Ogni atto terroristico è un attacco al legame sociale. È un attacco alla partnership, a pensare e trattare l'altro come potenziale partner con cui lavorare per un profitto. Il concetto di profitto sia poi il più largo possibile: quello monetario non è che uno, e forse neanche il più rilevante, delle possibile forme che può assumere. È un errore ridurlo a termini puramente economicisti. (...)
Tocca a noi non permettere che i terroristi riescano nel loro intento, nella disgregazione del legame sociale, che ci riescano con noi e con chi amiamo. Glielo permettiamo quando accettiamo di considerare l'altro, ogni altro, come un potenziale nemico, come un soggetto di cui diffidare, da cui tenerci lontano. Glielo permettiamo quando accettiamo di ridurre l'universo allo stretto giro delle nostre conoscenze fidate, sicure e rassicuranti. Glielo permettiamo quando accettiamo di dar credito e ritrasmettere le voci che girano perdendo il senno, senza verificarne la fonte, fidandoci di chi non è affidabile. Glielo permettiamo quando, vivendo così in difesa, induciamo i nostri figli a ritirarsi, a pensare che il reale è maligno, che ogni altro è cattivo. Così, la prudenza che rende accorti lascia il passo al panico che rende ottusi. E il giudizio che permette di discriminare lascia il passo al qualunquismo, che in questo caso criminalizza. (...)
Non induciamo in tentazione il pensiero dei bambini e dei ragazzi che nella loro storia personale si è già orientato alla partnership. Crescere una generazione scettica e cinica è il modo migliore per assicurare il successo a chi ci vuole terrorizzati e pavidi. Ossia senza futuro.
*** Luigi BALLERINI, psicoanalista, Terrore, il rischio di crescere una generazione scettica, 'Avvenire', 25 novembre 2015
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