Dopo che la Corte costituzionale nel 2000 ha dichiarato illegittimo il reato di vilipendio della religione dello Stato, c'è un'unica norma che punisce chi offende qualsivoglia confessione religiosa. L'articolo 403 del codice penale. Sanziona l'offesa quando viene realizzata mediante vilipendio del credente o del ministro del culto. La pena consiste in una multa e il reato è procedibile d'ufficio, cioè non serve una querela. Un pm che ritenesse una vignetta un vilipendio, nei termini citati, può procedere.
Questo reato, però, trova dei limiti nell'art. 21 della Costituzione che tutela la libertà di espressione.
Quindi la satira che tocca la religione non è punibile se ha una funzione critica, mentre può essere sanzionabile se dileggia la confessione religiosa. Non viene punita la discussione, compresa una vignetta sui temi religiosi, né il dissenso radicale verso una religione, ma viene punita l'offesa fine a se stessa. La norma punisce l'ingiuria al credente e l'oltraggio ai suoi valori etici.
Quindi, la tutela della satira è la più ampia, ma, come tutti i diritti, trova un limite nei diritti degli altri e può essere sanzionata.
*** Caterina MALAVENDA, avvocato penalista e giornalista pubblicista, tra i massimi esperti di diritto di informazione, citata da Antonella Mascali, Divieti di satira tra insulto e libertà, 'Il Fatto Quotidiano', 18 gennaio 2015
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