[D: Lei è amato dentro Twitter, stimato dagli utenti. Ma criticato da Wall Street. All’annuncio delle dimissioni, il titolo è salito fino al 10%. Bizzarro, no?]
Quando sei a capo di un’azienda, devi batterti contro forze esterne che spingono verso il breve termine. Ogni 90 giorni, ogni 90 giorni, ogni 90 giorni... Ma esistono forze interne che inducono a pensare a lungo termine, invece. Un leader deve opporsi alle prime forze e spingere la squadra a pensare strategicamente. (...)
[D: Qualcosa che rimpiange di questi anni?]
Non una cosa sola. Molte. Ma i leader devono ammettere gli errori. Tanto chi lavora con te li vede comunque: i capi sono trasparenti. Un capo non deve impedire gli errori dei sottoposti, deve correggerli. Se cerca di impedirli, la struttura rallenta. La gente inizia a chiedere permessi perché non vuole grane. (...)
[D: A parte qualche eccezione europea (Skype, Spotify), i protagonisti della tech-industry arrivano dall’America. Perché?]
Perché negli Usa fallire non è considerata una cosa cattiva. Guardi Steve Jobs: cacciato da Apple, oggi ritenuto una delle grandi menti della storia. Il fallimento non vuol dire espulsione né punizione. Questo aiuta gli imprenditori a correre rischi. Tante buone idee, all’inizio, sembrano cattive idee. In America l’abbiamo capito. Altri Paesi, come la Cina e l’India, ci stanno arrivando. La cultura del fallimento eccitante porterà a un riequilibrio nel mondo: vedrete.
*** Dick COSTOLO, in uscita da Ceo di Twitter, intervistato da Beppe Severgnini, "Così un pulsante cambierà Twitter. In un attimo i messaggi migliori", 'Corriere della Sera', 27 giugno 2015
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