Circola un grave equivoco sul significato di democrazia. O più probabilmente non è un equivoco ma un'interpretazione che piace a chi detesta la democrazia. Per cui è opportuno chiarire la questione.
La democrazia non garantisce affatto un buon governo e non è affatto detto che il potere acquisito democraticamente sia meno ingiusto, disonesto e oppressivo di un potere aristocratico o dittatoriale. La democrazia è semplicemente un sistema in cui ai cittadini è data l'opportunità di far sentire la loro voce e di cambiare governo; non solo attraverso il voto ma anche attraverso l'associazione in partiti e sindacati ed eventualmente attraverso scioperi, manifestazioni, disubbidienza civile. Tutto qui.
Ne deriva che se i cittadini sono fanatici, corrotti, idioti, ingenui, disattenti o qualunquisti, la democrazia di per sé non li fa diventare migliori e certamente non migliora il loro paese. Solo la pratica democratica, ossia la capacità e volontà di cambiare ogni volta che si sia restati delusi, solo questa continua esperienza migliora i cittadini, nel tempo. Come li migliora l'impegno politico, la partecipazione, la lotta: e non solo in campagna elettorale ma in qualsiasi momento. Perché la democrazia non si esaurisce nei seggi elettorali; e il giorno dopo che un parlamento e un governo sono stati scelti chi non ne condivida le decisioni o l'ideologia ha il diritto e il dovere di contestarlo. La democrazia vive di consenso ma anche di dissenso.
Per cui non venite a darmi lezioni di democrazia a proposito di Trump. Ha avuto il voto di un quarto degli aventi diritto e ha ottenuto tre milioni di preferenze in meno della sua antagonista; ma grazie al meccanismo elettorale è stato lo stesso nominato presidente: ed è giusto così, le regole vanno rispettate e sono state rispettate. Ma altrettanto giusto è che tutti coloro che non si riconoscono nelle sue politiche esprimano il loro scontento e si rifiutino di farsi complici del suo regime. In piazza, sui giornali, sui social, in parlamento, nei tribunali, provando di tutto per farlo cadere prima che sia troppo tardi.
*** Francesco ERSPAMER, docente di studi italiani e romanzi ad Harvard, saggista, 'facebook', 24 gennaio 2017
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