Una volta lavorai per un cliente, direttore di una grossa catena di negozi al minuto, che mi disse: «Stephen, l’idea del vincere/vincere sarebbe buona, ma è troppo idealistica. Il duro, realistico mondo degli affari è qualcosa di diverso. Dappertutto c’è vincere/perdere, e se non ti butti nella mischia non ce la fai, ecco tutto».
«E va bene», obiettai, «cerca di fare a vincere/perdere coi tuoi clienti. E’ realistico questo?».
«Be’, no», rispose.
«Perché no?».
«Perderei i miei clienti».
«Allora accetta l’opzione perdere/vincere: vendi i negozi. Questo è realistico?».
«No. Nessun margine, nessun investimento».
Considerammo le varie alternative, e vincere/vincere apparve l’unico approccio veramente realistico. «Penso che vada bene per i clienti», ammise, «ma non per i fornitori».
«Tu sei il cliente del fornitore», argomentai. «Perché non vale lo stesso principio?».
«Be’, poco tempo fa abbiamo ridiscusso le modalità dei nostri contratti di locazione con i gestori e i proprietari dei negozi», spiegò. «Abbiamo adottato un atteggiamento vincere/vincere. Siamo stati a-perti, ragionevoli, concilianti. Ma quelli hanno preso questa posizione per mollezza, per debolezza, e così ci hanno fregato».
«Ma perché avete scelto il perdere/vincere?», chiesi.
«Non l’abbiamo scelto. Il nostro paradigma era vincere/vincere».
«Non hai detto che vi hanno fregato?».
«Infatti».
«In altre parole, avete perso».
«Esatto».
«E loro hanno vinto».
«Già».
«Allora questo come lo chiamiamo?»
*** Stephen R. COVEY, 1932-2012, saggista, consulente di direzione e formatore statunitense, I sette pilastri del successo, 1989, Bompiani, Milano, 1991.
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