venerdì 12 giugno 2015

#SENZA_TAGLI / Il lavoro come finzione (Furio Colombo)

[Lettera a Furio Colombo: «Leggo un po’ dappertutto sui giornali e in rete di una iniziativa francese: fingere di assumere giovani senza lavoro, organizzare per loro una azienda finta, farli lavorare con il dovuto orario e straordinario in una azienda che non c'è, e pagarli con assegni " fac- simile". Tutto ciò per tenerli su di morale. Mi sembra folle. Marzia»]

Invece si tratta di una rivelazione. Ecco il mondo in cui stiamo vivendo. 
Pensate all'Italia. Per ogni azienda che cambia contratto al giovane lavoratore, trasformandolo, da vero precario in un finto 'a tempo indeterminato con  protezione crescente', il primo ministro e celebrato autore del  'Jobs Act' , proclama la nascita di un nuovo posto di lavoro, anzi di diecimila, anzi di centinaia di migliaia, secondo i giorni e le occasioni. Di solito, ma sempre più mal volentieri, interviene l'Istat per correggere, cambiare, il più delle volte rovesciare i trionfali dati di governo. Ma non importa, si tratta di due realtà distinte, come le aziende 'attive', ma senza prodotto e senza paga dei francesi rispetto alla realtà della disoccupazione continua. Infatti il giorno in cui ascoltate la descrizione del nuovo mondo proposta da Renzi o da uno dei suoi sunniti, è perfetto e completo in sé, è così e basta. E il giorno (magari il giorno dopo) in cui si faranno sentire gli sciiti dell'Istat, sarà un altro discorso, magari un altro problema (ce ne sono tanti) ma non la smentita della trionfale notizia del giorno prima. 
Stiamo facendo esattamente come i fantasiosi francesi, la fabbrica finta che funziona, i contratti finti che piovono, le masse che tornano al lavoro affollando Melfi, la 'buona scuola' che è la prova in sé di essere la scuola nuova, i pensionati che accorrono spontaneamente (cominciando dai più poveri) a offrire la solidarietà, oppure, meglio, a pagare il dovuto alla staffetta generazionale (colpa degli anziani del secolo precedente se i giovani, di tre generazioni dopo non lavorano e avranno, se le avranno, pensioni più basse). 
Intanto si tributa onore a Marchionne per avere assunto mille operai dove ne aveva licenziati quattromila, e avere rimesso in movimento una fabbrica già esistente, lasciata vuota finora, ma senza alcuna traccia dei miliardi di investimenti promessi  varie volte sulla parola. 
Intanto il problema dei migranti, disperati e in aumento, è già stato risolto, senza chiacchiere, con la soluzione della opzione militare (colpire le barche, colpire i mercanti), comando italiano e mano ferma. 
Intanto arrivano a migliaia altri migranti e bisogna salvarli, ma questa è un'altra storia, come la finta azienda e la vera disoccupazione francese. 
Il fatto è che una scena, la finta soluzione di ogni problema, presentata con dettagli  ripetuti e accurati (e con molta irritazione per chi non ci crede) è parte di una narrazione di 'successi' (tanti, nel racconto) che si contrappone con forza al fatto, naturale e spiegabile, che ci siano qua e là, anche residui problemi da risolvere, perché la vita è dura e il momento, benché in piena ripresa, risente ancora di qualche difficoltà dei malgoverni venuti prima.  
La conclusione è un tributo all'onestà dei francesi che dicono chiaro: fate pure finta di lavorare, psicologicamente fa bene. Ma non dimenticate che l'azienda e la paga sono finti, e alla fine, se lo dite, non sarete redarguiti per disfattismo da Serracchiani, Rosati e tutto il gruppo di fuoco del Pd libero.

*** Furio COLOMBO, 1931, giornalista, saggista, già deputato e senatore, Il lavoro come finzione, rubrica 'a domanda rispondo', 'Il Fatto Quotidiano', 2 giugno 2015, qui.

Sempre su questo blog, 1 altro intervento di Furio Colombo qui


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