[D: Siamo abituati a pensare al 'phishing' come alla sottrazione di informazioni riservate su Internet, come il numero di carta di credito, per usi fraudolenti. Lei però intende il termine in senso più ampio...]
«Più in generale mi interessa come aziende e organizzazioni sfruttino i nostri momenti di irrazionalità o la nostra mancanza di informazioni per farci abboccare alle esche che disseminano sul mercato».
[D: A proposito di mancanza di informazione: oggi cosa è cambiato di più nel rapporto tra consumatori e aziende?]
«Pensiamo ai nostri acquisti tipici: sono per lo più abitudinari. Quando siamo al supermercato non confrontiamo ogni volta tutti i vari prodotti tra loro, ma compriamo "il solito", ossia la marca abituale. Però esistono momenti nei quali prendiamo decisioni "nuove": cogliere questi momenti è importante per le aziende che vogliono conquistarci come consumatori. Ad aiutarle sono i big data, ossia i veri e propri dossier digitali che le aziende raccolgono su di noi, mettendo insieme le informazioni che disseminiamo su Internet e altrove. Un esempio: nel 2012 la catena di supermercati Target, applicando modelli statistici agli acquisti di una ragazza del Minnesota, tra i quali cotone e integratori minerali, «intuì» che la ragazza fosse incinta e le mandò a casa pubblicità per future mamme, con lo stupore dei suoi genitori che ne erano all'oscuro».
[D: Le aziende, insomma, ci conoscono meglio di noi stessi...]
«Pensi alle palestre. Studi mostrano che in media gli americani vanno in palestra circa 5 volte al mese, e cosi facendo finiscono per pagare in media 17 dollari a ingresso. Quando esisterebbero anche ingressi unici a 10 dollari. Preferiamo sottoscrivere abbonamenti annuali per non stare a pagare di volta in volta, ma in genere così facendo regaliamo soldi alle palestre, che d'altra parte sanno bene quanto siamo pigri e ci incentivano agli abbonamenti "lunghi"».
[D: Comunque, anche quando ci costa troppo, la palestra è salutare. Molto meno bene, invece, fa il gioco...]
«In Nevada - dove le slot machine sono ammesse ovunque: supermercati, negozi, stazioni di servizio - ogni adulto in media spende 1.200 dollari all'anno nel gioco: oltre il 4% del reddito pro-capite, 9 volte in più della media americana. Quando si ammorbidiscono le regole, possono formarsi incentivi dannosi per la società».
Perché una grande differenza tra ciò che le aziende sanno e ciò che i consumatori sanno è dannosa non solo per le nostre tasche, ma anche per l'economia?
«Diventa un danno soprattutto in mercati di un certo tipo. Certi beni che - come le auto usate - hanno una qualità molto variabile, e per di più molto difficile da valutare a occhio al momento dell'acquisto, incentivano i venditori a vendere esemplari di scarsa qualità a prezzo più alto di quello che valgono. Questo porterà i compratori a orientarsi verso prodotti di prezzo medio, per ridurre il rischio. Ma allora i venditori saranno ancora meno incentivati a mettere sul mercato beni di buona qualità, perché, per venire incontro alla percezione dei consumatori, dovrebbero venderli a prezzo inferiore al loro valore. Così, a lungo andare, la competizione tra venditori farà rimanere sul mercato soprattutto quelli che vendono beni di cattiva qualità, con danno anche per i consumatori».
[D: A proposito di beni di cattiva qualità: e i prodotti finanziari?]
«Non è molto diverso dal caso delle auto usate: siamo arrivati alla crisi del 2008 perché le agenzie di rating, per compiacere i clienti, sopravvalutavano prodotti finanziari scadenti. Così era diventato più conveniente mettere sul mercato prodotti finanziari rischiosi, come le obbligazioni garantite da mutui subprime, contando che le agenzie di rating li avrebbero fatti sembrare più sicuri con le loro valutazioni generose. E' un altro esempio di incentivi sbagliati che portano un mercato al collasso».
[D: Nel libro lei mostra che le asimmetrie informative tra chi «vende» e chi «compra» esistono anche in politica...]
«Pensiamo alla strategia elettorale più scaltra. Innanzitutto fare pubblici proclami su argomenti che stanno a cuore all'elettore medio, e sui quali è sufficientemente informato. Poi invece, su quegli argomenti che sfuggono al grande pubblico ma stanno a cuore ai gruppi di interesse, il politico americano tende a rivolgersi con una certa discrezione alle lobby per farsi finanziare la campagna elettorale rivolta al grande pubblico».
[D: Comunque siamo bravissimi ad autoingannarci, anche senza influenze esterne...]
«Lo facciamo soprattutto per esorcizzare pensieri sgradevoli. Studi degli anni Settanta mostrarono che i dipendenti di centrali nucleari erano restii a indossare dei badge utili a raccogliere informazioni sull'esposizione alle radiazioni. Si è anche visto che molti di coloro che vivono in zone a rischio di terremoto o alluvione sono restii ad assicurarsi contro quelle minacce. Chi si comporta così lo fa per autoconvincersi che tutto andrà bene. È la stessa ragione per cui è bene che gli accantonamenti previdenziali siano obbligatori: se lasciati del tutto liberi, molti di noi non risparmierebbero abbastanza perché non desiderano immaginarsi vecchi».
*** George A. AKERLOF, economista statunitense, premio Nobel per l'economia nel 2001, autore con Robert J. Shiller (economista e premio Nobel per l'economia nel 2013) di Phishing for phools: the economics of manipulation and deception (A pesca di sciocchi: l'economia della manipolazione e dell'inganno), Princeton University press, 2015, intervistato da Giuliano Aluffi, Tutte le trappole per far comprare anche quello che non serve, 'Il Venerdì', 31 luglio 2015
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