giovedì 5 gennaio 2017

#RITAGLI / Istruzione, ma non è formazione (Gian Piero Quaglino)

On-line possiamo fare istruzione ma non facciamo formazione. Se poi si vuole parlare di formazione anche nel caso dell’istruzione, ciascuno è legittimato ad usare le parole come meglio crede ma, a stretto rigor di termini,  non ci si forma on-line, al massimo ci si istruisce. Se intendiamo la formazione come esperienza di apprendimento, la tecnologia non è di nessun aiuto.

[D: Se pensiamo al fatto che l’humus nel quale ci muoviamo adesso è ipertecnologico, anche nelle organizzazioni contemporanee si ha l’impressione paradossale che dietro alle vision futuribili delle varie “Nuove Formazioni”, dietro il “moloch” della tecnologia e del web, dietro la categoria 2.0, se parliamo di formazione, per come l’abbiamo intesa fin qui, si siano fatti metodologicamente mille passi indietro]
Certamente la tecnologia permette e consente passi avanti, ma anche passi indietro. Dal punto di vista strettamente della formazione, non della informazione o della istruzione, i passi indietro sono certamente maggiori dei passi avanti, come infiniti sono i passi dal punto di vista dell’informazione. Poi è chiaro che l’informazione non è governata anche se produce conoscenza., con il rischi di rimanere superficiale.

[D: Perché questo?]
Ma perché tutta l’informazione, la conoscenza, il dato o la nozione che circola in rete, non ha nessuna qualità di approfondimento, di spessore, di rilievo critico, che sia capace di costruire il pensiero. Prevalentemente costruisce suggestioni, spunti, cenni, ma generalmente costruisce una falsa idea di sapere.

*** Gian Piero QUAGLINO, psicologo, esperto di formazione e consulente, già docente di psicologia della formazione all'università di Torino, saggista, intervistato da Alessandro Lombardo, 'altrapsicologia'.it, 4 dicembre 2012, qui


In Mixtura altri 2 contributi di Gian Piero Quaglino qui

3 commenti:

  1. Caro Massimo,
    anzitutto buon anno e complimenti per il blog che di tanto in tanto seguo sempre con interesse. E grazie per le citazioni che mi hai riservato. E a proposito di questo contraccambio con un piccolo contributo sulla questione "tecnologia e formazione". Perché in effetti il ritaglio che vedo di un'intervista con Alessandro Lombardo del 2012 mi suggerisce di aggiornare. Un po' di acqua è passata sotto i ponti, inevitabilmente, da allora. E quell'acqua si è portata via anche qualcosa di quei pensieri. C'è stata l'occasione infatti di lavorare sul progetto di un manuale dedicato ai metodi di formazione che è poi stato pubblicato nel 2014. E così avevo deciso di affrontare anche la questione tecnologie e formazione che guardavo, allora, con un certo sospetto. Prima è stata curiosità, poi sorpresa e infine passione. E credo che forse questo possa incuriosire anche te, forse sorprenderti, comunque "spassionatamente". In breve quello che penso oggi è che la formazione che abbiamo conosciuto sia chiamata ad una vera e propria rivoluzione, rivoluzione che sarà possibile proprio ricorrendo alle risorse della tecnologia in tutte le sue forme: rete, internet of things ecc. ecc. Ecco dunque il problema che mi si è posto e su cui sto lavorando: tenere in tensione i due differenti fronti della formazione. Da un lato il fronte che ho chiamato della "Terza Formazione" (Scuola della Vita e Coltivazione di Sé) che è quello spazio di formazione a cui tengo molto e su cui mi sento particolarmente impegnato, rivolto ai temi dello sviluppo personale in una prospettiva "umanistica" orientata a stimolare il recupero, al di là di quel pensiero "indirizzato" logico razionale che è prevalente, delle doti e delle qualità dell'intuizione, dell'immaginazione, della creatività accanto a quelle del pensiero simbolico e narrativo. Dall'altro la formazione che abbiamo conosciuto e condiviso rivolta allo sviluppo professionale di conoscenze e competenze che credo nella sua modalità tradizionale abbia ormai concluso la sua pur lunga stagione. Ecco dunque un impegno a costruire la formazione del "saper pensare" e in parallelo l'accettazione della sfida di contribuire a riflettere su un rinnovamento della formazione del "sapere/saper fare" potenziata proprio dalle nuove tecnologie. Naturalmente sarebbe bello dialogare di più di quanto ci consenta un breve post. Mi piacerebbe, ma intanto penso così di essermi "manifestato", al di là delle riservatezze, per segnalarti quanto in questi anni abbia avuto modo di rivedere certi giudizi, forse anche un po' tranchant in cui effettivamente oggi fatico ormai a riconoscermi. E allora, senza mettere troppo le mani avanti, alla prossima!
    Grazie per il tuo bel blog e un caro saluto.
    GPQuaglino

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  2. GianPiero (1^ parte)
    (devo dividere in 2 parti il mio commento perché il sistema, per poche battute, non me lo accetta tutto intero...)

    Intanto grazie:
    a) per avermi risposto sul blog, e
    b) per le considerazioni/precisazioni che sviluppi rispetto al 'ritaglio' qui sopra citato.

    Poni ovviamente una grande e complessa questione: le nuove tecnologie e la formazione. E verrebbe voglia non tanto di 'chattare' (a proposito di... tecnologie...!), ma di avere un rapporto faccia a faccia: l'unico che consente un vero confronto, stimolando e facilitando un fertile 'pensare insieme'.

    Tento qualche riflessione a caldo.
    (1) - Ho sempre pensato che le nuove tecnologie sono una grande opportunità e, naturalmente, non vanno demonizzate. Dipende solo, come sempre è per ogni strumento che non diventi un fine, da come vengono usate e per quale obiettivo. Rispetto alla formazione, le mie convinzioni, da sempre, sono le stesse tue: ma resto legato più a quanto hai dichiarato nell'intervista, qui riportata, che a quanto stai ora precisando. Mi sembra ovvio: un conto è informazione e un conto è formazione. E la distinzione non la debbo certo spiegare io a uno come te, che è stato il primo e più autorevole 'razionalizzatore' dei processi di formazione, professionali e manageriali, in Italia. Dunque, anche 'istruzione', per quanto rivesta un campo importante, non può essere spacciata per 'formazione': come tu ben dici.
    (2) - Da una vita scrivo, e ho insegnato, che formazione, nella sua essenza, è 'far pensare' e che il 'saper pensare' è il cuore di una esistenza consapevole (dunque di una 'vita') di cittadini e di lavoratori (a qualunque livello). Se così è, le nuove tecnologie possono essere di aiuto fondamentale, ma la formazione non può ridursi a internet o alle chat (come invece sta avvenendo anche per la colpevole disattenzione/complicità dei sedicenti formatori rimasti in circolazione), perché ha bisogno di scambi tra esseri umani. Cioè: persone che vogliano e sappiano 'dis-cutere', dunque cooperino e confliggano, per cercare di sviluppare se stesse e il contesto (esistenziale, lavorativo, sociale, politico) in cui sono, alla ricerca non della grande Verità (che ovviamente non c'è), ma delle piccole verità: quelle indispensabili, prima per meglio 'intelligere' e poi per fare scelte sempre più consapevoli e oculate, magari anche in funzione di visione e obiettivi di cambiamento (ciò che chiamo un 'pensiero-largo-e-lungo' che oggi pare scomparso). Senza 'saper pensare' non c'è 'pensiero critico': e non è un caso che dappertutto, ma in azienda ancora di più, domini il 'fast thinking': come ripeto sempre un pensiero talmente veloce che, se mai c'è stato, comunque se n'è già andato.
    (... segue)

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  3. GianPiero - 2^ Parte

    (3) - Mi piace la tua 'idea' della Terza Formazione e mi auguro che lo spazio per la sua applicazione sia sempre maggiore, anche se - fallo dire a uno come me che ha in antipatia una certa declinazione di 'pensiero positivo' oggi alla moda, anche in consulenza) - nutro dubbi profondi sulla sua estensione possibile, in misura massiccia e dunque 'impattante', nelle imprese, vista la (oscena) regressione culturale in atto. Nel mio piccolo, e senza assolutamente pretendere confronti con quanto stai facendo, nei miei quaranta anni di militanza formativa nelle aziende, mi sono connotato come 'formatore borderline', oltre che per il mio stile (riconosciuto fuori dal coro, perché interdipendente e mai in ginocchio verso committenze e gerarchie, ma neppure collusivo con i clienti), soprattutto per il taglio tematico, capace di 'sconfinare-tra' e 'mescolare' temi strettamente professional-manageriali e 'orizzonti di colore più nettamente umanistico' (mai ambìto a 'fare' psicoanalisi alle aziende, ma lanciati molti stimoli 'psicofilosofici' capaci di provocare pensieri non consueti, a qualunque livello, evitando (almeno credo, a giudicare dai feedback ricevuti) la sterile erudizione e senza necessariamente citare certi riferimenti junghiani cui sono affezionato e che costituiscono una parte non secondaria della mia visione del mondo). Ma questo è avvenuto ieri. E francamente ho dei dubbi che ora, coi nuovi tempi 'alla Marchionne', se fossi ancora attivo nel mercato, potrei 'permettermelo'.
    (4) - Siamo ancora in clima di inizio anno: anch'io quindi ricambio auguri per il 2017 e oltre. Buon futuro, buona vita, buoni pensieri. E grazie ancora.

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