un sorriso di ieri, non ancora svanito;
una mano che dava il suo tenue
calore, senza strette tenaci,
una bocca un po’ avara di baci,
per timore che non fosse gradito,
in quel tempo feroce, improvviso,
il suo labbro sbiadito; i suoi slanci
d’affetto, d’un tono pacato, sopito,
il suo abbraccio d’un corpo ferito,
in attesa di pace, forse ignaro
di quanto crescesse, velenoso,
quel fiore nascosto nel petto.
E il mio cuore, smarrito, sussulta,
come fossi un bimbetto, nel buio,
di paure segrete, di tristezze
inconsuete, per un giorno di festa.
Metto un fiore di campo in un vaso,
il più antico di casa, che un tempo
si riempiva di garofani e gigli,
a lei cari. E mi fermo, in silenzio,
a pensare alla voce lontana
dell’ultimo giorno, a un saluto
che indicava un futuro ritorno,
un incontro di rito, di nuovo fissato:
forse il suo primo impegno tradito,
senza il cenno d’un qualche preavviso,
d’un suo appuntamento mancato.
*** Francesco DE GIROLAMO, poeta e regista teatrale, Domenica di maggio, in ‘Via delle belledonne’, 12 maggio 2013, qui
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