Esistono almeno quattro modi per indicare il Califfato islamico:
- Isil (Islamic State of Iraq and the Levant)
- Isis (Islamic State of Iraq and Syria, oppure Islamic State of Iraq and ash-Sham)
- Daesh (acronimo arabo usato dai nemici)
- Is (Islamic State).
(da 'La Stampa', 27 agosto 2015)
Usiamo la sigla che preferiamo: conta ciò che sta dentro il contenitore.
E il contenuto dice che resta, più attuale che mai, l'ennesima perversione nell'uso di Dio, offertaci dalla storia.
Già, perché, tanto per cambiare, il nuovo è vecchio. Tremendamente vecchio.
Anche l'efferatezza degli eccidi fa parte della tradizione.
Come i genocidi: compiuti pregando compuntamente il nome di un dio 'nostro', gelosamente cucito sulle insegne delle nostre sante armate ('Gott mit uns').
O le stragi di selvaggi dei secoli passati: realizzati innalzando la croce, con il fine, naturalmente, di redimere i poveri pagani senzadio.
Una storia che noi occidentali abbiamo rimosso. Così ci riesce meglio la proiezione esclusiva del male sugli 'altri'.
Quando noi umani (tutti, di qualunque latitudine) smetteremo di investire dentro un dio la nostra disumanità, fatta di immonda e inarrivabile brutalità e arroganza, avremo fatto un passo avanti per diventare umani.
Ma il passo, per ora, sembra lontano. E neppure sappiamo se saremo capaci di compierlo.
Del resto, anche noi, qui e ora, che stiamo trasformando ogni giorno il Mediterraneo in un cimitero d'acqua (2.500 morti solo in questi mesi del 2015) continuiamo a dirci, in maggioranza, senza vergogna, cristiani.
Senza renderci conto della bestemmia che ci esce dalle labbra.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
La carneficina dell'Isis
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La strage di migranti nel Mediterraneo
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