(...) «la Seconda Repubblica è stata una rissa ideologica permanente che ha impantanato l’Italia in discussioni sterili mentre il mondo correva. Il berlusconismo e per alcuni aspetti l’antiberlusconismo hanno messo il tasto pausa al ventennio italiano, impedendoci di correre». [Renzi]
Eh no. Troppo comodo, troppo furbo, troppo paraculo: berlusconismo e antiberlusconismo sono due cose opposte ed è il momento che il presidente del Consiglio e segretario del Pd dica non solo ai suoi elettori, ma a tutti gli italiani e anche all’Europa, che cosa pensa di Silvio Berlusconi e di ciò che ha fatto in questi vent’anni. La sua opinione sui dirigenti del centrosinistra Renzi l’ha ripetuta in tutte le salse, specie quando voleva prenderne il posto all’insegna della rottamazione (salvo poi riciclare le vecchie muffe, a parte le poche che non sono corse a baciare la sacra pantofola).
Ma di B., che ci dice di B.?
Se lo ritiene un normale leader di centrodestra, da giudicare serenamente sul piano storico con i suoi pro e i suoi contro, come Kohl, Chirac, Sarkozy, Thatcher ecc, è un conto. Se invece pensa che sia stato un male per l’Italia, anzi il peggiore dei mali della storia repubblicana, è un altro conto. Che cos’ha da dire Renzi su chi ha cacciato dalla tv pubblica Biagi, Santoro e Luttazzi e con loro pezzi interi di società, di realtà e di verità, ha fatto destituire direttori di giornale a lui sgraditi, ha inquinato la vita pubblica con le sue pratiche corruttive e le sue amicizie piduiste e mafiose, ha spudoratamente favorito gli interessi delle sue aziende a scapito della concorrenza e del pluralismo, ha approvato decine di leggi su misura per i suoi interessi e i suoi processi, ha devastato la giustizia e l’etica pubblica praticando, predicando e santificando l’illegalità di massa, ha screditato la magistratura, la libera stampa, la Consulta e infine la stessa Costituzione, cancellando dal sentire comune l’idea stessa che il potere debba essere controllato e arginato da contropoteri indipendenti, picconando i fondamenti della democrazia liberale e dello Stato di diritto? Se tutto ciò è accaduto, e sventuratamente è accaduto, come può Renzi mettere sullo stesso piano il berlusconismo e il suo contrario, cioè le poche voci che si sono levate nel deserto, anche con qualche rischio personale, per contrastare quello tsunami di merda?
Renzi dovrebbe domandarsi quanto sarebbe durato e fin dove si sarebbe spinto il berlusconismo, se non avesse incontrato ostacoli fuori dal sistema dei partiti, nella società civile. E poi ringraziare chi aveva capito tutto fin dall’inizio e messo in guardia gli italiani, mentre lui sedeva sulle ginocchia di Verdini, o vinceva milioni alla Ruota della Fortuna, o andava in gita premio ad Arcore. Se non vuole ringraziare i vivi, s’inchini almeno a chi non c’è più: Montanelli, Biagi, Bocca, Rinaldi, Sechi, Federico Orlando, Bobbio, Galante Garrone, Sylos Labini, Tabucchi, Luzi, Scalfaro, Monicelli, Franca Rame. Questi sono i volti dell’antiberlusconismo: il meglio della cultura liberaldemocratica, liberalcattolica, liberalsocialista e progressista, ovviamente estranea alle greppie dei partiti che col berlusconismo hanno sempre banchettato e fatto a mezzo. Equipararla al berlusconismo è come dire che fra il 1943 e il ’45 l’Italia fu paralizzata da una noiosa e sterile rissa ideologica tra i fascisti che volevano trasformare l’Italia in una dependance del Terzo Reich e gli antifascisti che lottavano per farne una democrazia, impedendoci di correre (al passo dell’oca, s’intende).
Si dirà: ma l’antifascismo nel Dopoguerra imbarcò orde di fascisti convertiti in articulo mortis (di Mussolini, però) e diventò per molti una lucrosa professione e un comodo ufficio di collocamento. Verissimo: l’antiberlusconismo, invece, nemmeno quello. Gli antiberlusconiani non hanno tratto alcun vantaggio neppure dopo la caduta di B. Nessuno di essi ha ottenuto incarichi o prebende dai governi succeduti a B. I quali, anzi, han continuato a ingrassare B. e i suoi cari (da Alfano e Verdini, per non parlare della “nuova” Rai), lasciando gli antiberlusconiani là dov’erano confinati: ai margini, nel ghetto, a espiare la grave colpa di aver avuto ragione.
*** Marco TRAVAGLIO, direttore de 'Il Fatto Quotidiano', Renzi al Meeting Cl: i pro e gli anti, 'Il Fatto Quotidiano', 26 agosto 2015
LINK, articolo integrale qui
Sempre in Mixtura, altri 3 contributi qui
Nessun commento:
Posta un commento