Steve Jobs, il creatore di Apple, quando era presidente di Pixar, leader mondiale del cinema di animazione poi inglobata in Disney, assumeva regolarmente persone irregolari.
Tra queste Brad Bird, famoso per aver lanciato i Simpson, quando fu chiamato dalla Pixar si senti dire: «L’unica cosa che temiamo è scivolare nell’autocompiacimento. Dobbiamo importare persone dall’esterno per mantenere una situazione di squilibrio creativo».
Poco dopo Bird spiegò così la logica della sua assunzione: «Mi hanno assunto perché portassi una certa indisciplina. Mi hanno licenziato parecchie volte perché ero indisciplinato, ma è la prima volta che mi assumono per questo.»
Gary Hamel, nel suo Il futuro del management, riferendosi alle qualità che i collaboratori dovrebbero possedere in termini di contributo alla creazione di valore e alla generazione di vantaggio competitivo per l’organizzazione per la quale lavorano, propone una classifica di sei valori per comprendere le caratteristiche ideali dei professionisti che agiscono in mercati ipercompetitivi e ultrainnovativi, come dire l’ambiente sulla soglia del caos che oggi ci accompagna.
Passione 35%
Creatività 25%
Iniziativa 20%
Intelletto 15%
Diligenza 5%
Obbedienza 0%
In questa dimensione entrano in gioco anche la capacità di mettere continuamente in discussione le proprie conoscenze per acquisirne di ulteriori e diverse, la predisposizione al rischio e al fallimento, il non accontentarsi del mondo così come visto da una visione ”unidirezionale“.
Con un corollario, che sottoscrive lo stesso Hamel: le prime tre qualità dell’elenco qui sopra le potete comprare? E allora, come potete fare per assicurarvele?
Chi sa rispondere a questa domanda tra 10 anni ci sarà ancora. Gli altri saranno vegetali o robot.
*** Paolo CERVARI, consulente filosofico, saggista, Assumete chi infrange le regole o tra 10 anni sarete robot, 'caosmanagement', n. 99, luglio 2015, qui
Caro Massimo,
RispondiEliminainteressante anche se tutte le volte che leggo articoli come questi mi lasciano un po’ perplesso perché mi sembra solo teoria, molto, forse troppo lontano da quello che avviene in realtà.
Anche perché va bene rompere le regole, ma dipende… nell’articolo sembra che chi rompe le regole sia il giullare, o il simpatico di turno. Può anche succedere che chi rompe le regole, rompa anche qualcos’altro e sia davvero difficile lavorarci assieme. E come dicevi anche tu in altro post del 18 luglio, quando si sale a bordo di un aereo, c’è forse qualcuno che gradirebbe un pilota ‘dirompente’ e fuori dagli schemi?
E’ giusto quindi tenere presente tutti i due aspetti: l’importanza della trasgressione e l’importanza delle procedure.
Condivido, Stefano.
RispondiEliminaCome sai (perché ho ripetuto spesso il mio pensiero), sono un fan dell'approccio 'ossimorico'.
Dunque trasgressione, ma anche osservanza delle regole. Il solito 'et-et': difficile da praticare. Anche per il dosaggio non scontato: ogni volta da (ri)trovare.
Spesso certe provocazioni (e di provocazioni credo di intendermene...) lasciano il tempo che trovano: perché, provocando eccessivamente, 'passano sopra' la realtà. La quale resta, imperturbabilmente, ciò che è. Servono, specie oggi, soprattutto a chi le lancia: perché gli regalano quella posizione anticonformista che, essendo sempre più difficile da trovare, fa sempre più fino cercare di avere. Intendiamoci: spesso il provocatore (e ripeto che me ne intendo...) è in buona fede e crede, provocando, di 'mordere' la realtà e di produrre qualche 'crepa' nelle prassi. Ma le prassi continuano a fluire incontaminate, 'lisce' e indisturbate come prima e più di prima.
Resta il fatto che oggi, a mio avviso, il pedale della trasgressione (almeno di quella intelligente e mirata: perché quanto a violazioni di norme etiche e di legge non ci supera nessuno...), dovrebbe essere schiacciato di più.
Se nelle imprese, ad esempio, avessimo meno 'cani da riporto', anche e soprattutto ai livelli manageriali, forse il rischio (a mio avviso giustissimo) paventato dall'articolo di Paolo Cervari, non esisterebbe. E forse lo stesso Paolo Cervari avrebbe scritto un articolo per stigmatizzare l'eccessiva trasgressività e invitare a una maggiore osservanza delle regole.
Grazie a tutti. Concordo con quanto avete detto, ma aggiungo che c'è un fattore strutturale. I lavori a basso contenuto creativo - ovvero eseguibili da macchine - spariranno, e con loro il paradigma industriale dell'organizzazione, che era intelligente per fare lavorare degli stupidi. Aumenteranno di conseguenza le discrezionalità decisionali ed è molto facile che si disintegri l'organizzazione così come la conosciamo. Certo che c'è l'ossimoro e lo strabismo, ma vi sono anche mondi a più velocità e il tunnel del tempo sta stirando la società.
RispondiEliminaPiù che d'accordo.
RispondiEliminaConformisti e cani da riporto forse dovranno darsi una regolata.
Del resto sono maestri nel regolarsi. Sugli altri e su quanto accade attorno.
Stavolta però bisognerà vedere se ce la faranno. Perché è vero che (se il nostro non è un 'wishful thinking') la 'nuova organizzazione', più costruita sugli 'intelligenti' e meno sugli 'stupidi', avrà sempre meno bisogno di 'eterodiretti'. Ma è anche vero che 'autodiretti' non ci si improvvisa. E - lo sappiamo - la cultura del monopensiero e del signorsì, in cui tutti continuiamo a convivere, lungi dall'essere 'soft', è quanto di più duro e persistente esista. A maggior ragione se siamo ben lungi dal prepararne il cambio. Continuando a premiare fedeli e cortigiani, mentre ci riempiamo la bocca di merito e meritocrazia.
Anche per questo, la provocazione di Cervari è utile. O almeno lo sarebbe, se venisse ascoltata.
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RispondiEliminaCaro Paolo,
RispondiEliminaconcordo con quanto dici in particolare sul tema della disgregazione delle organizzazioni così come le conosciamo. Invece non concordo sul fatto che i lavori a basso contenuto creativo sono facilmente eseguibili da macchine. Per esempio il lavoro di addetto alle pulizie, o di aiuto cuoco, è un lavoro che non richiede alta formazione. Ma ancora per diversi anni gli umani sapranno svolgere queste mansioni meglio delle macchine, perchè non sono lavori routinari (poco creativi, ma molto difficili da realizzare attraverso un algoritmo). E’ molto più facile sostituire un contabile, anche molto preparato, con un computer che una cameriera ai piani. Ci sono robot che riescono a piegare un asciugamano ma al momento e (ancora per qualche anno) sono molto, molto più lenti di una cameriera.