Giorgio NISINI, La lottatrice di sumo, Fazi Editore, 2015
pagine 316, € 18,00, ebook €9,99
Un romanzo intenso e 'mirabilmente' scritto. Che si sviluppa a partire da un amore di gioventù dolce e tenero, ancora in bozzolo, ma che sembrava pronto per diventare, con ogni probabilità, la vera relazione seria e stabile della vita.
Un incidente stradale tronca tutto: il motorino vola fuori strada e lei, Margherita, muore sul colpo. Morte fisica, però. Perché nella mente e nel cuore del ragazzo, in qualche modo, il filo continua, magari anche in forma carsica e inconsapevole. Finché il ragazzo, divenuto adulto, a cinquant'anni, sposato e separato, con una figlia adolescente con cui ha un rapporto profondo ma problematico, si ritrova casualmente rigettato nei ricordi, dentro una vicenda strana e misteriosa, che gli fa scoprire un artista, ora defunto, Golem, famoso per la sua pittura fuori da qualunque schema, apprezzatissimo da critici e mercanti d'arte e sempre più seguito come un guru spirituale da una comunità di adepti che trovano nei suoi quadri segni concreti di un rapporto personalizzato con il 'loro' aldilà.
L'uomo è docente universitario di fisica e scrittore di successo: proprio il suo libro di esordio non fa mistero delle sue posizioni scettiche su certi temi che rimandano al sovrannaturale. La sua immagine pubblica, che del resto pare ben riflettere la sua realtà soggettiva, è quella di persona razionale, 'quadrata', certamente restia a farsi sedurre da richiami spiritualistici ultraterreni.
Eppure, l'uomo, sopraffatto da questo caso, non sa (non può, non vuole) sfuggire al dubbio: anzi, ne resta come preso al laccio, alternando un duplice atteggiamento. Da una parte conserva lo scetticismo che lo contrassegna, mantenendo distanza, perplessità e diffidenza verso ciò che man mano scopre; e nel contempo sembra, in fondo in fondo, voler lasciarsi andare al fascino di ciò che legge della biografia del 'pittore dell'aldilà', intrigato dalla conoscenza diretta della figlia di Golem, che ha fondato una comunità di fedeli-studiosi, e attratto dall'idea di poter instaurare in qualche modo un contatto con la ragazza della gioventù.
Motivo conduttore di questo lungo e approfondito 'sommovimento interiore', solcato da polarità che paiono inconciliabili, è ciò che dà il titolo al romanzo: 'la lottatrice di sumo'. Il quadro misterioso, non firmato, quindi di autore incerto benché per molti attribuibile a Golem (anche perché si racconta che lui stesso abbia definito il ritratto il suo 'segreto personale') e che Margherita, pochi giorni prima dell'incidente mortale, aveva donato con fare enigmatico al protagonista: è appunto grazie a questo dipinto che si sviluppa la vicenda, che trova uno chiaro scioglimento solo nelle ultime pagine.
Davvero un libro da 'godere'. Oltre che per la malia della storia, cui non ci si può sottrarre, per lo stile: 'magico'. Fluido, ampio, ricco. Capace di descrizioni puntuali, sia del mondo esterno (paesaggi e personaggi,) che delle emozioni interne vissute dal protagonista.
Il romanzo ha una sua dinamicità di fatti e avvenimenti, ma la caratteristica principale, a mio avviso, non è il succedersi delle azioni, quanto la riflessione continua, pacata, intensa e mai noiosa, di pensieri e sentimenti: indagati con una rotondità di scrittura davvero eccezionale.
Un libro che si intuisce 'curato' dall'autore, frutto di un lavoro paziente di cesello e anche intimamente 'sentito'. E, forse, sofferto.
*** Massimo Ferrario, per Mixtura
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A vent’anni non è semplice essere felici, benché in genere si pensi il contrario». «Sei sempre troppo categorico», disse lei. «Si può essere felici e infelici a tutte le età, dipende da come si è fatti e da quello che ci riserva la vita. Tu papà hai un’idea sbagliata dei giovani d’oggi. Guarda che non siamo mica tutti sballati e privi di obiettivi! Io voglio sposarmi, avere dei figli, lavorare sodo al negozio di mamma. Non credo di avere molte pretese...». «Ecco, appunto», la interruppi, «il problema è proprio questo, la tua mancanza di pretese. Puoi anche fare una vita semplice e onesta, non dico questo, ma con te stessa, con il fondo di te, non puoi accontentarti». (Giorgio Nisini, La lottatrice di sumo, Fazi Editore, 2015)
L’idea di compiere cinquant’anni mi stava deprimendo: faticavo ad accettarlo ma era così. Ero in ottima forma fisica, ero soddisfatto economicamente e professionalmente, non avevo la più lontana intenzione di imbarcarmi in una nuova storia d’amore o in una convivenza. Stavo bene per conto mio, pienamente gratificato da qualche relazione occasionale che ogni tanto mi capitava. Eppure la consapevolezza di superare quel limite cronologico mi angosciava, come se il varco dei cinquant’anni rappresentasse la vera, totale, immodificabile fine della giovinezza. Un quarantenne era considerato ancora nel fiore della carriera, soprattutto in ambito accademico e scientifico, un cinquantenne non più. Entrare a breve nell’adolescenza della vecchiaia stava diventando un pensiero insopportabile. (Giorgio Nisini, La lottatrice di sumo, Fazi Editore, 2015)
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