martedì 21 luglio 2020

#FAVOLE & RACCONTI / Il Vecchio Merlo, il lombrico, il Serpentello (Massimo Ferrario)

Il Vecchio Merlo cominciava a sentire i suoi anni: non volava più alto nel cielo, disegnando quei guizzi e quelle acrobazie che tanto gli piacevano quando era giovane. Ora preferiva cercare l'onda del vento, per lasciarsi trasportare, placido e lento, mentre si godeva il panorama della terra a pochi metri dal bosco, apprezzando la brezza che gli accarezzava le penne. 

Anche stavolta gli capitò. Perché la vista continuava a essere acuta e non gli sfuggiva nulla.
Laggiù c'era un vermiciattolo che strisciava tranquillo in un sentierino in ombra. 
Poteva essere il suo pranzo, pensò. E il pensiero fu subito azione: si fiondò a terra e l'ebbe nel becco. 
Poi, rapidissimo, si rialzò in volo, con l'intenzione di cercarsi il pino più alto del bosco, piazzarvisi in cima e gustarsi con calma, su un piccolo ramo dondolante all'aria fresca, il pranzetto che si era conquistato.

Ma non aveva fatto i conti con una decina di merli giovani, cui non era sfuggito il vermiciattolo che  lui teneva penzoloni in bocca. 
Spuntarono all'improvviso e lo attorniarono, svolazzando minacciosi e puntando al suo becco. 
Lui roteava nell'aria in giri più larghi e più piccoli e loro lo seguivano; lui volava più alto e loro si alzavano; lui si abbassava e loro facevano altrettanto.
Impossibile sfuggire.

Il Vecchio Merlo ricordò la giovinezza: anche lui aveva fatto le sue battaglie. 
In casi come questo mai avrebbe ceduto ciò che si era conquistato: anzi, era divertente entrare in lizza con chi allora, come lui, sprigionava vitalità e irruenza da ogni penna. La soddisfazione di vincerlo e di rubargli il boccone, magari anche dopo averlo punzecchiato in un corpo a corpo più o meno sanguinoso, era addirittura superiore alla fame: e lui ci riusciva quasi sempre. 
Per questo si era conquistato autorevolezza e rispetto.
Ma quell'età era passata. E la vecchiaia portava anche una visione più distaccata, se non più saggia. 

Il Vecchio Merlo puntò diritto verso terra, proprio in direzione di un serpentello che in quel momento aveva alzato il capino, attratto dal frullo di ali che si faceva sempre più rumoroso e vicino.

Fu un attimo: il serpentello spalancò la bocca, il Vecchio Merlo aprì il becco e il lombrico trovò una nuova destinazione.

I giovani merli, delusi e arrabbiati, ripresero i loro svolazzi in ogni parte del cielo, emettendo suoni striduli, ben diversi dai canti allegri e armoniosi che normalmente erano capaci di emettere. 
Il Vecchio Merlo, invece, per nulla turbato dalla vicenda, anche se un po' ansimante, dopo aver planato a terra, a qualche metro di distanza dal serpentello, rimase ritto sulle zampette, guardandosi in giro.

«Buongiorno», disse il serpentello. «E grazie. Un pasto squisito quel lombrico: ti sono in debito, caro merlo. Ho seguito in volo te e i tuoi amici e ho capito che loro ti erano poco amici, perché erano determinatissimi a sottrarti il cibo che avevi nel becco. Hai cercato di difenderti scappando, ma non hai lottato. Perché hai ceduto?».
«Non ho più l'età, caro serpentello.»
«Vuoi dire che tu sei vecchio e loro sono giovani?"
«Anche. Quando si invecchia, la forza diminuisce. Ma non è solo per questo. E' che con gli anni si capisce ciò che da giovani non si capisce.»
«E cioè?»
«Che si può smettere di competere e si vive lo stesso. Meglio, tra l'altro. Non c'è bisogno di vincere sempre. Non mette conto azzuffarsi: né per sfamarsi con un lombrico, né per dimostrare di essere i più forti.»
«Allora bastava che tu cedessi il lombrico a uno dei tuoi amici».
«Sì, avrebbero smesso di attaccare me. Ma avrebbero subito cominciato ad attaccare lui. Facendo uscire di scena il 'mio' lombrico, oggetto della contesa, non ho cambiato certo il modo di vivere, e di competere, della specie dei merli cui appartengo. Continueranno ad azzuffarsi per rubarsi qualche boccone nel becco. Ma non lo faranno a causa mia. Io non ho l'ambizione di cambiare i loro comportamenti: io mi sono limitato, forse tardi, ma neppure io prima ne ero capace, a cambiare il mio, di comportamento. Chissà: magari anche altri merli, prima o poi, potrebbero seguirmi. E allora, fammi fantasticare, tutta la specie smetterà di sottrarsi di bocca il cibo: chi se l'è procurato non avrà bisogno di difenderlo e nessuno farà a gara con gli altri per dimostrare che lui è più bravo nel rubare. Sarebbe un bel giorno. Perché non so la ragione per cui noi merli, tu serpentello, tutti gli animali, umani compresi, siamo al mondo. Però ho imparato che farsi la guerra non è un bel mondo.»
«D'accordo, Vecchio Merlo: adesso ti scopro pure filosofo. Intanto, però, sei rimasto senza pranzo.»
«Ti correggo: sono rimasto senza quel lombrico che ti ho lasciato cadere in bocca. Ma la terra è piena di lombrichi. E di tanti altre cose che possono diventare buon cibo. La natura, nonostante gli umani che la saccheggiano e godono nell'essere sempre in guerra con altri umani per appropriarsene sempre di più, è in grado di dar da mangiare a tutti: soddisfacendo ogni gusto culinario di ogni essere che la abita.»

Il Vecchio Merlo si guardò attorno: da un ramo pendeva una ragnatela.
«Ecco, caro serpentello. Guarda anche tu, ad esempio. Basta cambiare pietanza: questo mi pare bello e grassottello e a me i ragni non dispiacciono».

*** Massimo Ferrario, Il Vecchio Merlo, il lombrico, il Serpentello, per Mixtura - Libera riscrittura creativa di un racconto tratto dalla rete.


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