“Ma tu dove hai casa adesso esattamente?”
Ogni volta che qualcuno mi fa questa domanda non so mai cosa dire. È quell'avverbio – "esattamente" – che mi ammutolisce, e non solo perché io una casa esattamente non ce l'ho, ma anche perché non sono sicura che la casa rientri nel novero delle realtà esatte.
Se per casa si intende il posto in cui arrivano le multe dell'auto, in cui faccio le lavatrici e in cui il gatto mi riconosce, allora casa mia è Cabras, è Torino, è Roma. Se invece per casa si intende quell'approdo da dove anche chi parte per mille destinazioni ha la tendenza segreta a ritornare, allora l'esattezza va del tutto a farsi benedire e subentra la molteplicità, la sovrapposizione, l'abbraccio tentacolare di mille familiarità.
Perché casa mia è una donna con un rossetto da ragazza che sforna una torta al cioccolato prima di uscire con me, ancora profumata di lievito e vaniglia. È una signora di settant'anni che scova in un armadio un caftano mai messo e se lo infila, perché crede che di feste nella vita gliene spettino ancora. È un gruppo di whatsapp dal titolo surreale che mi regala leggerezza proprio quando il mondo fa di tutto per portarmi a fondo.
Casa mia è un treno che si ferma a Oristano e la donna che scende col cappello rosso lo fa per me. È un amico timido che mi manda sms preziosi, perché un “ti voglio bene” così vero si può confessare solo se non lo sente nemmeno chi lo dice. È una coppia di amici in moto che viaggia verso il mare di notte per fare un bagno con te, nudi come trent'anni fa, lasciando a casa figlie, nipoti e cane.
Casa mia è un fratello capace di prendere in mano il posto che si è divorato la sua adolescenza e trasformarlo nel giardino in cui far fiorire le piante grasse, la sua maturità e i sogni dei suoi figli. È una bambina bionda che mi si addormenta addosso perché non conosce altri modi di dirmi che per lei io sono un luogo sicuro. È la chiave di un appartamento dove un gatto grigio può decidere che, in assenza dei padroni, nel letto gli vado bene pure io.
Casa mia è un amico che ride e canta gli U2 a squarciagola al mio fianco mentre corriamo brilli per le strade della Marmilla. È una donna che sa insegnare alla sua bimba che crescere significa anche accettare di essere misurate da chi ti ama. E' una scritta temeraria col gessetto lasciata di nascosto su una lavagna da una mano che aveva fretta, ma il tempo per quello l'ha trovato.
Soprattutto è l'uomo amato che si sveglia in un'alba di Salisburgo e sa che la sua casa ovunque resto io.
Non c'è niente di esatto in tutto questo ed è meglio così.
Infatti non è utile che mi chiediate dove ho casa.
Io so dire solo in chi.
*** Michela MURGIA, scrittrice, 'facebook', 11 agosto 2016, qui
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