martedì 16 agosto 2016

#QUARTAdiCOPERTINA / "Il nostro male viene da più lontano", di Alain Badiou

Alain BADIOU, "Il nostro male viene da più lontano"
Einaudi, 2016
traduzione di Stefania Ricciardi
trascrizione del seminario del 23 novembre 2015, Aubervilliers, Francia
pagine 87, € 12,00, ebook € 7,99

Testo di presentazione dell'Editore - Citazioni scelte da Mixtura

Come riflettere sulle stragi compiute a Parigi il 13 novembre 2015? Chi sono gli agenti di questo crimine di massa? E come possiamo qualificare la loro azione? 
È necessario allargare lo sguardo. 
Alain Badiou cerca qui di delineare il quadro generale su cui si staglia questo tipo di attentati. In Occidente ha trionfato il liberismo e la classe media, sempre più impoverita, vive divisa tra l'orgoglio del proprio modello di società e la paura costante dell'arrivo dei diseredati. Il resto del mondo paga un prezzo altissimo per le politiche neocoloniali delle multinazionali, che prosperano nel caos da loro stesse creato. 
I terroristi emergono in tale contesto: per Badiou la loro pulsione distruttrice è essenzialmente fascista e vuol reprimere il desiderio d'Occidente, anche in loro stessi. L'islamismo che ostentano, a suo avviso, è un fattore estrinseco e non costitutivo del loro agire. Ciò di cui noi soffriamo in particolar modo è l'assenza su scala mondiale di una politica disgiunta dal capitalismo egemonico. 
Senza una nuova proposta strategica il mondo resterà in uno stato di disorientamento. 
È un compito gravoso, ma indispensabile per tutti, fare in modo che la storia dell'umanità cambi direzione e, faticosamente, cerchi di allontanarsi dalla fosca catastrofe in cui sta sprofondando.


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Esistono su questo punto cifre fondamentali, che ognuno deve conoscere, che ognuno dovrebbe avere sempre in tasca, cifre che sottendono quella che è proprio il caso di definire una logica di classe, estremamente rigida, estremamente marcata, tale da far risultare idiota o impraticabile la norma democratica, anche la piú elementare. A un certo grado di disuguaglianza, parlare di democrazia o di norma democratica non ha piú alcun senso. 
Ricordo le cifre: 
* l’1 per cento della popolazione mondiale possiede il 46 per cento delle risorse disponibili. 1 per cento - 46 per cento: è quasi la metà; 
* il 10 per cento della popolazione mondiale possiede l’86 per cento delle risorse disponibili; 
* il 50 per cento della popolazione mondiale non possiede nulla. 
Cosí, la descrizione oggettiva della questione, in fatto di popolazione, in fatto di massa, mostra che abbiamo un’oligarchia planetaria che rappresenta pressappoco il 10 per cento della popolazione. Questa oligarchia detiene, lo ripeto, l’86 per cento delle risorse disponibili. Il 10 per cento della popolazione corrisponde quasi alla quota della nobiltà nell’Ancien Régime. È grossomodo dello stesso ordine. Il nostro mondo restituisce, riconfigura, una situazione oligarchica che ha attraversato e conosciuto molto tempo fa e alla quale ritorna, sotto altre forme e sotto altri aspetti. 
Abbiamo dunque un’oligarchia del 10 per cento, e poi una massa indigente che ingloba quasi la metà della popolazione mondiale: è la massa della popolazione bisognosa, la massa africana, asiatica nella sua schiacciante maggioranza. Il totale rappresenta quasi il 60 per cento. Resta il 40 per cento. Questo 40 per cento è la classe media. La classe media che si spartisce, a fatica, il 14 per cento delle risorse mondiali. 
È una visione articolata abbastanza significativa: abbiamo una massa di gente povera, che copre la metà della popolazione mondiale, e un’oligarchia nobiliare, se cosí posso dire, vista la sua percentuale. E poi c’è la classe media, pilastro della democrazia, che, rappresentando il 40 per cento della popolazione, si spartisce il 14 per cento delle risorse mondiali. 
Questa classe media è concentrata principalmente nei paesi definiti avanzati. È quindi una classe largamente occidentale. È il sostegno di massa del potere democratico locale, del potere parlamentarizzato. Senza voler offendere la sua esistenza – perché tutti qui ne siamo piú o meno complici, non è vero? –, penso che si possa dichiarare che uno degli scopi piú importanti di questo gruppo, che comunque ha accesso soltanto a una parte piuttosto esigua delle risorse mondiali, un piccolo 14 per cento, sia di non essere associato, identificato, con l’immensa massa indigente. Il che è del tutto comprensibile. 
Ecco perché questa classe, presa nel suo insieme, è permeabile al razzismo, alla xenofobia, al disprezzo della gente povera. Si tratta di considerazioni soggettive, minacciose, di questa classe media che definisce l’Occidente, o la sua percezione di se stesso, in senso lato; considerazioni che alimentano un senso di superiorità. È risaputo che la classe media occidentale è il vettore della convinzione che l’Occidente, in definitiva, è il luogo dei popoli civili. (Alain BADIOU, "Il nostro male viene da più lontano", Einaudi, 2016)

Nel mondo attuale ci sono poco più di due miliardi di persone delle quali si può dire che contano zero. Non si può neanche dire che fanno parte, come è evidente, della massa del 50 per cento di poveri. È peggio: vengono considerate pari a zero dal capitale, il che significa che, riguardo allo sviluppo strutturale del mondo, non sono nulla, per cui, verosimilmente, non dovrebbero esistere. Sarebbe meglio. Ma intanto esistono. 
Cosa vuol dire che contano zero? Vuol dire che non sono né consumatori, né forza lavoro. Perché per il capitale ci sono soltanto due maniere di esistere, se non si appartiene all’oligarchia. Innanzitutto devi essere un lavoratore dipendente, guadagnare quindi un po’ di denaro, e poi spendere quel denaro consumando i prodotti che sono fabbricati da quello stesso capitale. La tua identità agli occhi del meccanismo che oggi domina il mondo è la doppia identità, strutturata dal denaro, di lavoratore dipendente e consumatore. 
Ebbene, questi due miliardi di adulti non trovano accesso né alla prima condizione né alla seconda. (Alain BADIOU, "Il nostro male viene da più lontano", Einaudi, 2016)

Il fascismo è una soggettività reattiva. È intracapitalista, perché non propone nessun’altra struttura del mondo. S’insedia di fatto nel mercato mondiale, nella misura in cui rimprovera al capitalismo di non essere in grado di mantenere le sue promesse. Fascistizzandosi, chi è deluso dal desiderio di Occidente diventa nemico dell’Occidente, perché in concreto il suo desiderio di Occidente non viene soddisfatto. Questo fascismo innesca una pulsione aggressiva, nichilista e distruttiva, perché si costituisce a partire da una repressione intima e negativa del desiderio di Occidente. È in larga misura un desiderio represso di Occidente, al posto del quale va a collocarsi una reazione nichilista e letale il cui bersaglio è precisamente ciò che era l’oggetto del desiderio. Siamo in uno schema psicoanalitico classico. 
Quanto alla sua forma, questo fascismo moderno può essere definito come una pulsione di morte articolata in un linguaggio identitario. La religione è un elemento del tutto possibile di questa articolazione: il cattolicesimo lo è stato per il fascismo spagnolo durante la guerra civile, l’islam lo è oggi in Medio Oriente, in particolare laddove la zonizzazione imperiale ha distrutto gli Stati. Ma la religione è solo un involucro, non è assolutamente la sostanza della questione, è una forma di soggettivazione, non il contenuto reale della cosa. Il contenuto reale, al quale i cascami di favola religiosa conferiscono una forma, deriva dall’onnipresenza del desiderio di Occidente, nella sua forma affermata ed esplicita o in quella repressa e letale. 
La forma concreta di questi fascismi è sempre la logica della banda, il gangsterismo criminale, con la conquista e la difesa di territori nei quali si possiede il monopolio degli affari, come lo possiede lo spacciatore nel quartiere della sua città. Per attecchire, è indispensabile il carattere spettacolare della crudeltà, il saccheggio, e poi anche, nel caso delle diverse mafie, il riciclaggio permanente nell’ambito del mercato mondiale. Cosí come il desiderio nichilista non è che l’altra faccia del desiderio di Occidente, allo stesso modo le zone destatalizzate dove prospera la soggettività nichilista sono connesse al mercato mondiale, e dunque alla realtà concreta dell’Occidente. Daesh, come ho detto, è una ditta commerciale che vende petrolio, opere d’arte, cotone, armi, un mucchio di cose. E i suoi mercenari sono di fatto lavoratori dipendenti, con alcuni privilegi supplementari dovuti al saccheggio e alla riduzione in schiavitú di prigionieri e prigioniere. 
Questa forma fascisteggiante è dunque in realtà interna alla struttura del capitalismo globalizzato di cui è, in qualche modo, una perversione soggettiva. Tutti sanno, del resto, che le ditte, ma anche alcuni clienti occidentali acclarati, come il governo dell’Arabia Saudita, negoziano ininterrottamente con le bande fasciste insediate nella zonizzazione mediorientale, e negoziano al meglio dei propri interessi. Diciamo infine che questo fascismo è il rovescio di un desiderio di Occidente frustrato, organizzato piú o meno militarmente sul modello flessibile della banda mafiosa e venato di coloriture ideologiche variabili, in cui la religione occupa un posto puramente formale. (Alain BADIOU, "Il nostro male viene da più lontano", Einaudi, 2016)
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