come specie siamo chi siamo, ma se il virus, per misteriosa e sottile eterogenesi dei fini, riuscisse a insegnare qualcosa di umano a umani sempre più inumani, la stessa la nonna potrebbe aggiungere che non tutti i 'mali vengono per nuocere'.

E il Grande Uomo Padrone del Mondo si troverebbe a dover dire grazie, per avere avuto qualche dritta su come '(con)vivere' sul Pianeta, a un microrganismo a-cellulare, per natura parassita, ovviamente impercettibile a occhi nudi, considerate le sue dimensioni di pochi nanometri  di diametro (miliardesimi di metro), e visibile solo con un potente microscopio elettronico (neppure ottico). 

Chi ha detto che il piccolo, in quanto piccolo, 'può' fare poco? 
Talvolta basta fare quel che si è.


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#HUMOR / Approdato in Africa il primo gommone...

dalla rete

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#SCRITTE / Covid19 e l'ascensore

facebook, 24 febbraio 2020, qui

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#MOSQUITO / Ragazzi miei, eccedete in gentilezza (George Saunders)

Ciò che rimpiango di più nella mia vita è aver mancato di essere gentile. Mi riferisco a quei momenti in cui davanti a me c' era un altro essere umano, addolorato, e io ho reagito... razionalmente. In modo riservato. O con un certo distacco. (...) 

Ed eccovi dunque un consiglio veloce: dato che secondo la mia opinione la vostra vita sarà un viaggio che vi porterà ad essere più gentili e più amorevoli, sbrigatevi. Fate presto. Iniziate subito. In ciascuno di noi c' è un equivoco di fondo, un vero malessere in verità. Si tratta dell' egoismo. Ma la cura esiste. Siate quindi i pazienti di voi stessi, gentili, pieni d' iniziativa. Cercate le medicine più efficaci contro l' egoismo, cercatele con tutte le vostre energie, per tutto il resto della vostra vita. Fate tutte le altre cose, quelle ambiziose - viaggiare, diventare ricchi, acquistare fama, essere innovativi, essere leader, innamorarsi, fare fortuna e perderla, nuotare nudi nei fiumi in mezzo alla giungla (dopo aver controllato che non ci siano in giro scimmie che fanno la cacca) - ma qualsiasi cosa farete, nella misura del possibile, eccedete in gentilezza.

*** George SAUNDERS, 1958, scrittore e saggista statunitense, Ragazzi miei, siate affamati ma senza perdere la gentilezza, discorso agli studenti della Syracuse University, 2013, 'la Repubblica', 14 dicembre 2013, traduzione di Anna Bissanti, qui

will_ita, instagram, 17 febbraio 2020, qui

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#VIGNETTE / No, tu vieni l'anno prossimo (Stefano Rolli)

Stefano ROLLI
facebook, 26 febbraio 2020, qui

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mercoledì 26 febbraio 2020

#HUMOR / Non vi dico il sollievo

via whatsapp

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#VIDEO / CoronaVirus, i consigli di Nonna (Casa Surace)


I consigli di nonna sul coronavisrus
Casa Surace, 25 febbraio 2020
video, 3min28
Scherzando... Ma mica tanto... (mf)

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#HUMOR / In mancanza di mascherine c'è chi approfitta

dalla rete

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#VIGNETTE / Covid19, signora, per favore, ci segua (Natangelo)

NATANGELO, 1985
'il Fatto Quotidiano', 25 febbraio 2020, via facebook qui

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#SGUARDI POIETICI / Alla povera mia fragilità (Marina Cvetaeva)

Alla povera mia fragilità
tu guardi senza dire una parola.
Tu sei di marmo, ma io canto,
tu - statua, ma io - volo.

So bene che una dolce primavera
agli occhi dell’Eterno - è un niente.
Ma sono un uccello, non te la prendere
se è leggera la legge che mi governa.

*** Marina CVETAEVA, da Scusate l’amore. Poesie 1915-1925, Passigli, 2013, Traduzione di Marilena Rea, in 'il canto delle sirene', 4 gennaio 2015, qui


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#INEDITI / A ognuno secondo i suoi meriti? (Ezio Nardini)

Un quadro generale
Recentemente, sul 'Corriere della Sera' è uscito un bell’articolo di Stefano Zamagni sulla meritocrazia (Il Merito? E’ frutto di talento e di impegno profuso, 4 febbraio 2020). Altri contributi interessanti sul tema sono quelli di Luigino Bruni (La meritocrazia e i suoi limiti, 'Corriere buone notizie', 19/12/2019) e Aldo Schiavone, Eguaglianza, una nuova visione sul filo della storia, Einaudi 2019).

Vorrei fare qualche considerazione sui temi sollevati, e partirei da una frase di Marx
"Da ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!" (K. Marx, Critica del programma di Gotha). Una frase, quella di Marx, che scalda il cuore e ispira alti ideali!
Ben diversa quella di Smith: “Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del panettiere che ci aspettiamo la nostra cena, ma dalla loro considerazione del loro stesso interesse.” Questa non scalda il cuore. Anzi, se penso a quel macellaio, lo immagino gretto, di cultura ristretta e privo di slanci ideali: una persona, per i miei gusti, assai poco attraente. Ma se il cuore sceglie di slancio la frase di Marx, la ragione, però, non può sottacere il neo che in quella pur nobile frase si cela: il sistema, basato su quei principi, non funziona!

Non funziona perché viene a mancare quella mano invisibile (il sistema dei prezzi) che connette la domanda (bisogni) con l’offerta e consente allocazioni delle risorse (quasi) (1) efficienti, e manca altresì la molla che stimola i concorrenti all’impegno e all’innovazione. Benché mossa prevalentemente da interessi gretti (2), la molla in questione svolge egregiamente un ruolo sociale nel promuovere gli operatori più efficienti, nel rimuovere quelli inefficienti e nel produrre, quindi, nuova ricchezza da ripartire; è il motore dell’economia. (3)
È opportuno però non caricare la vittoria nel mercato di significati impropri, per esempio pensando che il sistema premi il merito. Il successo sul mercato può derivare infatti da un insieme di fattori che possono generare svariate combinazioni. Ne schematizzo alcuni.


Le componenti, come si vede, sono molte (4) e il merito è solo una tra le tante (la casellina in nero) e, nella combinazione vincente, il merito potrebbe anche essere del tutto secondario se non, addirittura, assente! 
Il successo di mercato poi, come la selezione naturale, premia il breve termine: se un operatore ha progetti anche straordinari ma non supera il test di breve termine, sparisce e non potremo mai godere dei benefici del suo grande progetto. (5)

Insomma, un sistema molto imperfetto …. che però ha i suoi pregi:
•   Premiando il successo sul mercato, gratifica con una fetta più grossa chi risulta (comunque, merito o non merito) aver contribuito di più a far crescere la torta, e questo è assolutamente sensato.
•   Funziona senza bisogno di qualcuno che tiri le fila, risolva equazioni o impartisca istruzioni.
•   Stimola l’impegno e aguzza l’ingegno
•   Elimina le imprese incapaci (quelle che non aggiungono valore o, addirittura, lo sottraggono)
•   Non guarda in faccia a nessuno: non fa preferenze.
•   Non ha bisogno di nessuno che stabilisca quali sono i bisogni delle persone (non serve quindi il “piccolo padre” di staliniana memoria). Anche qui, lo fa in modo grossolano (6), ma comunque meglio di qualunque altro sistema a me noto.

Però, sia chiaro, non valuta il merito: quello vero, non lo coglieremo mai (7) perché il mercato, per sua natura, non lo può cogliere. E del resto non è nemmeno sbagliato che il mercato premi il successo del prodotto e non il merito di chi lo produce. Un impegno, anche profuso allo spasimo, che però non si sostanzia in un prodotto di successo, non crea valore e non può ricevere premi se non a scapito di chi il valore, magari con meno merito, lo ha però comunque prodotto. 

Facciamo, in proposito, un piccolo esperimento mentale. Immaginiamo che in un paese ci siano solo due ortolani. Il primo lavora alacremente, è mosso da grandi ideali (verdura fresca per la salute dei clienti e dell’umanità) ed è persona di nobili sentimenti che devolve parte dei suoi ricavi ad opere umanitarie ma, per una serie di ragioni (eventi atmosferici imprevedibili, parassiti, orto posizionato male) ha dell’insalata pessima, stenta, giallastra e tutta bucherellata, mentre l’altro, di grette ambizioni, poco amante della fatica e dedito alla crapula, non avendo subito l’aggressione di parassiti, avendo goduto di eventi atmosferici molto favorevoli e avendo ereditato un orto solatìo e ferace, ha un’insalata bella, rigogliosa e di un verde smagliante.

Voi, anche dopo aver letto gli scritti citati in apertura, da chi comprereste l’insalata? 
Io immagino che, pur riservando lodi e apprezzamenti al primo, comprereste l’insalata dal secondo; se è così, questo sistema lo state sostenendo voi che pure, dopo aver letto quegli articoli, avete iniziato a considerarlo piuttosto deprecabile (8). Voi, così, senza pensarci, istintivamente, comprando una piantina d’insalata, avete scelto il sistema capitalista. Ma non sentitevi in colpa: credo abbiate fatto un’ottima scelta. Ricordo in proposito l’arguto motto di Churchill "Il vizio del capitalismo è la divisione ineguale della ricchezza; la virtù del socialismo è l'uguale condivisione della miseria".

Certo, e in questo concordo appieno con Bruni e Zamagni, è improprio parlare di merito per quell’ortolano. Se il successo sul mercato lo definiamo merito, sbagliamo e questo sbaglio può comportare conseguenze ideologiche mistificanti (9), come, ad esempio, cito la più grave, l’idea che” i ricchi sono meritevoli e i poveri sono colpevoli” venendosi così a formare la convinzione che “l’aumento indecente delle ingiustizie sociali … sono qualcosa di connaturato alla condizione umana… un male necessario per consentire di progredire” (10); conseguenza pratica: il Welfare? Un’ingiustizia nei confronti dei meritevoli!!!

Un problema di lungo termine
L’approssimazione migliore (fatti i distinguo di cui sopra) a una distribuzione del reddito che tenga conto in qualche modo anche del merito, è la concorrenza pura e perfetta. Si tratta però di un concetto ideale, ben diverso dalla realtà vera, nella quale monopoli, monopsoni, oligopoli, concorrenze monopolistiche, aziende sostenute dallo stato (con i soldi, quindi dei contribuenti (11))  intervengono a complicare il quadro e ad allontanarlo ulteriormente dal “premio al merito” di cui si parlava. 

Ma qui stiamo ancora parlando di breve termine; guardiamo invece al lungo.
Qui si affaccia un problema gravissimo: la concorrenza può uccidere la concorrenza. Ad ogni passaggio nel meccanismo del mercato chi è stato premiato riparte un metro più avanti degli altri (12). Questo piccolo vantaggio, in un mondo globalizzato e a forte tecnologia digitale come il nostro (13), può accumularsi creando progressivamente un gap difficile da colmare: il successo tende a generare successo. La concorrenza, quindi, potrebbe uccidere se stessa: si potrebbero creare divari economici immensi (che è quello che sta avvenendo), potrebbe franare la classe media e queste differenze di potere finirebbero per generare non solo la fine della concorrenza ma, addirittura, la crisi della democrazia.
Cito Zamagni: “nell’accettazione acritica della meritocrazia è lo scivolamento – come Aristotele aveva chiaramente intravisto – verso forme più o meno velate di tecnocrazia oli-garchica”.
Continua Zamagni: “è certo giusto che chi merita di più ottenga di più. Ma non tanto di più da porlo in grado di influenzare le regole del gioco”. 

Cosa fare allora?
Io penso che il meccanismo concorrenziale vada preservato, per lo meno finché non se ne trovi uno migliore (che però finora, su un arco di migliaia di anni, non è stato trovato). Bisogna preservarlo dalle minacce esterne e, soprattutto, preservarlo dalle sue tendenze autodistruttive.
In quest’ottica credo che una politica economica orientata (coi limiti detti) al merito dovrebbe articolarsi su alcuni capisaldi (14):
1.   Tassazione progressiva su redditi/profitti (e con una base dati efficace!); altro che flat tax!
2.  Tassazione progressiva sulle successioni (già gli economisti classici (tra questi, mi pare J. S. Mill) sostenevano questa misura per preservare omogeneità di basi di partenza).
3. Politica antimonopolistica e norme (e controlli) stringenti per la conservazione della concorrenza. 
4.   Stroncare l’economia del malaffare, che fra tutti i fattori distorsivi è, a mio avviso, il peggiore.
5.   Lasciar fallire le aziende decotte (l’agonia prolungata di Alitalia (a nostre spese) mette i brividi)
6.   Semplificare la burocrazia per facilitare entrate e uscite dal mercato (il fallimento, (quando non presenta dolo) in un sistema in concorrenza, succede ed ha, giustamente, le sue conseguenze; ma non deve essere un marchio infamante che impedisca a chi ha fallito di ricominciare).
7.  Creare efficienza delle infrastrutture per mettere le imprese e il mercato nelle condizioni di funzionamento migliori.
8.   Combattere la povertà, creando un livello minimo di reddito di cittadinanza (15) in modo che chi viene espulso dal mercato, o per demerito o per sfortuna o altro, abbia una rete di protezione  (16) che gli consenta la ripresa. 
9.    Favorire la riqualificazione/flessibilità professionale.
E, infine, lasciar fare al mercato che non sarà capace di gestire perfettamente la giustizia sociale ma, tra tutti i meccanismi che mi possono tornare alla mente, mi pare quello che ci si avvicina di più.

Il merito nelle organizzazioni
Parlando di merito, un tema spesso citato è anche quello della meritocrazia in azienda.
Ne parla anche Bruni quando parla della Business Community e dice: “lì i meriti erano quantificabili, misurabili, ordinabili in una scala, in modo che a ciascuno andasse il suo, né più né meno”.  
È opinione corrente, ma sbagliata. 
Che nei convegni la Business Community, con toni trionfalistici, affermi questo, è vero, ma che nei fatti questo avvenga è ben lontano dalla realtà.
E opinione corrente è anche che la pubblica amministrazione dovrebbe copiare dalle aziende private le metodologie per la gestione del merito. E qualcosa, in questo senso, è anche stato fatto (ministro il prof. Brunetta), introducendo una sorta di Management By Objectives (MBO) nella pubblica amministrazione. Risultato: un bagno di sangue!!!

Ad evitare equivoci specificherò subito che il MBO, così come è stato interpretato nelle aziende italiane (e non solo) (17), è un pessimo sistema che con il premio al merito ha solo vaghe assonanze; un sistema che però, alle solite, è pur meglio delle routine burocratiche tradizionali (premio all’anzianità) o delle pratiche pseudofeudali (ti premio perché sei membro fedele della mia cordata!) che ancor oggi si trovano in qualche azienda. 
È comunque un sistema assolutamente imperfetto che può sostenersi solo nelle aziende private perché, se il Top Management ci crede, mette in gioco soldi privati e quindi, le persone, anche se ritengono che il meccanismo sia sbagliato e i soldi, quindi, mal spesi, non hanno scuse per non allinearsi. Se però un meccanismo così approssimativo lo inseriamo in un’organizzazione pubblica, dove i soldi investiti nel MBO sono pubblici, le reazioni di rigetto (in larga parte giustificate) sono tali e tante da creare grossi imbarazzi al management o da produrre (per quieto vivere) mostri organizzativi, come quando, pochi giorni dopo l’alluvione di Genova, due dirigenti del servizio idrogeologico genovese hanno ricevuto premi per aver raggiunto i loro obiettivi (ci sarebbe da ridere ma, visto il contesto, non è il caso).

Questo per dire che, anche nelle aziende, l’aspirazione a un sistema che premi i meriti c’è, ma anche lì, nel piccolo, siamo comunque ben lontani dall’ottenere una metodologia soddisfacente. 
Non posso, per ragioni di spazio, dilungarmi oltre, ma non resisto al gusto di citare, nel mio piccolo, un mio contributo in materia: “MBO, tragedia semiseria in due puntate”, pubblicato su 'Direzione del personale', settembre 2010 (18).

Per concludere 
Dice Aldo Schiavone “il capitale, come il mercato, non è una forma né naturale né eterna …quando non sarà più in grado di padroneggiare la potenza produttiva e trasformatrice che esso stesso ha mobilitato ed espresso, diventerà un modo obsoleto di organizzare la creazione di ricchezza e la sua distribuzione”.
Sono del tutto d’accordo (19) ma, da un lato, dichiaro (a titolo puramente personale) di esser ben lieto di vivere in un tempo in cui è il mercato in concorrenza (sia pur non perfetta) ad orchestrare il sistema economico e nel quale, quindi, non ci sono né servi della gleba né nobili feudatari come in passato. 
Quanto al futuro, non so cosa attendermi. Il mercato, oggi, in qualche modo, senza riuscirci troppo bene, cerca comunque di combinare l’uguaglianza con la libertà, ma per il futuro, che dire? Temo possano prospettarsi sistemi che, il problema di combinare i due opposti, lo risolveranno alla radice: niente uguaglianza e niente libertà! Solo tanta efficienza. Auguri ai posteri!!!

*** Ezio NARDINI, consulente, A ognuno secondo i suoi meriti?, inedito, per Mixtura. 

Note: (1) 'Quasi' perché la concorrenza pura e perfetta si trova solo sui testi di scuola. - (2) Non sempre; si pensi a Adriano Olivetti o a Konosuke Matsushita. - (3) Che, come tutti i motori, presenta un difetto: inquina! Ma qui si aprono spazi per altri dibattiti. - (4) Ho tralasciato la componente malaffare, per non aprire nuovi ed impegnativi capitoli, ma è evidente che può esserci e può giocare un ruolo rilevantissimo. (5) A.C. Pigou, in The economics of welfare, parla di sistema privo di “facoltà telescopica”. - (6) Conta solo la domanda effettiva, quella che può essere pagata, non quella potenziale; non tiene conto, inoltre delle manipolazioni che possono orientare la domanda. - (7) 'Mai' è parola grossa. Non è da escludere che in futuro, con individui connessi tramite elettrodi a sistemi che misurano onde cerebrali e quant’altro, l’impegno e la dedizione possano essere misurati. Ma poi, è questo quello che serve davvero? - (8) Il che ci dice che il sistema ha radici solide e profonde. - (9) Le parole sono importanti! - (10) Stefano Zamagni, 'Corriere della Sera', 4 febbraio 2020. - (11) E anche l’economia del malaffare da il suo notevole contributo a distorcere il mercato con i suoi ingenti vantaggi competitivi. - (12) Per tante ragioni. Ha più capitale, ha accumulato competenze, ha creato relazioni …. - (13) Ricordo sempre la cosa che più mi ha colpito dell’economia digitale: i costi marginali sono decrescenti e, quindi, vi è assenza di limiti dimensionali; la globalizzazione fa il resto. Un mercato, quindi, nel quale uno vince e tutti gli altri perdono. - (14) Mi è ben chiaro che il passaggio da un mondo idealizzato al mondo reale, non è semplice e che alcuni principi che qui descrivo, potranno, nelle applicazioni concrete, trovare grosse difficoltà di applicazione. Basti pensare che, in un mondo globale, non sono del tutto libero di orientare la mia politica fiscale prescindendo da quello che fanno altri paesi. Io qui non voglio dare ricette pronte per l’uso, ma semplicemente descrivere una bussola utile per orientare la politica economica. - (15) Meglio sarebbe,  a mio avviso, usare forme di tassazione negativa. E comunque, mi astengo dal giudizio sul reddito di cittadinanza realizzato qui da noi. - (16) Su questo, tengo a specificare, la misura deve essere a sostegno della vita e non dello stile di vita! Quindi: salario di sopravvivenza e uguale per tutti. - (17) Un’applicazione che è ben diversa da quella ideata da Peter Druker e George Odiorne nel 1954. - (18) Le tesi, fortemente critiche nei confronti del MBO, da me sostenute nell’articolo citato, frutto di esperienze sia come lavoratore dipendente e sia come consulente, hanno trovato autorevoli punti di sostegno nella letteratura internazionale. Cito in proposito Daniel Pink, Drive, Riverhead books,2009 e  A.V. “Goals gone wild: the systematic side effects of over-prescribing goal setting”, Harvard business school 2009. - (19 La pensavano così anche gli economisti classici (per esempio, Davide Ricardo e John Stuart Mill) e l’opinione, sia pur per ragioni diverse, era condivisa anche da John Maynard Keynes.


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#SENZA_TAGLI / Lettera agli studenti (Domenico Squillace)

"La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c'era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…”

Le parole appena citate sono quelle che aprono il capitolo 31 dei Promessi sposi, capitolo che insieme al successivo è interamente dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. Si tratta di un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere con attenzione, specie in questi giorni così confusi. Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria…. In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi.

Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare - con le dovute precauzioni - a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo - se state bene - di restare chiusi in casa. Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero.

Vi aspetto presto a scuola.

*** Domenico SQUILLACE, preside Liceo Scientifico Volta Milano, Agli studenti del Volta, Milano, 'liceovolta.it', 25 febbraio 2020, qui

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#BREVITER / Covid19, tu che (Anna Mallamo)

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#VIGNETTE / In farmacia le mascherine erano finite (Giancarlo Covino)

Giancarlo COVINO
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martedì 25 febbraio 2020

#SENZA_TAGLI / Codogno, 3 consigli a una persona in quarantena (Enrico Finzi)

Sono stato, poco tempo fa, a Codogno, che non conoscevo: bella cittadina, splendida villa in città, evento di successo, cena elegante.

Da lì, isolato in casa come tutti i suoi concittadini, mi ha chiamato uno di coloro che erano stati presenti all’incontro e mi ha chiesto come affrontare la situazione.

Degli aspetti igienico-sanitari non ho detto nulla, per incompetenza (ho evitato l’espressione “me ne lavo le mani”…). Circa la questioni esistenziali gli ho dato tre consigli. Eccoli.

1) Non parli del coronavirus, per evitare la pandemia delle chiacchiere ignoranti, che è il vero rischio nel mondo d’oggi.

2) Recuperi il tempo perduto: chiacchieri con i figli, con i quali so che ha qualche problema, non per educarli ma per ascoltarli; metta a posto la soffitta e – con essa – testimonianze e ricordi da gustare e in parte poi gettare via; faccia l’amore senza fretta (la bella moglie lamentava l’esser sempre via del marito).

3) Immagini almeno 5 ‘no’ da dire nel prossimo futuro, per iniziare a uscire da quello che con me ha chiamato “il meccanismo che mi stritola”.

Forse 14 giorni di domiciliazione coatta saranno insufficienti. Ma è importante invertire certi trend, riappropriarsi di sé stessi e delle relazioni con gli altri, introdurre gradualmente micro-cambiamenti che poi tendono ad auto-alimentarsi.

Magari la nuova peste che viene dalla Cina porterà dei benefici, come è capitato a noi italiani col Decamerone di Boccaccio, figlio della fuga in villa di baldi giovani che scappavano dalla (vera) pandemia della metà del Trecento.

*** Enrico FINZI, sociologo, fondatore e direttore di 'Sòno Human Tuning', Codogno, blog 'Sòno', 25 febbraio 2020, qui


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#HUMOR / Covid19, qui a Milano stiamo esagerando

facebook, 24 febbraio 2020, qui

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#BREVITER / Quando il virus ti prende in parola

via whatsapp

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#SPOT / Coronavirus, 10 comportamenti da seguire

dalla rete
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#VIGNETTE / La ristrettezza mentale (Eugenio Saint Pierre)

Eugenio SAINT PIERRE, 1939
facebook, 23 febbraio 2020, qui

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#SGUARDI POIETICI / Poesia senza fine (Yehuda Amichai)

Nel nuovo museo
c'è una vecchia sinagoga.
Nella sinagoga
ci sono io.
Dentro il mio cuore
un museo.
Dentro il  museo
una sinagoga,
in lei
me,
in me
il mio cuore,
nel mio cuore
un museo.

*** Yehuda AMICHAI, 1924-200, scrittore e poeta israeliano, Poesia senza fine, traduzione di Ipazia, in 'ottantanovenuvolepiùuna', 16 ottobre 2019, qui

Testo originale (Poem without an end)
Inside the brand-new museum
there's an old synagogue.
Inside the synagogue
is me.
Inside my heart
a museum.
Inside the museum
a synagogue,
inside it
me,
inside me
my heart,
inside my heart
a museum.

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#BREVITER / Un carrello con 54 litri d'acqua (mf)

MasFerrario, facebook, 24 febbraio 2020, qui

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