lunedì 25 gennaio 2016

#SENZA_TAGLI / Uguaglianza, secondo Atkinson (Thomas Piketty)

Anthony Atkinson occupa un posto speciale fra gli economisti. Nell'ultimo mezzo secolo, a dispetto delle tendenze dominanti, è riuscito a collocare il tema della disuguaglianza al centro del suo lavoro, dimostrando che l'economia è anzitutto e soprattutto una scienza sociale e morale. Nel suo nuovo libro, "Disuguaglianza. Che cosa si può fare?" - più personale dei suoi precedenti e totalmente centrato su un piano d'azione - ci offre le linee guida di un nuovo radicale riformismo. Qui c'è qualcosa che ricorda il riformismo sociale progressista del britannico William Beveridge e il lettore potrà godersi il modo in cui Atkinson presenta le sue idee.

Atkinson, studioso inglese la cui prudenza è leggendaria, rivela un lato più umano, si butta nella disputa e presenta un elenco di proposte concrete, innovative e convincenti per dimostrare che le alternative esistono ancora, che la battaglia per il progresso sociale e l'uguaglianza deve rivendicare la propria legittimità, qui e ora. Propone benefici universali per le famiglie finanziati dal gettito di una tassazione progressiva. Difende anche l'idea di posti di lavoro garantiti nel settore pubblico a salario minimo per i disoccupati e la democratizzazione dell'accesso alla proprietà di beni attraverso un innovativo sistema nazionale di risparmio, con rendimenti garantiti per i depositanti. In "Disuguaglianza. Che cosa si può fare?", Atkinson lascia il terreno della ricerca accademica e si avventura nel campo dell'azione e dell'intervento pubblico. Così facendo, ritorna al ruolo dell'intellettuale pubblico, che non ha mai davvero abbandonato, sin dagli inizi della sua carriera. Si assume dei rischi e propone un vero piano d'azione. Atkinson traccia distinzioni e prende posizione in modo assai più drastico di quello che in genere la sua innata cautela lo induce a fare. Non ha scritto un libro divertente, ma nelle sue pagine troviamo l'ironia mordace che i suoi studenti e colleghi conoscono bene.

L'idea di tornare a una struttura fiscale più progressiva ha un ruolo decisamente importante nel piano d'azione proposto da Atkinson. L'economista non lascia alcun dubbio: lo spettacolare abbassamento delle aliquote fiscali per i redditi più alti ha contribuito fortemente all'aumento della disuguaglianza a partire dagli anni Ottanta, senza produrre benefici corrispondenti per la società nel suo complesso. Perciò non dobbiamo perdere tempo, dobbiamo invece buttare alle ortiche il tabù secondo il quale i tassi d'imposta marginali non devono mai superare il 50 per cento. Atkinson propone una riforma di vasta portata dell'imposta britannica sui redditi, con aliquote massime innalzate al 55 per cento per redditi annui superiori alle 100.000 sterline e al 65 per cento per quelli al di sopra delle 200.000, oltre a un innalzamento del tetto per i contributi alla previdenza nazionale. Tutto questo renderebbe possibile finanziare una significativa espansione della sicurezza sociale e del sistema di ridistribuzione dei redditi in Gran Bretagna, in particolare con un netto aumento dei benefici per le famiglie (che raddoppierebbero, addirittura quadruplicherebbero in una delle varianti proposte) e anche con un aumento dei benefici pensionistici e per la disoccupazione per quanti hanno minori risorse.

Se queste proposte, giustificate statisticamente e finanziate dal gettito fiscale, venissero adottate, si verificherebbe una caduta significativa dei livelli di disuguaglianza e povertà nel Regno Unito. Secondo le simulazioni, quei livelli scenderebbero dai loro attuali valori quasi americani fino al punto di avvicinarsi alle medie dei Paesi europei e dell'Ocse. Questo è l'obiettivo centrale del primo gruppo di proposte di Atkinson: non si può pretendere tutto dalla ridistribuzione fiscale, ma è comunque da lì che si deve partire.

Il piano d'azione di Atkinson però non si ferma qui. Al centro del suo programma sta una serie di proposte che puntano a trasformare lo stesso funzionamento dei mercati del lavoro e del capitale, introducendo nuovi diritti per quelli che oggi ne hanno di meno. Anziché scendere nel dettaglio delle proposte, voglio concentrarmi in particolare sul problema del più ampio accesso a capitale e proprietà. Atkinson qui presenta due idee particolarmente innovative. Da un lato, richiede la costituzione di un programma nazionale di risparmio che consenta a ogni risparmiatore di ricevere un rendimento garantito sul proprio capitale (al di sotto di una certa soglia di capitale individuale). Data la fortissima disuguaglianza di accesso a equi rendimenti finanziari, in conseguenza soprattutto della scala degli investimenti da cui una persona parte (situazione che con tutta probabilità è stata aggravata dalla deregulation finanziaria degli ultimi decenni), trovo questa proposta particolarmente valida. Nella prospettiva di Atkinson, essa è strettamente collegata al più ampio problema di un nuovo approccio alla proprietà pubblica e al possibile sviluppo di una nuova forma di fondo patrimoniale sovrano. L'autorità pubblica non può rassegnarsi a continuare semplicemente ad accumulare debiti su debiti e a privatizzare incessantemente tutto ciò che possiede.

*** Thomas PIKETTY, 1971, economista francese, Le brevi lezioni di uguaglianza di Atkinson, m.repubblica.it, 24 gennaio 2016, qui


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