Oh là, finalmente: «Siamo contrari in generale alla funzione genitoriale omosessuale».
Così Maurizio Sacconi, senatore di Area Popolare (Ncd e soci), finalmente spezza l'ipocrisia con cui in queste settimane i cattofondamentalisti avevano argomentato la loro contrarietà alle stepchild adoption.
Fino a ieri infatti dicevano tutti che il problema era "l'utero in affitto", cioè la maternità surrogata, il corpo della donna mercificato e così via.
Una balla, naturalmente. Del corpo della donna ai cattofondamentalisti non è mai fregato alcunché per venti secoli, a parte l'esigenza di frustrarne i desideri e la libertà.
Quello che gli importa è semplicemente negare agli omosessuali il diritto a essere genitori.
Del resto, se il problema fosse «lo sfruttamento delle donne» che surrogano la maternità, non dovrebbe esserci nulla da dire sulla possibilità di dare agli omosessuali il diritto di adottare "normalmente", come fanno le coppie eterosessuali, cioè in base alla legge 184 del 1983 e successive modifiche. Il che eliminerebbe alla radice buona parte della questione maternità surrogata, visto che di questa non ci sarebbe più alcun bisogno. Invece l'ipotesi di estendere la 183 agli omosessuali non è nemmeno presa in considerazione: l'adozione normale (nazionale o estera che sia) resta esclusiva degli eterosessuali sposati, in questo Paese.
Il coming out di Sacconi comunque è benemerito, perché rende il quadro più chiaro, più limpido: c'è una parte politica che, semplicemente, vuole negare ad alcune persone un diritto consentito ad altre perché hanno un diverso orientamento sessuale.
Punto, fine. Non c'è altro. E se c'è, è solo alibi, nascondimento, inganno.
Già: solo che dare diritti diversi alle persone a seconda del loro orientamento sessuale ha lo stesso valore etico e politico che dare diritti diversi alle persone a seconda del colore della loro pelle. Questo è il punto. Ed è per nascondere questo che nelle scorse settimane hanno cercato un pretesto, hanno tentato di spostare il dibattito.
Meno male che c'è Sacconi, che ha riportato la questione nel suo corretto alveo: alla fine, si tratta solo di decidere se sui diritti civili si procede per discriminazione o no.
*** Alessandro GILIOLI, giornalista e saggista, Non c'è altro, blog 'piovono rane', 2 febbraio 2016, qui
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