Perché si ripete sempre lo stesso problema In Italia? La difficoltà nel fare sistema; gli albergatori piccoli che non vanno d'accordo con quelli grandi, tutti e due che non s'intendono con i tour operator. Per lo straniero è un mistero. Nel piccolo il Paese funziona benissimo. Il bar dove chi viaggia va a fare colazione è una meraviglia di organizzazione e efficienza. Idem l'albergo che trova su Booking.com. Talento e preparazione non mancano. Ma se per caso il turista si mette a parlare con i protagonisti di queste realtà virtuose, gli diranno che raggiungono i loro obiettivi non grazie alle infrastrutture statali ma loro malgrado, lottando contro ogni tipo di ottusità, sorvolando su qualche regola. Poi trova il museo chiuso, lo sciopero dei mezzi, in generale una grande difficoltà a combinare visite e percorsi. E magari gli viene da pensare che questa sarà la sua ultima vacanza italiana. (...)
Ecco l'ipotesi che dopo trentatré anni in Italia sono giunto faticosamente a elaborare.
Nella stragrande maggioranza dei casi, il primo valore per l'italiano è l'appartenenza. Fare parte di una famiglia, un gruppo di amici, una categoria, essere accettati e rispettati dagli altri è il bene supremo. Più importante di essere buoni, o indipendenti e coraggiosi, più importante ancora di essere vincenti e avere successo, conta essere ben integrati nel proprio gruppo di riferimento. L'esclusione da quel gruppo verrà vissuta come un incubo, così come, all'inverso, la minaccia di abbandonare famiglia o amici è una carta pesantissima da giocare. (...)
La situazione ha il suo lato positivo. Gli italiani fanno di tutto per sostenere chi del loro gruppo rischia di finire in mezzo a una strada. Quasi non è permesso fallire. Qualche lavoretto comunque ti troveranno. O una pensione d'invalidità. In questo l'Italia è lontana anni luce dall'America, dove sia il successo plateale, come pure il fallimento rovinoso, il morire da mendicante nel gelo newyorkese, fanno parte della narrativa collettiva più consueta, essendo gli americani più attaccati al sogno di vincere, di riuscire personalmente, che non all'appartenenza. Si parla molto dell'individualismo italiano, ed effettivamente molti italiani se ne infischiano allegramente delle regole della vita civile. Ma lo fanno perché forti della loro appartenenza a una famiglia o a un gruppo che non tradiranno mai. Non esiste, in Italia, la figura del "whistlebiower", che denuncia le malefatte del gruppo in favore del bene collettivo. Non esiste perché non solo sarà escluso dal proprio di gruppo, ma anche da ogni gruppo che si rispetti. È questo il guaio italiano. L'appartenenza è il valore dominante, ma il gruppo di riferimento non corrisponde mai alla nazione. (...)
*** Tim PARKS, 1954, giornalista e saggista inglese, Ma il senso di appartenenza vi fregherà sempre, 'L'Espresso', 10 luglio 2015
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