(...) Che in Svezia il politicamente corretto sia preso estremamente sul serio lo dimostra anche l'agenzia statale Vinnova, dedicata al sostegno dell'innovazione in uno dei Paesi più innovativi del mondo. Nell'ultimo anno il programma Gender&DiversityforInnovation ha finanziato 42 progetti di attacco frontale ai ruoli di genere consolidati: «C'è chi ha ideato una sedia andrologica per sensibilizzare gli uomini sul trauma che le donne subiscono a ogni visita dal ginecologo» ci spiega la responsabile Sophia Ivarsson. «Oppure chi ha lanciato sul mercato una gonna di pelle con tanto di tasche porta-attrezzi per artigiani che vogliano lavorare al fresco». Si può sorridere di tanto zelo. Ma la via nordica all'ideologia prevede che un minuto pragmatismo metta alla prova anche le prese di posizione più radicali. E che nessuno si scomponga per gli effetti a volte surreali dell'incontro tra principi e realtà: è il caso dello scienziato che si è rivolto al Difensore civico nazionale perché ingiustamente discriminato dai fondi per la ricerca femminile; o della festa di Santa Lucia che in tutta la Svezia illumina la notte del 13 dicembre con la coroncina di candele della più brava e la più bionda del paese. Da qualche anno le processioni non si fanno più in chiesa ma a scuola, per scrupolo verso i non cristiani. E dal 2014 Santa Lucia può essere anche un santo, per rispetto dei tanti maschietti che ambivano a indossarne la corona.
Paradossi, certo. Eppure è presto per dire che la rivoluzione di genere ha cominciato a divorare le sue figlie. Anche perché nell'aprile di quest'anno la riscossa femminile ha messo a segno un altro colpo epocale. Nella sua decennale revisione del vocabolario ufficiale della nazione, l'Accademia di Svezia ha infatti accolto un nuovo pronome: né lui (han), né lei (hon}, ma l'altro (hen). Quando 3 anni fa la piccola casa editrice Olika lanciò il neologismo con il libro per bambini Kivi e il cane-mostro sembrava una bizzarria: «In svedese se non si conosce il genere della persona o dell'animale di cui si parla si è sempre usato il maschile» spiega la direttrice editoriale Karin Saimson. «Come Olika siamo da anni impegnate per l'uguaglianza sociale e di genere, e questa disparità ci sembrava ingiusta». Con l'autore Jesper Lundqvist hanno quindi pubblicato una storia su un bambino che non si sa se sia bimbo o bimba. Sarà che gli svedesi leggono molto, o che ci tengono molto ai più piccoli, ma da subito un Paese intero ha cominciato a dibattere sul nuovo pronome, né maschio né femmina. E sorprendentemente nessuno ha sollevato obiezioni: «Ormai la lingua scritta lo ha accettato» dice Karin. «E per il parlato è solo questione di tempo».
Cosi funziona il politicamente corretto made in Sweden: fra qualche anno non utilizzare hen sarà impensabile come una toilette maschile senza fasciatoio, una paternità senza congedo, o un programma televisivo con contorno di valletto in bikini.
«E da voi in Italia come va?» hanno chiesto tutte le intervistate con inaspettato senso dell'umorismo.
*** Raffaele ORIANI, giornalista, estratto da Nel Regno del Politically Correct, 'Il Venerdì', 24 luglio 2015
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