Nel mio precedente post (l'Ossessione della maternità) (qui), che ha sollevato molti consensi e qualche dissenso, ho affermato che non tutte le donne possiedono un “istinto materno” e che questa mancanza non derivi necessariamente da una patologia psichica, bensì dal fatto che la donna che non avverte il bisogno di maternità ha altri scopi biologici ed esistenziali da scoprire e perseguire.
L'osservazione che il desiderio sessuale non miri unicamente alla riproduzione è ormai acquisita quando parliamo di omosessualità. Benché ci siano ancora molti talebani della riproduzione o persone semplicemente poco colte o poco riflessive che pensano che l'omosessualità sia una malattia, noi oggi, come comunità scientifica, sosteniamo che l'omosessualità sia un fenomeno naturale, ossia che nasca semplicemente da un uso non riproduttivo della sessualità e dell'amore. Ma ciò che si ammette per gli omosessuali si fa ancora molta difficoltà ad ammetterlo per gli eterosessuali e soprattutto per le donne, che, secondo la mentalità corrente, dovrebbero essere tutte animate dall'impulso riproduttivo. Questa ignoranza a carico delle donne dipende da almeno tre fattori: 1) le comunità omosessuali sono più attive di quelle di cultura femminile (non solo “femminista”) nel rivendicare i propri diritti. 2) La maggioranza delle donne sono lusingate dall'essere individuate come le depositarie della funzione riproduttiva, nonostante alcune di loro non desiderino affatto esercitarla. 3) La società intera preme in modo invisibile ma ossessivo su tutte donne perché siano assoggettate allo scopo riproduttivo e si sentano in grave difetto se non lo realizzano.
Voglio precisare che la mia idea che non tutte le donne siano per natura predisposte alla riproduzione è un argomento scientifico, non politico, né tanto meno ideologico, e che poggia su 35 anni di studi e di esperienza psicoterapeutica. Il punto della questione è se l'esistenza dell'organo genitale femminile e della particolare conformazione fisica della donna implichi in tutte le donne l'esistenza del cosiddetto “istinto materno”. L'idea che la donna, disponendo di un organo riproduttivo e di organi nutritivi complementari, non possa non essere determinata da essi – cioè che l'organo determina la funzione e la funzione domina l'individuo – dal punto di vista biologico è superata. In realtà gli organi di ogni specie, ma soprattutto delle specie complesse (come homo sapiens) svolgono diverse funzioni, e ciascun individuo, distintamente da ogni altro individuo, può farne un uso soggettivo. L'organo genitale serve a riprodursi? Questo è ovvio. Ma serve “solo” a riprodursi? Anche gli uomini hanno organi genitali, eppure ben pochi fra essi affermano di avere un "istinto paterno". Anche l'uomo ha i suoi ormoni sessuali e i suoi desideri sessuali, non di meno sono davvero pochi gli uomini che affermano di aver sentito sin da bambini un incoercibile impulso a generare figli.
Negli esseri umani è difficile distinguere il dato naturale dall'educazione sociale che l'individuo riceve dalla nascita alla morte. Dunque per mettere ordine nella complessa questione natura/ cultura mi lascio soccorrere da due concetti avanzati della riflessione biologica moderna.
Il primo concetto va sotto il nome di “exaptation”, exattamento. L'exattamento è un concetto utilizzato per descrivere un particolare tipo di evoluzione delle caratteristiche degli esseri viventi e deriva dall'espressione inglese exaptation introdotta da Stephen Jay Gould ed E. S. Vrba. Secondo questa moderna concezione biologica un organo nasce con una funzione e ne acquisisce nel tempo altre diverse da quella originaria. Nell'exattamento un carattere nato per una particolare funzione ne assume una nuova, indipendente dalla primitiva: un classico esempio è costituito dalle piume degli uccelli. Un tempo, quel particolare tipo di dinosauri da cui sono sono evoluti gli uccelli aveva un piumaggio che serviva loro da isolamento termico; nel tempo questo piumaggio assunse la funzione del volo. Un altro caso è quello delle pieghe laringee, comparse per impedire che, in occasione del vomito il rigurgito del cibo entrasse nei polmoni. Le pieghe laringee sono state cooptate nel corso dell'evoluzione per produrre suoni, poi, negli animali superiori e nell'uomo in particolare, si sono trasformate nelle corde vocali, utili a generare un linguaggio, pur mantenendo la loro funzione originaria. Anche il palato e la bocca, che originariamente avevano la sola funzione di consentire la nutrizione, si modellarono nel corso dell'evoluzione per produrre il suono e la parola. Detto in termini semplici: la bocca non serve solo per mangiare, ma anche per parlare, sorridere, baciare...
Vale anche per la sessualità. E' nata per la riproduzione (benché in verità anche gli animali la usino in molti modi eterogenei) poi ha acquisito caratteri sempre più eterogenei. Si è svincolata. Per molti, uomini e donne, la sessualità non è finalizzata alla riproduzione, ma alla ricerca del piacere fine a se stesso o alla costruzione di relazioni d'amore.
La coppia omosessuale innamorata dimostra la futilità dell'idea che l'eros serva alla sola riproduzione; ma anche la coppia di anziani innamorati, settuagenari o ottuagenari, dimostra che la sessualità non è in diretto rapporto con la riproduzione. E gli animalisti? Accetterebbero forse l'affermazione che il loro amore per gli animali sia solo amore sublimato per i bambini che non hanno avuto o che dovrebbero avere? Ovviamente no!
Il mio secondo argomento biologico, convalidato ormai da gran parte della comunità scientifica, è la cosiddetta “evoluzione per gruppi”: la specie umana evolve per per gruppi, non solo e non tanto per individui. Ciò vuol dire semplicemente che alla specie non interessa che si riproduca ciascun singolo individuo umano, ma che a farlo siano i gruppi nel loro complesso. Ciò implica di necessità – secondo il principio di “variabilità individuale” – che sebbene la maggior parte degli individui tenda a riprodursi, esistano individui che non si riproducono perché non vi sono particolarmente predisposti dalla natura. Questi individui non sono anormali e malati, perché alla specie interessa che il gruppo, non ogni individuo, si riproduca. Questi individui, se non colpevolizzati possono esprimersi in una quantità infinita di attività significative; oppure rivendicare la semplice dignità di esistenza come “persona”, la quale ha valore anche se ha attitudini medie e non eccelle in alcunché di specifico.
*** Nicola GHEZZANI, psicoterapeuta e saggista, L'unico scopo dell'amore è riprodursi?, 'facebook', 31 gennaio 2016, qui
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