Mattina del secondo giorno di un seminario manageriale residenziale. Trenta manager di aziende diverse, dopo essersi conosciuti e affiatati alternando attività di sottogruppo e di discussione in sessione plenaria, sono pronti per un esercizio presentato loro come un momento importante di auto-apprendimento.
Il formatore fornisce le indicazioni essenziali.
«Nella stanza accanto, dentro un grande vaso di vetro dall’imboccatura stretta quanto basta per far passare agevolmente un polso, ma appunto il polso di una sola persona, sono inserite trenta piccole scatole chiuse. Ogni scatola si apre con una chiavetta, che vi consegno singolarmente. L’apertura è facile: richiede un minimo di pazienza nel far fare mezzo giro alla piccola serratura. Dentro ogni scatoletta, c’è un biglietto con indicato in stampatello nome e cognome di ogni partecipante. Il compito di ognuno di voi è quello di trovare, nel grande vaso di vetro, la scatoletta che contiene il vostro nome. Avete cinque minuti di tempo da quando vi darò il via per raggiungere il risultato.»
I trenta manager, appena ricevuta la chiavetta, si fiondano sul vaso di vetro. Tutti vogliono essere primi nell’infilare la mano e prendere la scatolina: si spingono e si strattonano, qualcuno riesce a inserire la mano nell’imboccatura del vaso, ma subito è impedito dal collega che cerca di fare altrettanto. La foga è tale che presto il vaso finisce a terra in mille pezzi, spargendo il contenuto sul pavimento. A questo punto i trenta manager cercano di afferrare per primi le scatoline sparpagliate per terra, anche prendendone più di una contemporaneamente e suscitando le ire degli altri. Non vengono risparmiati spintoni e gomitate per allontanare i prepotenti o per difendere la propria prepotenza. Qualcuno riesce a impadronirsi di più scatoline, le apre con la chiavetta, ma subito le getta via perché non legge il suo nome. E la ricerca, spasmodica, continua, finché scadono i cinque minuti previsti e nessuno ha portato a termine il compito.
Il formatore lascia trascorrere qualche minuto perché tutti possano esprimere la delusione e la rabbia che hanno accumulato.
Poi, senza commentare quanto accaduto, annuncia un secondo esercizio.
«Siamo insieme da ieri mattina e ormai ognuno conosce il nominativo del collega. Eccovi un secondo vaso. All’interno, come nel caso precedente, trovate le solite scatolette da aprire con la solita chiavetta che vi consegno. In ogni scatoletta, una volta aperta, leggerete il nominativo di un partecipante. Avete sempre il vincolo dei cinque minuti, e l’obiettivo è quello di far sì che ognuno, alla fine, si ritrovi con la scatoletta contenente il biglietto con il proprio nominativo.»
I trenta manager hanno ascoltato con attenzione.
Si mettono in fila davanti al vaso, aspettando che ognuno, senza perdere tempo, ma con calma e ordine, inserisca la mano nel vaso, recuperi la scatoletta, la apra con la chiavetta e, una volta letto il nome del manager, vada a consegnargliela.
Allo scadere dei cinque minuti l’esercizio è completato: ognuno si ritrova in mano la scatoletta con il suo nome sul biglietto.
La soddisfazione è generale.
Un solo partecipante, uno di quelli che avevano contribuito a far cadere il vaso durante il primo esercizio, non sorride. E non trattiene un sospiro.
Rivolto a sé stesso, si lascia sfuggire un commento tra il meditabondo, lo sconsolato e il preoccupato: «Sì, è tutto drammaticamente evidente… Dopo, però».
*** Massimo FERRARIO, 1946, Dopo, però, ‘Mixtura’ (masferrario.blogspot.com), 20 marzo 2025. Elaborazione originale di un testo anonimo, noto in ambiente formativo, anche riportato in Massimo Ferrario, Le stelle e gli uomini, in Grande Vecchio, Wu Zhi e altre storie. 40 racconti di saggezza, Dia-Logos, 2020 (pubblicazione in proprio) – Immagine AI generata da Ideogram
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