Walter MOSLEY, Little Scarlet, 2004, Einaudi, 2014
traduzione di Wu Ming 1
pagine 298, € 16,50, formato ebook € 6,99
Il 'noir' americano, per lo stile e i contenuti 'hard boiled' che lo hanno reso famoso, non è tra i miei preferiti.
E forse anche per questo solo oggi mi è capitato di incontrare Walter Mosley, un autore afroamericano autorevole e pluripremiato, che ha scritto parecchi romanzi, ma ha acquisito un successo particolare con le avventure seriali di un investigatore nero, Easy Rawlins.
Incontro felice, lo ammetto: non solo per la vicenda specifica (intensa e coinvolgente), ma perché il protagonista, che si rivela figura complessa e accattivante per sensibilità umana ed equilibrio di visione politica, ci offre uno sguardo non banale sulla cultura dei neri statunitensi, che ovviamente ben conosce per la sua appartenenza orgogliosa e convinta, benché resistente alle lusinghe della violenza
Il contesto ci immerge nelle rivolte razziali di Los Angeles degli anni 60. L'obiettivo assegnato a Easy Rawlins, l'investigatore 'senza licenza' cui la polizia (bianca) si affida, in segreto, per scoprire l'omicida della trentaquattresima vittima (nera) dei disordini, è particolarmente delicato, tanto che la notizia di questa ennesima morte è tenuta segreta: il rischio infatti è quello di scoprire che l'autore sia un bianco; il che potrebbe gettare nuova benzina sul fuoco.
I personaggi che muovono la storia sono tanti: a parte un poliziotto bianco 'anomalo', che suscita simpatia in Easy Rawlins per la capacità rara di sottrarsi ai pregiudizi razziali e che si rivela un supporto importante per l'indagine, tutti gli altri sono amici o conoscenti afroamericani dell'investigatore, più o meno implicati in attività criminali di sopravvivenza. E che spesso fanno riferimento a storie che l'autore ha intrecciato nei numerosi romanzi precedenti. E poi, c'è la famiglia, intrigante, del protagonista: la moglie hostess, che vola per il mondo ma ha sempre il cuore a casa, con i figli adolescenti, costituisce per Rawlins un porto sicuro e stabile di affetto e sostegno: un fattore decisivo, questo, per contrastare le sottili tentazioni con le quali spesso le donne incontrate durante le varie attività di indagine lo sottopongono a prova.
Il linguaggio secco, nervoso, svelto, ma ben costruito e capace di rendere con incisività descrizioni e atmosfere, invita a far correre le pagine. Storia e stile offrono una lettura leggera, ma saporita e mai distratta: una trama che prende e non ti lascia indifferente. Si avverte con piacere la presenza non neutrale, ma 'impegnata', dell'autore nel far vivere i grandi temi delle relazioni sociali e di potere tra la maggioranza bianca e la minoranza nera: povera, disprezzata e angariata.
Sappiamo che anche a distanza di quasi cinquant'anni dall'epoca qui rievocata, la questione dell'integrazione resta irrisolta (non solo tra bianchi e neri e non solo in Usa): il romanzo, restando dentro i canoni tradizionali di un 'noir', non la pone al centro, ma lo sfondo 'acceso' su cui è tutto costruito sembra, per certi versi, ancora più parlante e provocatorio e non può non suggerire qualche pensiero utile anche per l'oggi.
Sappiamo che anche a distanza di quasi cinquant'anni dall'epoca qui rievocata, la questione dell'integrazione resta irrisolta (non solo tra bianchi e neri e non solo in Usa): il romanzo, restando dentro i canoni tradizionali di un 'noir', non la pone al centro, ma lo sfondo 'acceso' su cui è tutto costruito sembra, per certi versi, ancora più parlante e provocatorio e non può non suggerire qualche pensiero utile anche per l'oggi.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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Guardavo un servizio sulla rivolta al notiziario di seconda serata, col volume tutto basso. Quei poveracci, per le strade, combattevano un nemico che anch’io conoscevo bene. Avevo letto i quotidiani e sentito le opinioni degli anchormen bianchi, ma opinioni come la mia non le trasmettevano mai. Odiavo le devastazioni e la violenza, ma a che servivano legge e ordine, se tutti ignoravano che vita facevano i nostri bambini, trattati da teppisti e puttanelle? La mia pazienza era ormai piú sottile di un nichelino, ma stavo ancora in casa, con l’intenzione di proteggere la mia famiglia acquisita. Per quello mi ero messo a piangere. Ma come potevo spiegarlo a una bambina di nove anni?
– Ero triste perché le persone non si capiscono tra loro, – dissi.
– È per questo che fanno a botte.
– Perché? – mi chiese lei, poi appoggiò la testa alla mia guancia, e tutto il dolore si dissolse.
– Perché non sanno com’è stare nella pelle di un altro.
– Ho fame, papà, – disse, e capii che avevo trovato le parole giuste. (Walter Mosley, Little Scarlet, Einaudi, 2014)
Bonnie aveva avuto la sua parte di sofferenza, nella vita. Lo sapevo bene, e non volevo rivangare, ma sentivo l’urgenza di spiegarmi.
– Ma il fatto di avere subito un torto, – disse lei, e in ogni parola si sentiva quella sofferenza, – non rende giusta ogni mia azione. Non potremmo decidere, una volta tanto, di lasciar correre e andare oltre?
– Non puoi lasciarti alle spalle una cosa del genere. Ci pensi quando vai a letto, e ci pensi quando ti svegli. La stavo guardando negli occhi. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo, ma non lo fece.
– Ed è anche peggio di così. A molte persone il dolore che hanno provato rimane dentro, e da fuori non si vede. Se io ti do un pugno in testa, rimane tra me e te. Dopo tu puoi lasciarmi, trovarti un altro uomo e andare a lavorare senza vedere altre donne con bernoccoli in testa. Ma se sei di Watts o di Harlem o di Fifth Ward, ogni anima che incontri è stata minacciata, picchiata, messa in galera. Se hai figli, prima o poi verranno picchiati. Per quanto tu vada indietro coi ricordi, troverai sempre una storia di violenza. E allora, quando vedi un tizio portato via dagli sbirri e sua madre che piange, la cosa riguarda anche te. Magari la donna non la conosci, e il tizio chissà che ha fatto per essere arrestato, ma non importa, perché ci sei passato anche tu. E ci sono passati anche quelli intorno a te. E fa caldo, e non hai il becco di un quattrino, e queste cose le hai subite per il colore della tua pelle, per più anni di quelli che tua nonna può ricordare.
C’erano lacrime, nelle mie parole, se non nei miei occhi, e anche Bonnie stava piangendo. Mi mise le mani sugli avambracci. Il suo calore mi attraversò la pelle. Rimanemmo in silenzio. (Walter Mosley, Little Scarlet, Einaudi, 2014)
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