Sempre più a corto di elettori e di lettori, politica istituzionale e media mainstream somigliano ormai a un mediocre fashion blog a caccia di modelli: figurini che cambiano col vento della moda. Per un paio di decenni, a sostegno della smania di riforma costituzionale, in passerella sfilavano di continuo i modelli istituzionali tedesco, francese, americano, perfino israeliano (pareva il più antidemocratico ma l’abbiamo superato con la recente riforma Boschi). Adesso, di fronte allo sfascio delle istituzioni locali, sfilano i modelli amministrativi. A Roma la vicenda Marino spalanca il sipario sullo stato terminale della politica? Nessun problema, basta fare un fischio al Modello Milano. Il quale sbarca a Fiumicino nella persona del commissario Tronca, si infila la fascia tricolore, va a farsi benedire dal papa et voilà, il gioco è fatto. (...)
Sono stata a Milano per qualche giorno poche settimane fa. Non ci capitavo dal 2010, ultimi mesi del ventennio berlusconiano, e ho percepito subito un cambiamento etico-estetico evidente: il centro storico pedonalizzato e tirato a lucido (ma pare che la situazione delle periferie sia parecchio diversa), i soldi che riprendono a girare, la metro che ti porta ovunque in pochi minuti, l’estetica tacchi a spillo della Milano da bere sostituita da una coolness discreta, le persone che ti sorridono invece di ringhiare come fanno quasi sempre a Roma. Ma nessuno, a Milano, attribuisce questo cambiamento all’Expo, o solo all’Expo, o in primis all’Expo. L’Expo, dicono, ha dato sicuramente una mano, e molti soldi, a rilanciare lo spirito mercantile di Milano. Ma prima dell’Expo c’è stata l’amministrazione Pisapia, e il risveglio sociale che l’ha resa possibile prendendo in mano i destini della città nella campagna elettorale della primavera 2011. Un risveglio siglato da quell’arcobaleno che spuntò dopo la pioggia nella manifestazione in Piazza del Duomo la sera prima del voto, simbolo e annuncio del cambio di stagione.
Rimuovere quell’arcobaleno dal quadro del “modello Milano”, e oscurarlo con l’Expo e i Tronca, ha il senso evidente di cancellare l’opera della politica, di una buona politica, nel cambiamento di una comunità, e l’obiettivo altrettanto evidente di esportare questa cancellazione a Roma, chiudendo (o coprendo) il tempo della cattiva politica con il tempo dei commissari e dei podestà. (...)
Come ha scritto Giovanni Orsina sul Corriere della Sera qualche giorno fa, da questo punto di vista i duellanti Renzi e Marino purtroppo si assomigliano. E la conclusione della vicenda Marino per mano di Renzi, aggiungo io, va nella stessa direzione antipolitica: fine della sindacatura tramite atto notarile senza dibattito in consiglio comunale, delegittimazione di ciò che resta dei partiti e segnatamente del Pd renziano e del suo modo di condurre la partita, consegna della città nelle mani di un prefetto anzi due, Tronca e Gabrielli. E probabilmente, nei prossimi mesi, sperimentazione sul campo della definitiva destrutturazione del campo politico: non più destra contro sinistra, ma basso contro alto (se va bene) o prefetti e dream team contro politici e partiti (se va male). (...)
Perché l’arcobaleno di Milano torni a spuntare su Roma, bisogna in primo luogo girare la macchina da presa. Puntarla non sui candidati, ma sulla parte migliore della cittadinanza. Non sulle liste, ma sulle pratiche che giorno per giorno disegnano una città di gran lunga migliore della sua descrizione mainstream: accogliente con i cittadini e con i migranti, pensante, creativa, pulita, visionaria. Vorrei vederle riunite in un “Occupy Roma” che ridisegni le piazze come luoghi pubblici, interponga i corpi e le vite fra il malaffare e la cattiva politica, rimetta in circolo desideri e idee, curi la depressione con l’immaginazione e la sciatteria con la cura. Non per esprimere un candidato ma per reinventare la città, e la politica. Roma l’ha già fatto una volta, ai tempi di Renato Nicolini e dell’estate romana. È poco? Sarebbe moltissimo, ai prefetti non piacerebbe, nessun candidato potrebbe prescinderne e la campagna elettorale ne verrebbe di sicuro civilizzata.
*** Ida DOMINiJANNI, giornalista, Occupy Roma, 'internazionale', 3 novembre 2015
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