lunedì 30 novembre 2015

#LIBRI PIACIUTI / "Canto della pianura", di Kent Haruf (recensione di M. Ferrario)

Kent HARUF, Canto della pianura, NN Editore, 2015
traduzione di Fabio Cremonesi
pagine 301, € 18,00, ebook € 8,99

Una trama corale e una prosa asciutta, venata di poesia
Secondo tassello della 'trilogia della pianura' dello scrittore statunitense Kent Haruf, morto a fine 2014, pluripremiato in patria e tuttora poco conosciuto in Italia. 
E anche questo capitolo dal titolo Il canto della pianura, come il precedente romanzo Benedizione, è una lettura imperdibile. Nessuna sorpresa per chi, come me, si è innamorato di questo autore grazie alla piccola casa editrice che l'ha meritoriamente rieditato dopo anni di fuori catalogo, ma certamente una meravigliosa scoperta per chi non lo conoscesse. 

Difficile definire il fascino che esce da queste pagine: l'atmosfera, la trama, i personaggi, lo stile ci riportano ai grandi libri americani dei primi del 900. All'America profonda, lontana dai ritmi delle grandi città, immersa nell'isolamento dei campi e dei pascoli, abitata da personaggi sbrigativi nei comportamenti e  rudi nelle emozioni, come fossero impastati di terra e tagliati dal vento, eppure quanto mai umani e capaci, anche, di relazioni che vanno al cuore. Alle vicende affidate ad una coralità di figure, più che a un singolo protagonista che si prende la scena. E a uno stile minimale, che assume un colore quanto mai intenso e toccante proprio perché riesce ad apparire scialbo e piatto, essenziale, giocato più sul togliere che sull'aggiungere. 

Siamo ancora una volta a Holt, la cittadina del Colorado in cui è ambientata la trilogia. 
La trama si intreccia attorno a un pugno di personaggi indimenticabili: un insegnante di liceo, Tom Guthrie, che si ritrova solo ad accudire i bambini di nove e dieci anni dopo che la moglie, in crisi da depressione, l'ha abbandonato; una giovane studentessa di sedici anni, Victoria Roubideaux, che resta incinta e, buttata fuori casa dalla madre, decide comunque di avere il figlio, anche supportata dalla sua insegnante, Maggie Jones, che rispetta la sua scelta e la aiuta fattivamente, con discrezione e senza imporsi; i due vecchi fratelli McPheron, che da quando si sono ritrovati orfani da piccoli vivono lontano da tutti in mezzo alla campagna, allevando mucche e sapendo solo di bestie, e si lasciano intenerire dal caso di Victoria, la accolgono in casa e così scoprono, sotto la loro scorza, una sensibilità e una premura mai sospettate; e poi le piccole vicende della scuola e del preside della cittadina, alle prese con una famiglia che difende il figlio che non studia e fa il bullo con i più piccoli.

Un intreccio raccontato con una scrittura che scorre quieta come le acque di un grande fiume: i dialoghi, neppure segnati dalla punteggiatura, si mescolano con una fluidità naturale all'interno delle descrizioni e il testo, così sobrio e disadorno, assume spesso i toni di un'epica, ordinaria e quotidiana, che cattura e commuove. 
Credo sia impossibile non sentire l'anima 'palpitare', in molti punti, per il tocco di pennellate che fanno virare la prosa in fotogrammi di autentica e alta poesia, ottenuta con una sobrietà e una semplicità espositiva che è davvero frutto di grande sapienza letteraria. Come è, ad esempio, nella raffigurazione del rapporto che si crea tra i fratelli McPheron e Victoria: la dolcezza che ne esce, tanto più commovente perché buca il carattere rigido, irsuto e quasi animalesco dei due, è ottenuta con uno sguardo scarno e asciutto e senza un grammo di artificioso sentimentalismo.

Forse anche chi traduce, in genere ignorato da lettori e critici, andrebbe lodato per il lavoro attento e fine di trasposizione.
Certo credo comunque meriti un posto tra i classici Kent Haruf. Se è vero che i classici sono libri che continuano a parlare anche dopo che li hai chiusi. E ti viene voglia di rileggerli. E quando li rileggi, risenti le emozioni della prima volta.

*** Massimo Ferrario, per Mixtura

«
Sì, rispose lei. Lo voglio. 
Ne è sicura, vero? 
Assolutamente sicura. 
Lei lo guardò in faccia. Intende dire se voglio darlo in adozione? 
Magari anche questo, disse lui. Ma più che altro, volevo dire se ha intenzione di tenere il bambino. Portare a termine la gravidanza e metterlo al mondo. 
Così ho deciso. 
E lo vuole davvero, giusto? 
Sì. 
E adesso che me lo ha detto, non farà qualche sciocchezza, come tentare di liberarsene da sola in qualche modo. 
No. 
No, disse lui. Tutto bene, allora. Le credo. Non mi occorre sapere altro. Avrà problemi di vario genere, prevedo. È sempre così. Molte madri adolescenti ne hanno. Non dovrebbe avere figli, non ancora. Il suo corpo non è pronto. Lei è troppo giovane. D’altra parte, sembra proprio forte. Non ha un’aria da isterica. È isterica, signorina Roubideaux? 
Non credo. 
Allora dovrebbe andare tutto bene. Fuma? 
No. 
Non cominci. Beve alcolici? 
No. 
Non cominci neppure a bere, non adesso. Assume droghe di qualunque tipo? 
No. 
Mi sta dicendo la verità? La fissò e rimase in attesa. È importante. Perché ogni cosa che prende va al bambino. Lo sa, vero? 
Sì. Lo so. 
Ha bisogno di mangiare come si deve. Anche questo è importante. La signora Jones può aiutarla, credo sia una brava cuoca. Deve mettere su un po’ di peso, ma non troppo, signorina Roubideaux. Ecco, bene. Allora, d’accordo. La vedrò di nuovo fra un mese, poi una volta al mese fino all’ottavo, e dopo ogni settimana. Ha qualche domanda da farmi? 
Per la prima volta la ragazza si lasciò un po’ andare. I suoi occhi si riempirono di lacrime. Era come se ciò che voleva domandargli fosse più importante e più terribile di qualsiasi cosa lei o lui avessero detto o fatto fino a quel momento. Chiese, Il bambino sta bene? Me lo può dire? 
Oh, disse il dottore. Ma sì. Per quanto ne posso sapere, va tutto bene. Non sono stato chiaro? Finché avrà cura di se stessa, non c’è motivo per cui le cose debbano andare in un altro modo. Non intendevo spaventarla. 
Lei si concesse pochi istanti di pianto silenzioso, con le spalle abbandonate in avanti e i capelli che le coprivano il volto. Il vecchio dottore prese la mano di lei fra le proprie e la strinse per un attimo in modo affettuoso, tranquillo, sereno come un nonno, guardandola semplicemente in viso senza parlare, trattandola con rispetto e gentilezza, forte della sua lunga esperienza con le pazienti dell’ambulatorio. 
Più tardi, quando ebbe recuperato la calma, dopo che il dottore se n’era andato, la ragazza uscì dalla Holt County Clinic, che era vicina all’ospedale, e la luce in strada le parve tagliente e aspra, impietosa, come se anziché un pomeriggio di fine autunno, un’ora prima del crepuscolo, fosse mezzogiorno in punto in piena estate, e lei se ne stesse immobile alla luce abbagliante del sole. (Kent Haruf, Canto della pianura, NN Editore, 2015)

Figurati, Maggie, sei bella, disse Guthrie. Non lo sai? Mi togli il fiato. 
Lo pensi davvero? 
Dio mio, sì. Non lo sai? Pensavo sapessi tutto. 
So un sacco di cose, disse lei. Ma fa molto piacere sentirselo dire. Ti ringrazio. Si mise a letto. E ora sbrigati, gli disse. Cosa stai facendo? 
Cerco di togliermi gli stivali. Mi hai fatto ballare così tanto che ho i piedi gonfi e non ci riesco. È come se avessi camminato nell’acqua o qualcosa del genere, sono fradici. 
Poverino. 
Hai proprio ragione. 
Vuoi che mi alzi e venga ad aiutarti? 
Dammi solo un minuto, disse lui. 
Finalmente riuscì a togliere gli stivali, si mise in piedi, si svestì e rimase nudo e tremante a guardarla, allora lei sollevò le coperte e Tom ci si infilò. Oh Gesù, sei gelato, disse Maggie. Vieni più vicino. A letto era incredibilmente calda e morbida, era la donna più generosa che avesse mai conosciuto. Se la sentiva addosso come seta. 
Però dimmi una cosa, disse lei. 
Cosa? 
Non pensi davvero che io faccia paura, no? 
Oh sì, invece. 
Dimmi la verità. 
Dico sul serio adesso. È la verità. A volte non sono sicuro di sapere come comportarmi con te. 
No? 
No. 
Che cosa vuoi dire? Perché? 
Perché sei diversa da tutte le altre, disse lui. Sembra che la vita non ti abbia mai sconfitta o impaurita. Sei sempre cristallina, qualunque cosa accada. 
Lei lo baciò. I suoi occhi scuri lo osservavano nella penombra. Qualche volta sono stata sconfitta, disse Maggie. Ho avuto paura. Però sono proprio pazza di te. Allungò la mano e glielo toccò. Qui c’è una parte di te che sembra sapere come comportarsi con me. 
Tu sì che sai come accendere l’interesse, disse Guthrie. (Kent Haruf, Canto della pianura, NN Editore, 2015)
»

In Mixtura la mia recensione al volume di Kent Haruf, 'Benedizione', NN editore, 2015, qui
In Mixtura le mie recensioni di #LibriPiaciuti qui
In Mixtura i contributi di Kent Haruf qui

2 commenti:

  1. Grazie Massimo per la recensione: Benedizione mi è piaciuto moltissimo (l' avevo conosciuto tramite Mixtura) e acquisterò anche questo volume! Un sorriso scritto e letto Barbara

    RispondiElimina
  2. Grazie a te, Barbara. Sono contento di aver contribuito, in piccolo, a fa conoscere quello che per me è davvero un grande scrittore. mf

    RispondiElimina