Il melonismo non è fascismo. Ma ha scorie fascistoidi (pulsioni irrefrenate, residui non metabolizzati, istinti mai repressi e ogni giorno sdoganati) più o meno consapevolizzate da Giorgia Meloni e dalla cerchia dei suoi più intimi 'fratelli', che portano verso un regime in qualche modo di stampo orbaniano.
Oggi la salsa ungherese non è ancora montata. Ma se non si sviluppano in fretta anticorpi mirati nell'elettorato attuale e potenziale (il che vuol dire semplicemente se non si produce una nuova consapevolezza culturale, con la coscienza del pericolo possibile), l'approdo ad una 'democrazia illiberale', alla Orban, è solo questione di (poco) tempo.
Certo: poiché nella storia nulla si ripete e anche le imitazioni contengono sempre un tratto di originalità che non si piega a rendere i regimi uguali, ma se mai solo simili, il melonismo resterà melonismo.
Ma niente dice che questo melonismo in salsa italo-ungherese non possa rappresentare, già di per sé, uno squarcio mortale, inferto alla democrazia, più pesante delle ferite già subite, a partire dalla cosiddetta seconda repubblica, dall'assetto istituzionale nato dalla Resistenza.
Non avremo né carrarmati in piazza né colpi di stato che indichino il passaggio netto e violento da un prima a un dopo. Perché oggi le democrazie muoiono per consunzione interna e non con i mitra di chi le combatte in piazza: si svuotano mentre le si continua a declamare piene, anzi più piene di una sostanza nuova che - si dichiara - le fa 'più democrazie' delle vecchie.
Il problema è che quella sostanza i nuovi 'illiberali patrioti' l'hanno accortamente ben profumata perché non se ne senta il lezzo maleodorante. E la gente, così addomesticata da un profumo che ottunde e inebria ('prima gli italiani', 'sovranità italiana', 'patriottismo e autonomia differenziata' (?), 'non disturbare le imprese', 'viva chi ha voglia di lavorare e abbasso i divanisti',...' e via cianciando tra l'aria fritta e maleodorante) è persino pronta a dire che 'questa sì, finalmente, è democrazia.'
Non siamo ancora alla meta. Ma ci siamo prossimi.
In fondo basta non far nulla e lasciare che accada: il binario è tracciato e punta diritto davanti a noi.
Anche se niente impedisce di costruire uno scambio. E attivarlo. Magari senza litigare, dopo averlo costruito, per decidere la direzione. Una sola cosa è importante: che la direzione non sia questa.
*** Massimo Ferrario, Melonismo in salsa ungherese, 'Facebook', 26 aprile 2024
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