Le immagini che elencano, più o meno retoricamente, le differenze tra Boss e Leader si sprecano in rete e non ci sarebbe ragione di aggiungerne altre.
Faccio un'eccezione per questa animazione: al di là di una certa solita stucchevolezza che il tema mi produce, la clip mi pare ben fatta. (mf)
Hai ragione, Massimo, ormai sono così tanti i powerpoint, le infografiche, le gif, gli aforismi che sottolineano la differenza tra capo e leader che quando se ne incontra una nuova verrebbe voglia di rispondere "abbiamo capito"!!!
RispondiEliminaQuesta che hai pubblicato è piacevole (a parte la santificazione di Branson con tanto di aura-aureola).
Tuttavia mi viene da dire che la differenza è ormai nota agli addetti ai lavori, ma siamo proprio sicuri che sia passata anche nella quotidianità delle organizzazioni?
Lavoro in molti settori e vedo organizzazioni di ogni tipo (e spesso di un solo genere!) in cui il modello di leadership è ancora quello per "anzianità", poco interessato alle persone, brusco nei modi e nelle modalità. I corsi, che ormai si ripetono ad una frequenza imbarazzante, non sono sufficienti a orientare i comportamenti dei boss ad una leadership situazionale.
Allora, Massimo, come formatori/formatrici che possiamo fare? Dobbiamo rassegnarci alla stucchevolezza delle clip e a quella, altrettanto invischiante, della nostra fiducia in una leadership che si può anche allenare?
Un abbraccio. Grazie per i tuoi generosi contributi.
Intanto, Elena, un grazie sincero per essere intervenuta: non amo le maiuscole, ma leggi il mio ringraziamento come se le avessi usate...;-)
RispondiEliminaConcordo sul tuo commento.
(1) - La stucchevolezza fastidiosa di queste frasi, almeno per me, è dovuta, oltre che alla ripetitività, proprio alla 'schizofrenia' fra modelli e realtà. Intendiamoci: il modello, per definizione, non è, e non può essere mai, uguale alla realtà. Serve appunto perché la realtà, che è e rimane diversa, possa però approssimarsi al modello. Ma qui l'incoerenza, che è sempre fisiologica tra i due livelli, è gridata: ha superato la soglia accettabile ed è diventata, appunto, 'schizofrenia'. E il più delle volte è consapevole e intenzionale. E' allora che prende il sopravvento la retorica, per me insopportabile.
(2) - Sul che fare, ovviamente non ho ricette. Immagino solo un impegno più rigoroso di tutti noi: formatori e consulenti. Tra l'altro, in mezzo a tanti venditori di fumo e improvvisatori senza arte né parte, noto in giro intelligenze giovani e brillanti, non disgiunte spesso da competenze appofondite: quindi in grado, se lo volessero, di smontare i blabla che circolano, a base di citazioni più o meno 'motivazionali' e di proclami buoni per l'ultima convention. Ciò che a mio avviso non viene invece combattuto abbastanza, da tutti noi, è il conformismo. Che impigrisce e adagia, e non spinge noi consulenti ad assumere quello stile di interdipendenza (e non di sudditanza verso la committenza) che è l'unico che può incidere e 'fare cambiamento'. Certo, i tempi sono difficili e la caccia alla 'pagnotta' diventa l'obiettievo prioritario del nostro fare. Ma la domanda è se questo 'fare', supino e accondiscendente, sia ancora consulenza. Domanda retorica, peraltro: perché così, checché se ne dica, non si cambia la cultura che si dice ad ogni secondo di voler cambiare: ci si infila semplicemente e comodamente dentro in quella esistente. Salvo poi diffondere da ogni network le immagini consolatorie che ripetono quanto è bello essere leader e quanto è brutto essere boss.