Voglio dire qualcosa sull’Italia. Nel nostro paese v’è stata una campagna razziale. Non è stata una cosa da poco; ha cacciato dalle scuole tutti i bambini, ha cacciato gli insegnanti, ha cacciato dal lavoro tutti gli ebrei. La mia famiglia è stata costretta all’emigrazione. Come hanno reagito gli italiani? Qui vi è stato veramente un silenzio colpevole. Io ho vissuto l’esperienza del giuramento dei professori universitari: alcuni professori universitari hanno rifiutato di giurare, altri hanno accettato di giurare in condizioni di disperazione. Non vi è stato allora su questo nessun commento. Poi, quando hanno cacciato via i professori ebrei dalle scuole e dalle università, non vi è stata una sola parola di solidarietà. Ciò che più mi ha colpito è che nel 1945, quando cioè tutto era ridiventato normale, nella gran moltitudine di intellettuali antifascisti, comunisti, socialisti, azionisti, non c’è uno solo che abbia detto una parola per un amico, per un collega fatto partire. Perché? Esiste una tentazione italica di sentirsi sempre vittime, in qualunque circostanza, cioè la colpa è sempre degli altri, noi siamo sempre puliti.
*** Vittorio FOA, 1916-2008, intellettuale e militante politico, leader storico del sindacato e della sinistra, intervista al mensile ‘Una città’, www.unacitta.it, pubblicato con il titolo L’ultimo monito di Foa: "Impariamo a ricordare", ‘la Repubblica’, 27 gennaio 2009
In Mixtura 1 altro contributo di Vittorio Foa qui
Nessun commento:
Posta un commento