Yoav Gallant, ministro della difesa di Israele, sei mesi fa: «Niente elettricità, niente cibo, niente benzina, niente acqua. Tutto chiuso. Combattiamo contro degli animali umani e agiamo di conseguenza» (‘La Stampa’, 9 ottobre 2023).
Il risultato, ad aprile 2024, è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere. Oltre 30mila civili palestinesi sterminati, di cui oltre 10mila bambini. Un intero popolo trattato come milioni di topi in gabbia: animali, appunto. Civili che, quando sfuggono ai bombardamenti, muoiono per fame. Ospedali ridotti in macerie e medici, senza farmaci e strumenti, costretti a operare senza anestesia. Aiuti internazionali, alimentari e sanitari, impediti e i pochissimi autorizzati che riescono a bucare la frontiera di Rafah e organizzano la distribuzione di viveri diventano oggetto di stragi di gente affamata che si affolla per rubarsi una misera porzione di viveri. Operatori internazionali di pace uccisi ‘per errore’ (dopo tre bombardamenti consecutivi di droni a mira pianificata sull’autocolonna), mentre trasportano cibo da distribuire, avendo preventivamente concordato con le forze israeliane il percorso che avrebbero seguito. Bambini che, quando non vengono fatti a pezzi, sono resi orfani a migliaia. Ragazzini che, se pure riescono per fortuna a sopravvivere abbandonati a sé stessi, si ritrovano psicologicamente annientati: e se invece ce la fanno a ritrovare per miracolo barlumi di sanità mentale nell’inferno in cui sono stati gettati, sono già sin d’ora orgogliosamente pronti, avendo l’anima perfettamente motivata e il cuore ribollente di vendetta, per entrare a far parte della prossima nuova leva di terroristi della nuova Hamas.
Ci si meraviglia che l’antisemitismo cresca?
Andrebbero ricordati, a caratteri cubitali, almeno tre punti fondamentali.
1) Antisemitismo è essere contro gli ebrei in quanto ebrei.
2) Antisemitismo non è essere contro Israele.
3) Antisemitismo non è neppure essere contro gli ebrei - israeliani e non - che, nel momento storico attuale, non denunciano pubblicamente i crimini israeliani commessi dai politici ebrei israeliani.
Perché l’antisemitismo, nel momento storico attuale, con i numeri della incredibile carneficina ricordati qui sopra, viene alimentato, anche e soprattutto, da chi, ebreo o non ebreo, ma in questo caso soprattutto ebreo, non alza la voce per accusare Israele, facendo così credere che tutti gli ebrei siano israeliani o pro-Israele. Occorre che gli ebrei si distinguano: affermino che c'è un altro modo di essere ebrei, orgoglioso e convinto, e che nulla a che fare, almeno oggi, con la politica dello stato di Israele.
Urge un dissenso a valanga. Di tutti. Ma anche e soprattutto degli ebrei.
Il dissenso degli ebrei israeliani è troppo minoritario per farsi sentire all’estero, oltre che troppo influenzato/interessato/confuso nella contestazione di Netanyahu da parte dei parenti e degli amici degli ostaggi. Ciò che manca davvero è il dissenso - consistente, forte, gridato e ripetuto: inequivocabile - della diaspora ebraica, rispetto a ciò che è accaduto, e continua ad accadere, contro i palestinesi a Gaza.
Insomma è tragicamente silente l’ebraicità in quanto tale diffusa nel mondo: quella organizzata e istituzionale delle comunità dei rabbini. Che sola potrebbe, se si esprimesse, per l’autorevolezza e la rappresentatività della sua voce, dare un potente contributo a contenere il fiume di antisemitismo ogni giorno più impetuoso.
E tacciamo tutti noi, non ebrei, per paura di essere accusati di antisemitismo: anche se siamo (come è ad esempio per il sottoscritto), irrimediabilmente e cocciutamente antirazzisti da sempre, dunque lontani anni luce da qualunque forma di antisemitismo, storico o contemporaneo, e perennemente orripilati dal ‘male assoluto’ che ha preso forma nella Shoah.
Ma così, tacendo, sempre più si inabissa l’umanità. Di ebrei e non ebrei. Di noi tutti esseri umani.
Ed è così che tutti noi ci riveliamo, di fatto, complici di una carneficina premeditata e perseguita con spavalda potenza e chirurgica macelleria: nella sostanza una immonda pulizia etnica che avviene al cospetto del mondo intero.
Un mondo che, quando non è indifferente o intenzionalmente distratto, si accontenta di blaterare retoricamente di ‘principi’ e ‘valori’ che mai verifica e mai pretende applicati nei fatti: nascosto, almeno in Occidente, dietro un doppiopesismo tanto più nauseabondo quanto più ossessivamente ripetuto (Putin iper-denunciato come criminale e invasore e Netanyahu né criminale né invasore).
Un mondo, il nostro occidentale, che si riempie la bocca di parole tuttalpiù di blanda censura o benevolente ammonizione: sempre giustamente ricordando la legittima autodifesa israeliana all’auto-esistenza e giustamente stigmatizzando l’orrendo pogrom del 7 ottobre, ma limitandosi ad alzare sopracciglio e ditino per la risposta di Israele – a sei mesi di distanza e a oltre 30mila civili morti ammazzati - qualificata semplicemente come ‘sproporzionata’: per l'ipocrisia di non chiamarla ‘genocidaria’, quale è nei fatti, al di là di disquisizioni tecnico-giuridiche di chi sa cavillare sul piano del diritto e chiede la verifica ‘oggettiva’ delle intenzioni di chi sta commettendo un assassinio collettivo di simili proporzioni.
Il massimo dell’azione inteventista, da parte di chi ha il potere internazionale di agire e condizionare, è mettere in guardia, ogni giorno. da oltre 30mila morti fa ad oggi, dal non tenere in sufficiente considerazione la salvaguardia della vita dei civili palestinesi. E quindi, per il futuro – dopo ben oltre 30mila morti ammazzati! – invitare Netanyahu, per l’ennesima inutile volta, a ‘fare più attenzione’.
Un insulto all’intelligenza.
Come non fosse evidente che chi ha deciso, e continua a decidere, lo sterminio in atto vuole e persegue proprio lo sterminio degli ‘animali palestinesi’ (copyright Yoav Gallant) e l’unica salvaguardia che accetta è quella che salvaguarda il suo obiettivo ‘über alles’.
Un obiettivo che, appunto in quanto assoluto, non è, e non può essere, né negoziabile, né contenibile.
A meno che.
A meno che non si crei la seguente condizione, senz’altro impossibile finché la si ritiene tale: subito, finalmente, un’azione chiara, condivisa e forte, di tutto il mondo, ma specie del campo più potente occidentale e soprattutto delle comunità ebraiche organizzate, che isoli davvero, pubblicamente e nettamente, Netanyahu e la politica omicida del suo governo: anche qualificandola appunto come tale, senza alcuna giustificazione possibile.
A meno che non si crei la seguente condizione, senz’altro impossibile finché la si ritiene tale: subito, finalmente, un’azione chiara, condivisa e forte, di tutto il mondo, ma specie del campo più potente occidentale e soprattutto delle comunità ebraiche organizzate, che isoli davvero, pubblicamente e nettamente, Netanyahu e la politica omicida del suo governo: anche qualificandola appunto come tale, senza alcuna giustificazione possibile.
Se questo non avverrà, non meravigliamoci di quello che, ancora di più terribile, accadrà. E nessuno, ancor più di oggi, domani potrà ritenersi innocente: né ebreo, né non-ebreo.
*** Massimo Ferrario, Chi produce antisemitismo, 'Mixtura', 6 aprile 2024
In Mixtura ark #Spilli di M. Ferrario qui
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