“Quelle decisioni di Reagan, abbassare le tasse più l’enfasi sulla deregulation, scatenarono le fondamentali forze costruttive del libero mercato, che dal 1983 è stato quasi sempre in ascesa,” ha detto esultante Friedman.
Però c’era un importante risvolto che non citava: Reagan aveva anche fatto piovere sull’economia quattrini del contribuente a livelli mai visti. Aveva tagliato i programmi sociali per gli indigenti, ma erano spiccioli rispetto agli aumentati stanziamenti per la Difesa, che passarono da 267 miliardi nel 1980 a 393 nel 1988 a parità di potere d’acquisto.
Il debito pubblico crebbe da un terzo del Pil nel 1980 a più della metà a fine 1988, passando da 900 miliardi a 2800. Il deficit di bilancio fu pagato con l’indebitamento pubblico. Quando Reagan entrò alla Casa Bianca l’America era il più grande creditore al mondo, allorché si ritirò nel suo allevamento di cavalli a Santa Barbara era diventata il massimo debitore al mondo, che doveva ai creditori stranieri circa quattrocento miliardi di dollari.
Il consigliere economico del presidente, Herbert Stein, osservò che “l’aspetto notevole della politica economica di Reagan, a parte il linguaggio, è stata la dimensione dei suoi deficit”.
Il presidente, che si crogiolava al sole del boom economico, minimizzò il disavanzo record. “Il deficit non mi preoccupa, è abbastanza grande da badare a se stesso,” disse con una battuta.
Per tanti keynesiani la Reaganomics era poco più di un gioco delle tre carte, un trucchetto politico che, dietro la virile retorica hayekiana sulla drastica riduzione delle dimensioni dello stato, avviava un’ondata di spesa nel settore della Difesa che innescava la domanda aggregata e la crescita economica. Secondo il premio Nobel Robert Solow, economista del MIT, “il boom durato dal 1982 al 1990 è stato architettato dall’amministrazione Reagan in perfetto spirito keynesiano, aumentando la spesa e abbassando le tasse, un classico caso di deficit di bilancio espansionista”.
Galbraith era d’accordo. “[Reagan] è arrivato alla presidenza mentre il paese viveva una recessione abbastanza sgradevole e [ha adottato] tante robuste politiche keynesiane. Uno dei risultati è stato l’economia in ripresa negli anni ottanta sotto Ronald Reagan. E uno degli aspetti divertenti è che è stato fatto da persone che non capivano sul serio Keynes e lo criticavano. Abbiamo così avuto un involontario keynesismo anonimo.”
*** Nicholas WAPSHOTT, 1952, giornalista e saggista britannico, Keynes o Hayec. Lo scontro che ha definito l'economia moderna, 2011, Feltrinelli, 2015
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