Paula HAWKINS, La ragazza del treno, 2015, Piemme Edizioni, 2015
300 pagine, € 19.50, ebook € 9,99
Un buon debutto, una buona storia: tesa e indecifrabile fino alle pagine finali.
Una scrittura secca, nervosa, senza fronzoli. Che ti aggancia e non ti molla.
Ottimo l'artificio, non nuovo ma sempre d'effetto, del racconto in prima persona che volta a volta dà occhi e sentimenti, con un diario dettagliato dei fatti in corso che pone il lettore in presa diretta, alle figure principali della vicenda: Rachel, la protagonista, e le altre due donne chiave, Megan e Anna.
Unico neo, a mio avviso, nonostante la relativa brevità del romanzo (circa 300 pagine), una certa prolissità e ridondanza nella descrizione dei problemi psicologici delle tre protagoniste: una asciuttezza maggiore avrebbe giovato a mantenere concentrazione sulla trama, rendendola ancora più veloce e dinamica, senza che ne perdesse lo scavo, efficace ma nella sostanza spesso insistito e quindi ripetitivo, dei caratteri, tutti problematici e per certi versi inquietanti.
Colpisce comunque la conclusione; e anche alla luce di questa appare notevole l'abilità dell'autrice nel tenere in tensione il gioco sino al suo sorprendente scioglimento.
Insomma, una lettura che offre qualche ora di coinvolgimento che non lascia indifferenti: una storia inventata, ma che potrebbe essere vera, ben costruita sulla psicologia, anche contorta, ma proprio per ciò affascinante, che può caratterizzare l'essere umano. Ne sono esempio, come già detto, le tre donne, ma non vanno dimenticati i maschi della trama: vividamente presenti e significativi nello sviluppo della storia, anche se raccontati in modo più indiretto e, apparentemente, più sullo sfondo.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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Il mio lavoro mi piaceva, ma non avevo una carriera brillante; anche se l’avessi avuta, sappiamo bene che le donne sono valutate soltanto in base a due parametri: il loro aspetto fisico e il loro essere madri. Io non sono bella e non posso avere figli. Quindi sono un essere del tutto inutile. Ma non è per questo motivo che sono sprofondata nell’alcolismo. E non posso nemmeno incolpare i miei genitori, la mia infanzia, un parente che ha abusato di me o una qualche terribile tragedia. È stata solo colpa mia. Alzare il gomito mi è sempre piaciuto, però ero diventata più triste, e la tristezza è noiosa, sia per le persone che ne soffrono sia per quelle che le frequentano. Da bevitrice mi sono trasformata in alcolista, ovvero nella persona più noiosa del mondo. (Paula Hawkins, La ragazza del treno, Pieme, 2015)
Sentirsi vuoto: lo capisco perfettamente. Comincio a credere che non esista una soluzione. L’ho imparato dalla psicoterapia: i buchi della vita non si chiudono più. Devi crescere intorno a loro, come le radici che affondano nel cemento, e devi rimodellarti intorno alle crepe. Lo so bene, ma non lo dico, non ancora. (Paula Hawkins, La ragazza del treno, Pieme, 2015)
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