Tra i vari consigli per affrontare la canicola forse manca quello decisivo: la resilienza. Termine di origine metallurgica, indica la capacità di un metallo di resistere a urti e torsioni. È dunque il contrario della fragilità, che come è noto dipende dalla mancanza di elasticità: chi non si piega, più facilmente si spezza. Per esteso, in psicologia e in senso lato il termine indica la capacità di sopportazione. Il resiliente patisce il caldo allo stesso modo del non resiliente: la differenza è che accetta il disagio come inevitabile, non si ribella dando in smanie e imprecando. Anche perché dare in smanie e imprecare aumenta, e di molto, la sudorazione e il malessere.
E dunque, alla fine, lo stesso identico caldo ha, sul non resiliente, effetti assai peggiori. La nostra società non è molto resiliente. Quasi ogni genere di disagio viene percepito come un’offesa inaudita, un torto inflitto al comfort a tutto tondo nel quale pretendiamo di vivere, restando sbalorditi quando le condizioni oggettive (per esempio: l’indomabilità della natura) ce lo impediscono. Si intende che gli anziani soffrono, specie quelli deboli e ammalati. E che i bambini piccoli vanno protetti e bene idratati. Ma la differenza tra tragedia e disagio, e tra dolore e malessere, è molto significativa; e ripassarla, almeno ogni tanto, è vantaggioso, perché ci impedisce di sentirci atterriti quando siamo solamente un poco preoccupati, e di sentirci sconfitti quando siamo solamente in quieta attesa che la situazione migliori. Ora e sempre resilienza.
*** Michele SERRA, giornalista, saggista, scrittore, 'L'amaca', 'la Repubblica', 19 luglio 2015, qui
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Caro Massimo,
RispondiEliminail bell’articolo di Serra, mi permette di ampliare la discussione sul tema della resilienza che purtroppo sta diventando molto di moda anche nella formazione manageriale. Dico purtroppo, perché come tutte le mode, si rischia di prendere un concetto e farlo valere sempre in tutti i contesti perdendo lo spirito critico sempre necessario.
L’esempio di Serra, è perfetto perché non a caso si riferisce alla pioggia evento che possiamo modificare e sui possiamo intervenire, ma dobbiamo in qualche modo adattarci.
Diverso il tema della resilienza applicata alle aziende, in cui rischia di passare il concetto che le aziende devono imparare ad adattarsi all’ambiente mutato: come se non fossero loro a contribuire a creare l’ambiente in cui vivono, come se la crisi venisse da Marte e non perché le imprese hanno perso la loro capacità progettuale di fornire servizi e prodotti innovativi e interessanti. Una impresa non si adatta all’ambiente, lo crea. Il tema della resilienza applicato ale aziende rischia di quindi incentivare la conservazione dell’esistente (adattamento), più che una nuova progettualità per modificare l’ambiente circostante.