Il ragazzo Ismaele, con il suo bellissimo nome e i suoi diciassette anni, è la miliardesima vittima (almeno) della interminabile preistoria delle relazioni sessuali-sentimentali che vede nella femmina un oggetto di proprietà, nei maschi coloro che se la contendono con ogni mezzo, coltello compreso. Una preistoria che dura dall’alba dei tempi al luglio 2015; e chissà fino a quando. La stessa ragazzina (povera ragazzina) oggetto del contendere, nelle tenere e confuse interviste post-delitto, manifesta una sorta di mansueta accettazione del proprio ruolo. Non è poi così sorpresa che il suo fidanzato sgozzatore abbia ucciso per lei: «Era gelosissimo; lo amo e lo aspetto».
La barbarie di quel delitto affonda le sue radici in profondissime, cruente abitudini, in sottomissioni mai discusse perché mai capite, in prepotenze orribili spacciate per “amore”. Sradicarle è un’impresa forse disperata; ma è uno dei pochissimi obiettivi politici, culturali, umani per i quali vale la pena vivere e combattere. Nessuno appartiene a nessuno. Nessuno è il padrone del corpo di un altro. L’amore o è libera scelta o non è amore. Il cosiddetto “movente passionale” non solo non può essere l’attenuante di un delitto, ma deve essere considerata un’aggravante, perché rifiuta l’idea che le scelte personali siano libere e insindacabili, e dunque lede quel poco di civiltà che siamo riusciti a mettere faticosamente in piedi. Ogni delitto “passionale” è un delitto politico, e bisogna che gli assassini lo sappiano.
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