Non c’è un’epica resistenziale della mia famiglia, né, tantomeno, una retorica al riguardo. Ciò che ho ascoltato è sempre stato un raccontare piano, un semplice considerare delle cose accadute. Quello che davvero contava è che chi era lì a raccontare era vivo. Vivere era quello che hanno sempre voluto, anche quando andavano a rischiare la morte: vivere con dignità. Per questo non so un granché di gesti eroici o eventi eccezionali: la dignità ha solo bisogno di fare tutti i giorni quello che va fatto; per quella mia gente la resistenza all’indegnità era cominciata molto prima della guerra e della Linea Gotica.
L’unico discorso impegnativo che mi ha mai fatto mio padre al riguardo della sua partecipazione alla Resistenza è il seguente: «Quarcò de bon a l’ho fatto, adè te e to sorela a poté zogare, magnare e studiare, e a me m’è remasto en po’ de quer che se ciama». Qualcosa di buono l’ho fatto, adesso tu puoi giocare, mangiare e studiare, e a me è rimasto un po’ di quel che si chiama. In questo modo bizzarramente evocativo, «en po’ de quer che se ciama», mio padre chiamava la dignità. Dignità della vita. Per il resto, l’unico episodio di cui l’ho mai sentito vantarsi più volte è stato un mitico viaggio di tre notti, a piedi e disarmato, per trovare da mangiare a sé e ai suoi compagni libertari; era arrivato fin quasi a Parma ed era tornato con due sacchi di riso in spalla: per tutto il viaggio non ne aveva toccato neppure un chicco, anche se era quasi certo che sarebbe morto di fame prima di arrivare. Non ho mai sentito parlare con entusiasmo né lui né altri di battaglie e ammazzamenti, e quando è accaduto ho sempre avvertito insensatezza, rincrescimento e persino della vergogna. Parlavano di chi era morto abbassando la voce e guardando a terra, si fosse trattato di un compagno o di un brigata nera. (...)
So anche di mio padre e dei suoi compagni, perché altri e non lui me lo hanno detto, che non scesero dalla montagna proprio il 25 aprile, ma un po’ di giorni dopo. Il fatto è che volevano essere sicuri, sicurissimi, che le cose si erano messe nel modo giusto, nel modo della dignità, della dignità per tutti e per ciascuno. E so che non servirono le rassicurazioni di un famoso e rispettato comandante partigiano, e nemmeno le ossute pressioni del questore appena nominato, ma scesero perché andarono a prenderli le loro donne. Venì adè o ne farve pù vedere. Venite ora o non fatevi più vedere, ha intimato mia nonna ai suoi, gridandolo alla bocca della cava di marmo dove erano accampati.
*** Maurizio MAGGIANI, scrittore, Resistenza è «quer che se ciama dignità», ‘tuttolibri’, 24 aprile 2010.
In Mixtura 2 contributi di Maurizio Maggiani qui (compresa una mia recensione al suo libro 'Il Romanzo della Nazione', Feltrinelli, 2015)
Nessun commento:
Posta un commento