venerdì 26 aprile 2024

#SPILLI / Melonismo in salsa ungherese (Massimo Ferrario)

Il melonismo non è fascismo. Ma ha scorie fascistoidi (pulsioni irrefrenate, residui non metabolizzati, istinti mai repressi e ogni giorno sdoganati) più o meno consapevolizzate da Giorgia Meloni e dalla cerchia dei suoi più intimi 'fratelli', che portano verso un regime in qualche modo di stampo orbaniano.
 
Oggi la salsa ungherese non è ancora montata. Ma se non si sviluppano in fretta anticorpi mirati nell'elettorato attuale e potenziale (il che vuol dire semplicemente se non si produce una nuova consapevolezza culturale, con la coscienza del pericolo possibile), l'approdo ad una 'democrazia illiberale', alla Orban, è solo questione di (poco) tempo. 

Certo: poiché nella storia nulla si ripete e anche le imitazioni contengono sempre un tratto di originalità che non si piega a rendere i regimi uguali, ma se mai solo simili, il melonismo resterà melonismo. 
Ma niente dice che questo melonismo in salsa italo-ungherese non possa rappresentare, già di per sé, uno squarcio mortale, inferto alla democrazia, più pesante delle ferite già subite, a partire dalla cosiddetta seconda repubblica, dall'assetto istituzionale nato dalla Resistenza. 

Non avremo né carrarmati in piazza né colpi di stato che indichino il passaggio netto e violento da un prima a un dopo. Perché oggi le democrazie muoiono per consunzione interna e non con i mitra di chi le combatte in piazza: si svuotano mentre le si continua a declamare piene, anzi più piene di una sostanza nuova che - si dichiara - le fa 'più democrazie' delle vecchie. 

Il problema è che quella sostanza i nuovi 'illiberali patrioti' l'hanno accortamente ben profumata perché non se ne senta il lezzo maleodorante.  E la gente, così addomesticata da un profumo che ottunde e inebria ('prima gli italiani', 'sovranità italiana', 'patriottismo e autonomia differenziata' (?), 'non disturbare le imprese', 'viva chi ha voglia di lavorare e abbasso i divanisti',...' e via cianciando tra l'aria fritta e maleodorante) è persino pronta a dire che 'questa sì, finalmente, è democrazia.' 

Non siamo ancora alla meta. Ma ci siamo prossimi. 
In fondo basta non far nulla e lasciare che accada: il binario è tracciato e punta diritto davanti a noi. 
Anche se niente impedisce di costruire uno scambio. E attivarlo. Magari senza litigare, dopo averlo costruito, per decidere la direzione. Una sola cosa è importante: che la direzione non sia questa. 

*** Massimo Ferrario, Melonismo in salsa ungherese, 'Facebook', 26 aprile 2024


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giovedì 25 aprile 2024

#SPILLI / L'Italia meloniana del 25 aprile (Massimo Ferrario)

Chiedo a mia nipote, 11 anni, prima media, una pagella solo di eccellenze, mentre la saluto prima di tornarmene a casa.
«A proposito: tra un giorno è il 25 aprile. È festa nazionale e non andate a scuola. Tu sai che festa è?»
Risposta immediata.
«È la festa della Liberazione.»
Mi compiaccio: allora ne hanno parlato a scuola. E io che ne dubitavo…
Do un segnale di vivo apprezzamento: per lei e per la scuola.
«Perfetto.»
Però non ce la faccio ad accontentarmi.
«Scusa: ma Liberazione da cosa?»
Risposta immediata.
«Dai nazisti.»
Lascio trascorrere qualche secondo guardando la nipotina in faccia con un sorriso. Magari aggiunge qualcosa.
Niente.
«E dai fascisti, no?»
Lei esita.
«Fascisti? Non so: non mi pare ci fosse scritto.»
Chiedo dove doveva essere scritto, ma la fonte fantomatica resta indistinta: un diario, il calendario?
Faccio capire che va bene così.
«Ok, ormai debbo andare. Magari la prossima volta, se vuoi, ne parliamo meglio.»

Il melonismo è entrato a scuola.
Si parla di nazisti, e i fascisti non esistono. Si citano le leggi razziali, e i fascisti non sono nominati: si ammette che sì, sono state una cosa orribile, ma è come fossero cadute addosso agli italiani per volontà del destino cinico e baro.
Italo Bocchino, direttore editoriale del ‘Secolo d’Italia’, ogni settimana presente nei vari talkshow a elevare inni sacri alla provvidenziale Giorgia Meloni, intervistato da ‘Repubblica’’ (23 aprile 2024), nomina la giornata della Liberazione e commenta: «Per fortuna ci ha liberato da quei pazzi dei tedeschi.» Già: ‘la giornata ci ha liberato’. Meglio non ricordare chi l’ha fatto e dimenticare che la Liberazione sarà pur stata ‘da quei pazzi’ dei nazisti, ma è stata anche e soprattutto dai fascisti, loro alleati e al potere in Italia, con una dittatura, per vent’anni.
È l’Italia meloniana del 2024.
Coerentemente e pervicacemente ‘a-fascista’.
Quando non è irrimediabilmente tentata da pulsioni fasciste. 

*** Massimo Ferrario, L'Italia meloniana del 25 aprile, facebook, 25 aprile 2024


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sabato 6 aprile 2024

#SPILLI / Chi produce antisemitismo (Massimo Ferrario)

Yoav Gallant, ministro della difesa di Israele, sei mesi fa: «Niente elettricità, niente cibo, niente benzina, niente acqua. Tutto chiuso. Combattiamo contro degli animali umani e agiamo di conseguenza» (‘La Stampa’, 9 ottobre 2023). 

Il risultato, ad aprile 2024, è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere. Oltre 30mila civili palestinesi sterminati, di cui oltre 10mila bambini. Un intero popolo trattato come milioni di topi in gabbia: animali, appunto. Civili che, quando sfuggono ai bombardamenti, muoiono per fame. Ospedali ridotti in macerie e medici, senza farmaci e strumenti, costretti a operare senza anestesia. Aiuti internazionali, alimentari e sanitari, impediti e i pochissimi autorizzati che riescono a bucare la frontiera di Rafah e organizzano la distribuzione di viveri diventano oggetto di stragi di gente affamata che si affolla per rubarsi una misera porzione di viveri. Operatori internazionali di pace uccisi ‘per errore’ (dopo tre bombardamenti consecutivi di droni a mira pianificata sull’autocolonna), mentre trasportano cibo da distribuire, avendo preventivamente concordato con le forze israeliane il percorso che avrebbero seguito. Bambini che, quando non vengono fatti a pezzi, sono resi orfani a migliaia. Ragazzini che, se pure riescono per fortuna a sopravvivere abbandonati a sé stessi, si ritrovano psicologicamente annientati: e se invece ce la fanno a ritrovare per miracolo barlumi di sanità mentale nell’inferno in cui sono stati gettati, sono già sin d’ora orgogliosamente pronti, avendo l’anima perfettamente motivata e il cuore ribollente di vendetta, per entrare a far parte della prossima nuova leva di terroristi della nuova Hamas. 

Ci si meraviglia che l’antisemitismo cresca?

Andrebbero ricordati, a caratteri cubitali, almeno tre punti fondamentali. 
1) Antisemitismo è essere contro gli ebrei in quanto ebrei. 
2) Antisemitismo non è essere contro Israele. 
3) Antisemitismo non è neppure essere contro gli ebrei - israeliani e non - che, nel momento storico attuale, non denunciano pubblicamente i crimini israeliani commessi dai politici ebrei israeliani. 

Perché l’antisemitismo, nel momento storico attuale, con i numeri della incredibile carneficina ricordati qui sopra, viene alimentato, anche e soprattutto, da chi, ebreo o non ebreo, ma in questo caso soprattutto ebreo, non alza la voce per accusare Israele, facendo così credere che tutti gli ebrei siano israeliani o pro-Israele. Occorre che gli ebrei si distinguano: affermino che c'è un altro modo di essere ebrei, orgoglioso e convinto, e che nulla a che fare, almeno oggi, con la politica dello stato di Israele.

Urge un dissenso a valanga. Di tutti. Ma anche e soprattutto degli ebrei.

Il dissenso degli ebrei israeliani è troppo minoritario per farsi sentire all’estero, oltre che troppo influenzato/interessato/confuso nella contestazione di Netanyahu da parte dei parenti e degli amici degli ostaggi. Ciò che manca davvero è il dissenso - consistente, forte, gridato e ripetuto: inequivocabile - della diaspora ebraica, rispetto a ciò che è accaduto, e continua ad accadere, contro i palestinesi a Gaza.

Insomma è tragicamente silente l’ebraicità in quanto tale diffusa nel mondo: quella organizzata e istituzionale delle comunità dei rabbini. Che sola potrebbe, se si esprimesse, per l’autorevolezza e la rappresentatività della sua voce, dare un potente contributo a contenere il fiume di antisemitismo ogni giorno più impetuoso.

E tacciamo tutti noi, non ebrei, per paura di essere accusati di antisemitismo: anche se siamo (come è ad esempio per il sottoscritto), irrimediabilmente e cocciutamente antirazzisti da sempre, dunque lontani anni luce da qualunque forma di antisemitismo, storico o contemporaneo, e perennemente orripilati dal ‘male assoluto’ che ha preso forma nella Shoah.

Ma così, tacendo, sempre più si inabissa l’umanità. Di ebrei e non ebrei. Di noi tutti esseri umani. 

Ed è così che tutti noi ci riveliamo, di fatto, complici di una carneficina premeditata e perseguita con spavalda potenza e chirurgica macelleria: nella sostanza una immonda pulizia etnica che avviene al cospetto del mondo intero. 

Un mondo che, quando non è indifferente o intenzionalmente distratto, si accontenta di blaterare retoricamente di ‘principi’ e ‘valori’ che mai verifica e mai pretende applicati nei fatti: nascosto, almeno in Occidente, dietro un doppiopesismo tanto più nauseabondo quanto più ossessivamente ripetuto (Putin iper-denunciato come criminale e invasore e Netanyahu né criminale né invasore). 

Un mondo, il nostro occidentale, che si riempie la bocca di parole tuttalpiù di blanda censura o benevolente ammonizione: sempre giustamente ricordando la legittima autodifesa israeliana all’auto-esistenza e giustamente stigmatizzando l’orrendo pogrom del 7 ottobre, ma limitandosi ad alzare sopracciglio e ditino per la risposta di Israele – a sei mesi di distanza e a oltre 30mila civili morti ammazzati - qualificata semplicemente come ‘sproporzionata’: per l'ipocrisia di non chiamarla ‘genocidaria’, quale è nei fatti, al di là di disquisizioni tecnico-giuridiche di chi sa cavillare sul piano del diritto e chiede la verifica ‘oggettiva’ delle intenzioni di chi sta commettendo un assassinio collettivo di simili proporzioni.

Il massimo dell’azione inteventista, da parte di chi ha il potere internazionale di agire e condizionare, è mettere in guardia, ogni giorno. da oltre 30mila morti fa ad oggi, dal non tenere in sufficiente considerazione la salvaguardia della vita dei civili palestinesi. E quindi, per il futuro – dopo ben oltre 30mila morti ammazzati! – invitare Netanyahu, per l’ennesima inutile volta, a ‘fare più attenzione’. 

Un insulto all’intelligenza. 

Come non fosse evidente che chi ha deciso, e continua a decidere, lo sterminio in atto vuole e persegue proprio lo sterminio degli ‘animali palestinesi’ (copyright Yoav Gallant) e l’unica salvaguardia che accetta è quella che salvaguarda il suo obiettivo ‘über alles’. 

Un obiettivo che, appunto in quanto assoluto, non è, e non può essere, né negoziabile, né contenibile. 

A meno che.
A meno che non si crei la seguente condizione, senz’altro impossibile finché la si ritiene tale: subito, finalmente, un’azione chiara, condivisa e forte, di tutto il mondo, ma specie del campo più potente occidentale e soprattutto delle comunità ebraiche organizzate, che isoli davvero, pubblicamente e nettamente, Netanyahu e la politica omicida del suo governo: anche qualificandola appunto come tale, senza alcuna giustificazione possibile.   

Se questo non avverrà, non meravigliamoci di quello che, ancora di più terribile, accadrà. E nessuno, ancor più di oggi, domani potrà ritenersi innocente: né ebreo, né non-ebreo.  

*** Massimo Ferrario, Chi produce antisemitismo, 'Mixtura', 6 aprile 2024


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lunedì 1 aprile 2024

#SPILLI / Da 'Nemici' a 'Contro-parte' (possibilmente 'Con-parte') (Massimo Ferrario)

Pace è una parola astratta. Ma che può essere riempita di concretezza. Il contenuto concreto è solo uno e si chiama 'negoziazione'. Tuttavia, per entrare nella logica del negoziare, occorre che tutti i negoziatori assumano un presupposto: senza questo si resta impallati nel circuito vizioso, perverso e autodistruttivo in cui ci siamo cacciati.

Il presupposto è semplice: e come tutte le cose semplici è difficilissimo. Dobbiamo dire a noi stessi, e soprattutto iniziare a 'sentire' dentro di noi, anche ricostruendo il film che ci ha condotto sin qui con fatti e documenti storici che, messi insieme, hanno la forza dell'oggettività e della verità, che 'anche noi' (Occidente, Nato, Usa, Europa, Ucraina) NON SIAMO INNOCENTI. Cioè 'anche noi' (Occidente, Nato, Usa, Europa, Ucraina) abbiamo commesso ERRORI e la situazione in cui siamo finiti, internazionalmente, è prodotto 'anche' delle nostre colpe e dei nostri errori. 

In una parola: dobbiamo smettere di mostrificare o deumanizzare il NEMICO e finalmente renderlo almeno 'CONTRO-PARTE'. Anzi, possibilmente, 'CON-PARTE'. 

Perché negoziare, come dovremmo sapere dall'esperienza oltre che dalla teoria, significa darsi reciprocamente la possibilità di un 'win-win' da costruire insieme: non solo pretendendo, ma anche ammettendo e concedendo.

Ci dovrebbe costringere a questo passo l'abisso in cima al quale siamo e dal quale in ogni momento rischiamo di precipitare, magari anche senza volerlo. 

Non stiamo esagerando. 

Basta chiedersi se mai qualcuno avrebbe potuto immaginare, anche solo qualche mese fa, che nel 2024 in Europa si sarebbe potuto affermare, con serietà e sicurezza, che dobbiamo prepararci alla guerra. Ripeto: PREPARARCI ALLA GUERRA. 

Se non è FOLLIA questa... 

*** Massimo Ferrario, Da nemici a controparte (possibilmente 'con-parte'), facebook, 31 marzo 2024

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