Abbiamo perso definitivamente l’idea di studio.
Studio voleva dire fare in modo che le cose contenute in un libro poi fossero contenute nella nostra testa, così che non avessimo più bisogno del libro. Tac, avveniva un vero e proprio passaggio di luogo, che, cosa importantissima, ci affrancava totalmente dall’oggetto, cioè dal libro: in una parola, dal possesso materiale. Arrivavamo a un possesso immateriale, dello spirito, appunto. I libri riuscivano a colare dentro di noi, a trasferirsi in noi. Noi, certo, dovevamo leggerli! E anche studiarli. Niente ci poteva esimere dallo studio, dalla fatica e anche dalla noia di trasferire i libri in noi.
Un giorno affidai a un ragazzo una ricerca sui poeti simbolisti francesi. Era un ragazzo che non amava studiare, e in più era piombato a capofitto nella fase amici-motorino-discoteca-eventualmente ragazza. Non mi aspettavo granché da lui, lo confesso. Arrivò qualche giorno dopo raggiante, con un bel plico tra le mani: una decina di pagine scaricate da Internet, con tanto di vita, opere e foto di Verlaine, Rimbaud, Baudelaire, Mallarmé... Ero estasiata e gli chiesi di esporre tale meraviglia alla classe; mi guardò sinceramente basito e balbettò con grande scoramento: «Ma... professoressa, io... ho fatto la stampata!».
Cosa mi stava dicendo? Ci misi un po’, ma poi capii; mi stava dicendo che la ricerca l’aveva scaricata e stampata, cos’altro volevo, che anche la studiasse?
*** Paola MASTROCOLA, insegnante e scrittrice, La scuola raccontata al mio cane, Guanda, 2004.
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