Nel nostro Paese se ne inizia a parlare negli anni Novanta, con circa un ventennio di ritardo rispetto a Canada ed Europa. Il mobbing, termine usato nell’opinione comune per designare comportamenti discriminatori o vessatori sul luogo di lavoro, è un fenomeno molto dibattuto, soprattutto in passato, quanto scarsamente o per nulla disciplinato: in Italia non esiste tuttora una legge ad hoc, la prima disposizione che riconosce il mobbing come reato è una sentenza della Cassazione del 2015.
Solo nel 1996 – in Canada il dibattito inizia nel 1977 circa – in Italia nasce Prima, la prima associazione italiana contro mobbing e stress psico-sociale, grazie all’impegno di Harald Ege, psicologo e attualmente principale esperto di mobbing in Italia. «Un ritardo, quello dell’Italia, motivato perlopiù da ragioni di tipo culturale: all’estero il lavoratore è da tempo riconosciuto come un vero e proprio capitale dell’azienda, in Italia il processo di ‘umanizzazione’ del lavoratore non è mai avvenuto», spiega Ege. (...)
Volendo scattare una recente fotografia, secondo gli ultimi dati a firma Ispesl sono circa un milione e mezzo i lavoratori italiani vittime di mobbing, su circa 22 milioni di occupati: la maggior parte di essi, il 65 per cento, risiede al nord, oltre la metà (52 per cento) è di sesso femminile e il 70 per cento lavora nella Pubblica Amministrazione. A queste evidenze statistiche Ege aggiunge che «seppure ognuno di noi può trovarsi a essere vittima di mobbing, i giovani lo sono meno rispetto ai più anziani, sia perché costano di meno e quindi l’azienda tende a mantenerli all’interno del proprio organico, sia perché non hanno ancora raggiunto l’apice della carriera e quindi probabilmente sono ritenuti meno ‘pericolosi’».
Ma, azzardiamo, la minore attenzione rispetto al mobbing non potrebbe essere in qualche modo ricollegabile al Jobs Act e alle novità introdotte? L’ipotesi potrebbe essere: alcuni strumenti in possesso delle aziende grazie alle nuove disposizioni renderebbero in qualche modo più semplice «liberarsi» del lavoratore sgradito senza ricorrere ad azioni come il mobbing.
Su tutte: novità legate al licenziamento senza giusta causa e demansionamento. (...)
*** Chiara DEL PRIORE, giornalista, Il Jobs Act ha ucciso il mobbing? Potrebbe esserci un legame con le novità introdotte dal Jobs Act, su tutte licenziamento senza giusta causa e demansionamento?, 'senza filtro', 27 aprile 2016
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