Håkan Nesser è un autore collaudato: anche questo libro lo conferma.
Conosco da anni le sue trame, sempre coinvolgenti. Confesso però stavolta di aver dovuto superare un certo fastidio suscitato dal titolo: che parrebbe annunciare una storia ‘horror’.
Ma ho fatto bene a vincere la ritrosia. La vicenda è invitante proprio perché oscura, ma non truculenta; anche se emana in ogni pagina un’atmosfera un po' plumbea, colorata sin dall'inizio dalla morte dolorosa e improvvisa della moglie del commissario chiamato a indagare su un vecchio duplice caso, solo apparentemente risolto.
La lettura procede lenta, ma mai noiosa: sottolineata da riflessioni anche psicologiche sulla vita in generale e ricca di notazioni mai superficiali sulla protagonista e sui personaggi che le si muovono attorno (i due mariti, il figlio), nonché sulla nuova esistenza del commissario: neovedovo e con cinque figli, sia pure grandi, cui in qualche modo badare.
Spesso i gialli vengono considerati una sottocategoria del romanzo. Non è questo il caso. Qui il racconto è denso, ampio, sostenuto da uno stile che sa narrare attraverso un sapiente gioco di fatti grandi e piccoli che suscitano attese e sorprese e l’uso di un linguaggio ben costruito, che conosce la psicologia umana, soprattutto nei suoi risvolti più ‘ombrosi’ e sofferti.
Una conferma di quanto sopra è che, chiuse le pagine del libro, le due figure della ‘squartatrice’ e del commissario non scompaiono immediatamente, ma restano, almeno per un po’, a fare compagnia al lettore. Ed è una compagnia in qualche modo ‘dolce’: come se si fosse costruito un legame non solo cartaceo. (mf)
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