Mentre condivido l’allarme sulla saturazione e sugli effetti di captazione e impoverimento dell’attenzione che l’eccesso di connessioni produce (secondo le note analisi “psicopolitiche” di Stiegler), sono più restio a vedere necessariamente nell’avvento di queste tecnologie un progressivo azzeramento delle facoltà critiche, un appiattimento verso il basso ecc.
Intanto occorre con forza sottolineare ancora una volta, senza nessuna enfasi progressista, diomeneguardi, che comunque oggi circola molta più informazione e per molte più persone. Che questa informazione è più articolata, ha infinite forme comunicative (e non quelle ridottissime e ipercodificate del tempo pre-rete) e che dunque, piaccia o non piaccia, l’accesso è migliorato, aumentato e complessificato. Oggi la scuola per esempio deve confrontarsi con ragazzi che hanno modo di verificare quasi in tempo reale ciò che gli viene detto dai loro insegnanti, il che mi pare, sotto il profilo democratico, un fatto interessante.
Quello che si avverte è comunque che vi sia, specie nelle giovani generazioni più digitali, più conoscenza, più competenza nel ricercare, più differenza. A formarli non sono più solo le istituzioni ma tutto questo mondo di saperi poco normato ma anche straordinariamente ricco.
Si attribuisca la fine dell’umano, più che ai cellulari, - che semmai incrementano la disattenzione sociale hic et nunc, la distrazione, la debolezza della presenza fisica nel mondo, la dissipazione sensoriale -, a un sistema che mira, proprio nelle sue strutture formative essenziali (scuole, uffici, centri commerciali, stage, training ecc.) a depotenziare gli strumenti critici (gli “strumenti umani”), a forsennare con l’incitazione alla competizione quantitativa e performativa, a tartassare con le prove, i test e gli invalsi, a indurre alla vendita esasperata di sé ancor più che all’acquisto.
L’isolamento dell’uomo contemporaneo non è prodotto da internet che, anzi, come dice la parola stessa rete, appare una sorta di compensazione, di farmaco però soltanto generico purtroppo. Che non produce di sicuro condivisione autentica (salvo eccezioni però: molti gruppi solidali nascono anche in rete) ma fornisce almeno un effetto placebo alla totale parcellizzazione e transitorietà dei rapporti. L’isolamento viene da un processo molto determinato e strutturale di frantumazione del corpo sociale perseguito con le trasformazioni del mercato del lavoro, delle professioni, delle politiche di formazione e, certo, anche delle politiche del sapere. (...)
*** Paolo MOTTANA, docente di filosofia dell'educazione all'università di Milano Bicocca, Digital nightmare, blog 'controeducazione', 8 giugno 2015
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Sempre nel blog, altri 2 contributi (video) di Paolo Mottana qui
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