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Su un muro vedo una scritta, diversa dalle altre, una sola parola, la scritta dice “cancello”.
Cancello è dove entri e dove esci, chiuso o aperto. Il cancello di una prigione, penso, istintivamente. Allora se cancello la scritta sarò libero, abbatterò la mia prigione, giusto? No, c’è scritto quello che si aspettano da te, il tuo destino. Vedi? E’ quello che fai, quello che sei. Cancello, sì, io quello sono. Io cancello.
C’è qualcosa dietro, un significato, un messaggio, un senso. Forse la prigione è guardare ma non vedere, penso.
Ma no, piantala! E’ solo un coglione di writer, che non ha niente da fare tutto il giorno, che gli piace scherzare e prendere per il culo noi gente seria, attenta al decoro pubblico, che ci rimbocchiamo le maniche, noi, che amiamo la nostra città, noi che puliamo le scritte che deturpano i muri delle fabbriche che ci avvelenano, le tangenziali che non portano da nessuna parte, i lucidi quartieri dormitorio da centomila metri cubi di cubatura dove puoi urlare o piangere senza che nessuno se ne accorga, i parcheggi da 7500 posti dove puoi morire indisturbato.
Noi che adoriamo grottesche bare di vetro e cemento, erette sulle macerie delle nostre città.
E scioperanti, manifestanti, sfollati, sfrattati, umiliati, offesi, tutta quella cazzo di umanità. Io non la voglio vedere, non mi interessa, non me ne frega un cazzo. Io voglio cancellare tutto. Come quella scritta. Non c’è vedere, non c’è guardare, non c’è prigione.
Io voglio solo un mondo pulito.
Pulito come la nera anima mia.
*** Luca PADOVANO (@AsinoMorto), La scritta sul muro, 'lpado.blog', 25 maggio 2015
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