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martedì 14 giugno 2022

#MOSQUITO / Grandezza e piccolezza (Giacomo Leopardi)

Niuna cosa maggiormente dimostra la grandezza e la potenza dell'umano intelletto, né l'altezza e nobiltà dell'uomo, che il poter l'uomo conoscere e interamente comprendere e fortemente sentire la sua piccolezza. Quando egli, considerando la pluralità dei mondi, si sente essere infinitesima parte di un globo ch'è minima parte d'uno degl'infiniti sistemi che compongono il mondo, e in questa considerazione stupisce della sua piccolezza, e profondamente sentendola e intentamente riguardandola, si confonde quasi col nulla, e perde quasi se stesso nel pensiero dell'immensità delle cose, e si trova come smarrito nella vastità incomprensibile dell'esistenza; allora con questo atto e con questo pensiero, egli dà la maggior prova possibile della sua nobiltà, della forza e dell'immensa capacità della sua mente, la quale, rinchiusa in sì piccolo e menomo essere, è potuta pervenire a conoscere e intender cose tanto superiori alla natura di lui, e può abbracciare e contenere col pensiero questa immensità medesima della esistenza e delle cose.

*** Giacomo LEOPARDI1798-1837, filosofo e poeta, Zibaldone di pensieri, 1817-1832, 3171, Einaudi, Torino 1977, p. 580, citato in Chandra Candiani, Questo immenso non sapere. Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano, Einaudi, 2022


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sabato 24 luglio 2021

#MOSQUITO / Io ho la fortuna di parere un coglione (Giacomo Leopardi)

Io ho la fortuna di parere un coglione a tutti quelli che mi trattano giornalmente, e credono ch'io del mondo e degli uomini non conosca altro che il colore, e non sappia quello che fo, ma mi lasci condurre dalle persone ch'essi dicono, senza capire dove mi menano. Perciò stimano di dovermi illuminare e sorvegliare. E quanto alla illuminazione, li ringrazio cordialmente; quanto alla sorveglianza, li posso accertare che cavano acqua col crivello.

*** Giacomo LEOPARDI,  Io ho la fortuna di apparire un coglione, da Lettera a Pietro Brighenti, 1827, in 'libriantichionline.com', qui


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martedì 13 luglio 2021

#MOSQUITO / L'egoismo peste della società (Giacomo Leopardi)

L'egoismo è sempre stata la peste della società, e quanto è stato maggiore, tanto peggiore è stata la condizione della società; e quindi tanto peggiori essenzialmente quelle istituzioni che maggiormente lo favoriscono o direttamente o indirettamente, come fa soprattutto il dispotismo. (Sotto il quale stato la Francia era divenuta la patria del più pestifero egoismo, mitigato assai dalla rivoluzione, non ostante gl'immensi suoi danni, come è stato osservato da tutti i filosofi.)
 
L'egoismo è inseparabile dall'uomo, cioè l'amor proprio, ma per egoismo, s'intende più propriamente un amor proprio mal diretto, male impiegato, rivolto ai propri vantaggi reali, e non a quelli che derivano dall'eroismo, dai sacrifizi, dalle virtù, dall'onore, dall'amicizia ec. Quando dunque questo egoismo è giunto al colmo, per intensità, e per universalità; e quando a motivo e dell'intensità, e massime dell'universalità si è levata la maschera (la quale non serve più a nasconderlo, perchè troppo vivo, e perché tutti sono animati dallo stesso sentimento), allora la natura del commercio sociale (sia relativo alla conversazione, sia generalmente alla vita) cangia quasi intieramente.

Perché ciascuno pensando per se (tanto per sua propria inclinazione, quanto perché nessun altro vi pensa più, e perché il bene di ciascheduno è confidato a lui solo), si superano tutti i riguardi, l'uno toglie la preda dalla bocca e dalle unghie dell'altro; gl'individui di quella che si chiama società, sono ciascuno in guerra più o meno aperta, con ciascun altro, e con tutti insieme; il più forte sotto qualunque riguardo, la vince; il cedere agli altri qualsivoglia cosa, o per creanza, o per virtù, onore ecc. è inutile, dannoso e pazzo, perché gli altri non ti son grati, non ti rendono nulla, e di quanto tu cedi loro, o di quella minore resistenza che opponi loro, profittano in loro vantaggio solamente, e quindi in danno tuo.

*** Giacomo LEOPARDI, 1798-1837, filosofo e poeta, Zibaldone, 1817-1832 (stampato postumo), segnalato in 'libriantichionline.com', qui


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sabato 14 settembre 2019

venerdì 24 marzo 2017

#MOSQUITO / Apparire ciò che non siamo (Giacomo Leopardi)

Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ciò che non sono. Il povero, l’ignorante, il rustico, il malato, il vecchio, non sono mai ridicoli mentre si contentano di parer tali, e si tengono nei limiti voluti da queste loro qualità, ma sì bene quando il vecchio vuol parer giovane, il malato sano, il povero ricco, l’ignorante vuol fare dell’istruito, il rustico del cittadino. Gli stessi difetti corporali, per gravi che fossero, non desterebbero che un riso passeggero, se l’uomo non si sforzasse di nasconderli, cioè non volesse parere di non averli, che è come dire diverso da quel ch’egli è. Chi osserverà bene, vedrà che i nostri difetti o svantaggi non sono ridicoli essi, ma lo studio che noi ponghiamo per occultarli, e il voler fare come se non gli avessimo. 

Quelli che per farsi più amabili affettano un carattere morale diverso dal proprio, errano di gran lunga. Lo sforzo che dopo breve tempo non è possibile a sostenere, che non divenga palese, e l’opposizione del carattere finto al vero, il quale da indi innanzi traspare di continuo, rendono la persona molto più disamabile e più spiacevole ch’ella non sarebbe dimostrando francamente e costantemente l’esser suo. Qualunque carattere più infelice, ha qualche parte non brutta, la quale, per esser vera, mettendola fuori opportunamente, piacerà molto più, che ogni più bella qualità falsa. 

E generalmente, il voler essere ciò che non siamo, guasta ogni cosa al mondo: e non per altra causa riesce insopportabile una quantità di persone, che sarebbero amabilissime solo che si contentassero dell’esser loro. Né persone solamente, ma compagnie, anzi popolazioni intere: ed io conosco diverse città di provincia colte e floride, che sarebbero luoghi assai grati ad abitarvi, se non fosse un’imitazione stomachevole che vi si fa delle capitali, cioè un voler esser per quanto è in loro, piuttosto città capitali che di provincia.

*** Giacomo LEOPARDI,  1798-1837, filosofo e poeta, Pensieri, IC, 1845, in Opere, a cura di Mario Fubini, Utet, 2000-2013


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mercoledì 7 dicembre 2016

#MOSQUITO / I buoni e i generosi (Giacomo Leopardi)

(...) Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi. Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina. In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli; essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi. 

*** Giacomo LEOPARDI,  1798-1837, filosofo e poeta, Pensieri, I, 1845, in Opere, a cura di Mario Fubini, Utet, 2000-2013



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venerdì 25 novembre 2016

#MOSQUITO / Alterigia, per un carro da tirare (Giacomo Leopardi)

Io vidi in Firenze uno che strascinando, a modo di bestia da tiro, come colà è stile, un carro colmo di robe, andava con grandissima alterigia gridando e comandando alle persone di dar luogo; e mi parve figura di molti che vanno pieni d’orgoglio, insultando agli altri, per ragioni non dissimili da quella che causava l’alterigia in colui, cioè tirare un carro.

*** Giacomo LEOPARDI,  1798-1837, filosofo e poeta, Pensieri, XVIII, 1845, in Opere, a cura di Mario Fubini, Utet, 2000-2013

foto di Schicchi

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lunedì 21 novembre 2016

#MOSQUITO / Chi ha predetto (Giacomo Leopardi)

Chi contro all’opinione d’altri ha predetto il successo di una cosa nel modo che poi segue, non si pensi che i suoi contraddittori, veduto il fatto, gli dieno ragione, e lo chiamino più savio o più intendente di loro: perché o negheranno il fatto, o la predizione, o allegheranno che questa e quello differiscano nelle circostanze, o in qualunque modo troveranno cause per le quali si sforzeranno di persuadere a se stessi e agli altri che l’opinione loro fu retta, e la contraria torta.

*** Giacomo LEOPARDI,  1798-1837, filosofo e poeta, Pensieri, IX, 1845, in Opere, a cura di Mario Fubini, Utet, 2000-2013


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giovedì 27 ottobre 2016

#MOSQUITO / La ragione umana, e il dubbio (Giacomo Leopardi)

Il mio sistema introduce non solo uno scetticismo ragionato e dimostrato, ma tale che, secondo il mio sistema, la ragione umana, per qualsivoglia progresso possibile, non potrà mai spogliarsi di questo scetticismo; anzi esso contiene il vero, e si dimostra che la nostra ragione non può assolutamente trovare il vero se non dubitando; ch’ella si allontana dal vero ogni volta che giudica con certezza; e che non solo il dubbio giova a scoprire il vero (secondo il principio di Cartesio (...), ma il vero consiste essenzialmente nel dubbio, e chi dubita sa, e sa il più che si possa sapere. 

*** Giacomo LEOPARDI, 1798-1837, filosofo e poeta, Zibaldone di pensieri, scritto dal luglio 1817 al dicembre 1832, pensiero datato 8 settembre 1821.


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lunedì 18 maggio 2015

#POETI RECITATI / Giacomo Leopardi, L'infinito (lettura di V. Gassman)



Giacomo LEOPARDI, 1798-1837 
filosofo e poeta, 
L’infinito, 1828, da Giacomo Leopardi, Canti, 1835 
recitazione di Vittorio Gassman (1922-2000)
video, 1min23

Sempre caro mi fu quest’ermo colle, 
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. 
Ma sedendo e mirando, interminati 
spazi di là da quella, e sovrumani 
silenzi, e profondissima quïete 
io nel pensier mi fingo, ove per poco 
il cor non si spaura. E come il vento 
odo stormir tra queste piante, io quello 
infinito silenzio a questa voce 
vo comparando: e mi sovvien l’eterno, 
e le morte stagioni, e la presente 
e viva, e il suon di lei. Così tra questa 
immensità s’annega il pensier mio: 
e il naufragar m’è dolce in questo mare.