venerdì 21 febbraio 2020

#FAVOLE & RACCONTI / Il maestro Bao Sun e le statue del Buddha (Massimo Ferrario)

Era una notte particolarmente gelida, con vento e pioggia che non davano tregua dal pomeriggio: gli alberi erano sferzati da ore, il terreno era ghiacciato.
La temperatura segnava parecchi gradi sotto zero, come da tempo non capitava in inverno.

Il maestro Bao Sun, bagnato e intirizzito, si era riparato in un vecchio tempio miracolosamente apparso all'improvviso ai margini del sentiero. Era in viaggio dalla mattina ed era esausto. Lo attendevano per il giorno seguente nel villaggio di fondo valle, dove i discepoli avevano organizzato un suo incontro pubblico: un avvenimento cui tutti ogni anno volevano partecipare per ascoltare le sue parole di saggezza.

Bao Sun si era tolto i vestiti fradici e tremava dal freddo: aveva la fronte bollente, che grondava sudore, sicuramente per la febbre alta, e una brutta tosse gli faceva bruciare il petto ogni volta che non riusciva a trattenerla.
Si guardò in giro.
E in un angolo del tempio vide una grande statua di legno raffigurante il Buddha nella sua posizione di Risvegliato.

Esitò. Poi superò l'esitazione.

Alzò con fatica la bella statua di legno del Buddha dal basamento dell'altare e la collocò davanti a sé, per terra, in un punto riparato, lontano dalle altre sculture che ornavano il tempio.
Guardando il volto del Buddha, unì per qualche secondo le mani davanti a sé, come in preghiera. Mentre gli faceva un inchino.

Gli bastò uno dei tanti lumini che tremolavano nella notte accanto alle immagini sacre venerate dai pellegrini.
Il legno della scultura, vecchio e ben stagionato, prese fuoco subito. 
Le fiamme si sviluppavano lente, come quando avvolgono un ciocco di buona legna nel camino. E le faville salivano in alto, tra un crepito e l'altro.
Bao Sun si era accucciato sul pavimento, ben vicino alla statua lambita dalle lingue di fuoco: godeva del calore che si diffondeva nell'aria.
Finalmente smise di essere scosso dai brividi e assaporò un dolce tepore che pian piano lo fece scivolare in un leggero sonno. 

Fu svegliato di soprassalto da un urlo. 
Il vecchio guardiano del tempio, avendo notato il fuoco, aveva temuto un incendio ed era accorso. 
Aveva visto la statua del Buddha bruciare e le sue grida arrivavano al cielo. 
«Il Buddha sta bruciando!, il Buddha sta bruciando!». 
Disperato, si chiedeva come fosse accaduto e chi fosse stato.

Bao Sun, per nulla intimorito, si stropicciò gli occhi assonnati e gli rispose che era stato lui: per non morire congelato dal freddo.

Il guardiano fissò in faccia il maestro: trasecolò: 
«Ma hai bruciato il Budda. E proprio tu, Bao Sun, da tutti ritenuto il Grande Saggio della Valle.»

Il fuoco stava consumando gli ultimi tizzoni.

Bao Sun emise un sospiro di fastidio: si alzò con fatica e con lentezza recuperò tra i suoi vestiti abbandonati sul pavimento il vecchio bastone con cui divideva i viaggi in giro per il mondo.

Con il bastone, iniziò a frugare in ciò che restava della scultura del Buddha.
«E adesso cosa fai?», chiese il guardiano, sempre più sconvolto.
«Non hai detto che ho bruciato il Buddha?»
«Certo: hai commesso un sacrilegio. Il corpo del Buddha è sacro: nessuno lo può toccare».
«Sto frugando con il bastone.
«Lo vedo. Ma cosa frughi?».
«Cerco le ossa».
«Cerchi le ossa?».
«Sì. Le ossa del Buddha. Se ho bruciato un corpo, ci saranno pure le ossa.»

Il vecchio guardiano si spazientì: Bao Sun doveva stare proprio male e la testa gli stava andando via.
«Ma quali ossa...! Hai bruciato la statua del Buddha: la sua statua di legno.»

Bao Sun sorrise.
Con gesti lenti, si rimise addosso i vestiti che si erano scaldati vicino al fuoco: erano umidi, ma non gocciolavano più. I brividi, però, gli ricordavano che il gelo del suo corpo non era stato ancora vinto.
Era debolissimo: si sentiva mancare.

Fece cenno al vecchio di avvicinarsi: gli usciva una voce affaticata, fioca, quasi un sussurro.
Il guardiano, che aveva imparato quasi come un automatismo l'obbedienza nei confronti dei maestri, anche se in questo caso aveva dubitato della autorevolezza di Bao Sun, accostò l'orecchio alla sua bocca.

E Bao Sun gli parlò con dolcezza.
«Dunque anche tu sei d'accordo che non ho bruciato il corpo del Buddha, ma solo la sua immagine di legno. Se è così, allora ti chiedo un favore: io sono troppo debole per agire da solo. Ti prego di andare all'entrata del tempio, dove ho visto che troneggia un altro Buddha di legno, ancora più grande e pesante di questo finito in cenere. Ti sarò grato se riuscirai a portarmelo sin qui, magari aiutandoti con una delle carriole che ho visto fuori in giardino. Sento che sto per svenire e che il freddo, la febbre e la tosse mi stanno togliendo l'ultimo respiro. Ma se farai presto, mentre darò alle fiamme anche questa seconda statua, ringrazierò il Buddha per la vita che, se vorrà, proprio lui mi regalerà grazie al fuoco prodotto dalla sue statue. La mia immagine del Buddha io ce l'ho chiusa qui dentro e dentro di me la conservo gelosamente, con amore e rispetto. Ma so che molti, per venerarla, hanno bisogno di affidarla a un pezzo di legno. Per questo i templi sono pieni di statue. Per fortuna, però, non mancano certo, né oggi né domani, bravi falegnami capaci di scolpirne sempre di nuove.»

*** Massimo Ferrario, Il maestro Bao Sun e le statue del Buddha, per Mixtura. Libera riscrittura di un testo diffuso anche in rete.


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