Salary Satisfaction Report, Jobpricing, 2015
da 'La Stampa', 13 luglio 2015
Pochi, complicati e senza criterio. E’ la sintesi che i lavoratori italiani fanno sui soldi che entrano nelle loro buste paga a fine mese.
In una scala da 1 a 10, i dipendenti privati danno un voto negativo alle aziende: 3,9, nemmeno un 4. Ma non è solo un problema di quantità degli stipendi: con questa risposta di pancia gli italiani si dichiarano insoddisfatti sull’intero pacchetto retributivo, fatto di elementi monetari, ma non solo.
Solo 1 lavoratore su 3 esprime un giudizio di media soddisfazione; solo il 3% dichiara di essere pienamente soddisfatto del proprio pacchetto retributivo. (...)
Per esempio, qual è la percezione di equità interna dei lavoratori italiani? In altri termini, esiste una giustizia retributiva all’interno delle aziende a parità di ruolo ricoperto? L’indice 4.9 rivela che i dipendenti italiani non prendono una posizione netta (negativa o positiva).
Il 52% si trova d’accordo con questa affermazione, mentre il 48% dà un giudizio negativo.
Anche nella equità esterna non si sbilanciano troppo: il voto complessivo è 4,7. Chi ritiene di essere retribuito equamente rispetto al mercato è il 48% dei rispondenti, il 52% dà un giudizio negativo. Pessimo è il voto registrato sul rapporto tra retribuzione e contributo personale. Solo 1 lavoratore su 3 ritiene di essere retribuito in maniera adeguata al contributo fornito, mentre una percentuale elevatissima di lavoratori
(il 30,9%) si dimostra in totale disaccordo.
Il mancato riconoscimento economico è un tarlo che mina le motivazioni, una delle prime ragioni per dare le dimissioni.
Nelle aziende in cui vi è un sistema di incentivazione trasparente e formalizzato individuale, la percezione di un collegamento tra contributo e retribuzione è molto alta. La sola presenza di un elemento variabile del pacchetto retributivo aumenta la percezione di allineamento tra prestazione lavorativa e retribuzione.
Infine, si è chiesta la percezione sulla meritocrazia in azienda. L’opinione è piuttosto negativa (indice a 3.8). Solo il 7,8% ritiene che vi sia vera meritocrazia nella propria azienda, mentre il 32,0% ritiene che non sia per nulla applicata. La presenza di un sistema di incentivazione individuale determina una maggior percezione di meritocrazia da parte dei lavoratori, in quanto collegata a obiettivi.
La presenza di un sistema di contrattazione aziendale abbassa il livello di percezione di meritocrazia: un sistema che garantisce una quota fissa per tutti, non riconosce le situazioni dove il merito dei singoli possa essere premiato. Escludendo la retribuzione fissa (che è la leva principale dichiarata dai lavoratori), le principali voci ambite non monetarie sono: lo sviluppo di carriera, l’aspetto formativo e la relazione positiva con i colleghi. La flessibilità degli orari e il bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata sono aspetti fondamentali nella scelta di un posto di lavoro.
*** Walter PASSERINI, w.p., giornalista, "Lo stipendio non ripaga il merito": italiani insoddisfatti e demotivati, 'La Stampa', 13 luglio 2015
Sempre in Mixtura, 1 altro contributo (segnalato) di Walter Passerini qui
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